Incipit - 3 ore di pura follia

Creato il 29 aprile 2012 da Narratore @Narratore74

Tornano gli incipit, dopo un'assenza durata un paio di settimane, e tornano in grande stile, con un autore che considero magistrale, soprattutto quando si tratta di racconti o romanzi brevi.
Matheson è apparso svariate volte sulle pagine di questo blog, e lo farà ancora statene certi, soprattutto perché si tratta di uno degli autori che più preferisco e quello, senza alcun dubbio, che possiede lo stile più diretto ed essenziale fra tutti quelli che leggo. Certo può non piacere (davvero?) ma è indiscutibile la sua capacità di creare storie da brivido, contesti che da un semplice palo di partenza diventano veri e propri pilastri su cui poggia una trama che spesso risulta potente e violenta.
Come accade in questo 3 ore di pura follia, che rientra in quella categoria a metà strada fra il racconto e il romanzo breve. 160 pagine, più o meno, che raccontano 3 ore, 180 minuti in cui, ve lo posso assicurare, avviene di tutto. Non ci sono mostri, creature soprannaturali o chissà che altro. No, stavolta siamo di fronte all'orrore comune, umano, quello che si può incontrare all'angolo di una strada, di notte, con in mano un coltello e con l'istinto di provocare del male. La paura sotto le vesti di un detenuto in fuga, crudele, spinto dal desiderio di una vendetta illogica e sconsiderata, che travalicherà i confini della normalità sfociando in qualcosa di sanguinario. Se vi venisse voglia di leggerlo ricordatevi di non sottovalutare l'impatto emozionale che è nascosto fra le sue pagine; una volta iniziato difficilmente riuscirete a staccarvici e, a quel punto, ormai è fatta. Siete sue vittime, costrette a guardare e impotenti, un pò come accadeva a Betty nel film Opera. Siete avvertiti...
"Suonava una marcia funebre con il volto illuminato dalla luce della luna. Ma non c'era nessun piano, solo la branda bassa e stretta su cui era sdraiato. Niente lenzuola, solo una ruvida coperta marrone avvolta strettamente attorno al materasso. Vestito di tutto punto, aveva la testa appoggiata su un piccolo. Il chiarore diffuso che si riverberava sul suo corpo esaltava il candore delle mani magre, intente a suonare Chopin sulle gambe. Il reparto era immerso nel silenzio, ma lui sentiva la musica nella sua testa. Era un uomo giovane, sui venticinque anni, con i capelli arruffati e gli occhi scuri. Il suo viso era l'opera di uno scultore che aveva dimenticato di fermarsi al momento giusto e, nel tentativo di raggiungere la perfezione, aveva esagerato: lineamenti sottili come carta, orecchie e naso che sembravano sul punto di rompersi, labbra e mento come fragile vetro che poteva frantumarsi al minimo urto. E tutto bianco, alabastro, bianco avorio."

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