Accavallò di nuovo le gambe, allungato sulla poltrona imbottita, e guardò fuori dalle finestre a tutta parete, fingendo di soppesare la domanda. Da quella postazione, rinfrescato a dovere dall’aria condizionata, alto sopra Century City (non molto lontano, quel nido di vipere che era Hollywood), Kennedy Marr riusciva a vedere a est il centro di Los Angeles sobbollire nell’afa di luglio. «Sobbollire». ’rcatroia, questi americani. Viveva lí da otto anni e ancora non aveva capito che cosa volesse dire «sobbollire». Una via di mezzo tra «bollire» e «non bollire»? Ma allora non sarebbe stato meglio «schiattare dal caldo»? Amen: erano da poco passate le undici della mattina e già si schiattava dal caldo. Questa città idiota, questo insulto alla natura: ritagliare un giardino rigoglioso da un bacino desertico. Tanto valeva mantenere una serra di ventimila ettari nel bel mezzo dell’Artico. Si rese conto che il dottor Brendle – una delle creature piú idiote partorite da quella città idiota, stando a Kennedy – pendeva dalle sue labbra: quel muso serioso e compunto esigeva una risposta. In quel momento Kennedy capí che si era già dimenticato la domanda. Tutt’orecchi, il Nostro.
– Potrebbe, ehm, potrebbe riformulare, per favore? – disse, lisciando i pantaloni di lino e percependo la leggera pressione del mostruoso Screwdriver che s’era scolato in un bar del Santa Monica Boulevard lungo il tragitto, per trovare il coraggio di affrontare questo funesto appuntamento settimanale.
– Allora, proviamo con un altro approccio, – disse Brendle, facendo cliccare il pirolo della penna. – Perché una persona intelligente come te, con un mestiere che dovrebbe richiedere un certo grado di autoanalisi, continua a tenere un comportamento che arreca consapevolmente dolore alle persone che la circondano?
Kennedy fece finta di pensarci su mentre formulava la risposta. Quello che avrebbe voluto rispondere era: «’rcatroia, ficcatela su per il culo ’sta domanda». Immaginò di dirlo, con un pesante accento irlandese, passando dalla lieve cadenza che sfoggiava a uso e consumo degli americani – al ristorante, con le donne, nei talk show – a quello spigoloso di Limerick con cui era nato. Alla fine Kennedy disse: – Non penso che il mio lavoro sia cosí importante, Les. «Non lasciatevi incantare troppo facilmente dai moralisti: predicano come angeli ma razzolano come uomini…» Stronzate di questo tipo.
Titolo: Maschio, bianco, etero
Titolo originale:Straight White Male
Traduttore: Marco Rossari
Genere: Letteratura internazionale
Data prima pubblicazione: 2013 (in Italia nel 2014)
Casa Editrice: Einaudi
300 pagine
Prezzo copertina: 18,50 €
EAN 9788806218171
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Maschio bianco etero
Sinossi:
Kennedy Marr è un donnaiolo, un egocentrico, un narciso. Un uomo baciato dal successo, uno di quei bastardi a cui la vita ha servito le carte migliori. E ha scoperto che Hollywood è un posto formidabile per praticare gli eccessi. Nulla al mondo lo convincerebbe a lasciare la California per tornare nello sprofondo inglese. Ma non ha fatto i conti con l’Agenzia delle entrate. Cosí, quando inopinatamente viene insignito di un prestigioso – e ricco – premio letterario è costretto ad accettare. Anche se ciò significa passare un anno in un college inglese a insegnare scrittura creativa a dei pivelli senza talento. E soprattutto ritrovarsi faccia a faccia coi fantasmi del passato. Dopo lo strepitoso Gesú Cristo protagonista di A volte ritorno, John Niven inventa un altro personaggio iperbolico e irresistibile, un uomo capace di fare a pezzi per sempre la reputazione del maschio contemporaneo.