E' un bel freschino. Guardo lo schermo del cellulare, fa le quattro e venticinque. Sono molto in anticipo sui tempi che avevo previsto. Mirandola appare carina. Stanno allestendo le luci natalizie in piazza. E' freddo. La giostra vicina al teatro brilla di luci colorate attraverso una guaina di plastica molto anni settanta. I bimbi all'interno si divertono, la musica a palla, le luci ruotano impazzite, i papà si fumano una sigaretta guardandoli da fuori, mentre il fumo stenta ad alzarsi verso il cielo.Cammino. Dove sarà il Pico Café? Proprio contro al palazzo del comune, mi ha detto un tipo in bicicletta. Mi guardo attorno e il palazzo del comune è proprio di fronte a me. Sulla destra una edicola. Il Pico Café dev'essere quella luce, due vetrine illuminate sotto il portico in ombra di un palazzo che di secoli ne deve avere visti parecchi.Avanzo, mani in tasca, mento rattrappito contro i nodi della sciarpa, lo zaino in spalla. Sotto il portico estraggo il cellulare. Rispondo a una mail di Vita. Martedì devo andare da lei per il suo futuro blog. Poi un paio di messaggi. Un barlume di speranza di incontrare incredibilmente una cara persona in quella stessa piazza, ma nessuna sicurezza.Penso che ci vorrebbe un caffè, ma attendo ancora una mezz'ora. Gironzolo, studio il territorio, guardo le vetrine e rimango ipnotizzato di fronte a un braccialetto di pelle della Fossil. Tempo di caffè.Mi infilo dentro il bar. La ragazza al banco mi studia e dice «Sei tu lo scrittore?»Stupito, annuisco. Le chiedo un caffè, facciamo due brevi chiacchiere, mi suggerisce di andare di là, ma è presto... che ci potrei fare nella saletta tutto solo? Per cui rifiuto gentilmente. Bevo, mi scaldo, ringrazio, faccio per pagare ma lei fa un sorriso e un gesto eloquente. Rimetto l'euro in tasca senza aggiungere nulla. Tutto compreso, probabilmente.Torno fuori. Controllo il cellulare. Qualche notifica immancabile da facebook. Un'ultimo messaggio di Vita. Rispondo, poi mi scappa un piccolo sospiro. Mi guardo attorno con un po' di speranza. Niente. Stare fermi è una terribile condanna, si rischia di diventare statue di ghiaccio. Per cui mi lancio in una classica esplorazione. Estraggo la macchina fotografica, la compatta, perché la reflex mi pareva ingombrante da portare con me, e parto per le viuzze medievali del paesino.Ormai manca una mezz'ora. Neanche a farlo a posta mi trovo di nuovo di fronte alla vetrina dove era presente il braccialetto. Lo riguardo. Il polso destro è come fosse menomato da quando ho perduto il braccialetto d'oro che mi portavo dietro sin dai vent'anni. Decido di entrare, provare il nuovo braccialetto di pelle, e comprarlo. Souvenir de Mirandola!Diciotto e venticinque. Entro al Pico Café.Tic Tac... Tic Tac... faccio un salto in bagno. Esco, scambio due parole con un tipo, forse un po' timido, che vorrebbe essere presente alla serata. Lo accolgo volentieri, poi scorgo Sabrina, l'organizzatrice, che mi viene incontro saltellando. Tre baci, perché porta fortuna, quindi i saluti, le strette di mano, sorrisi e chiacchiere per scaldare l'ambiente. Finalmente ci trasferiamo di là. C'è persino Walter, che si è fatto un lungo viaggio in treno per raggiungermi a Mirandola. E' bello conoscere di persona qualcuno con cui si è parlato solo su Facebook.Tre... due... uno... si parte. Sabrina alla mia sinistra, comincia e mi introduce al piccolo gruppo. Alla fine non siamo in tanti, c'è anche il tipo timido. Ma dopo poco lo perdo di vista. Non mi sono accorto quando è andato via. Chissà. Non c'è tempo. Le domande fioccano e io rispondo. Poi intervengono i presenti. E' una bella chiacchierata. C'è scambio di opinioni, c'è dialogo. E' bello, davvero bello. Scattano le foto, nel frattempo, e io parlo, sorseggio il mio Greco di Tufo, e rispondo alle domande. Parlo di Cometa, di 31 Ottobre, de La Rosa e il marinaio. Parlo anche di Icaro e Cecilia. Persino un accenno agli audiobook... soprattutto parliamo di libri, di scelte, di corsi di scrittura, di ebook... gli argomenti sono tantissimi e finiamo per non renderci conto dello scorrere del tempo. Usciamo che sono le nove. La campana batte i rintocchi e fuori c'è pochissima gente, se non davanti al teatro, il cui ingresso è gremito di folla. Fa freddo. Continuiamo a parlare del più e del meno mentre ci dirigiamo alle macchine. Ci salutiamo diverse volte, ed eccoci al parcheggio. Mi rimangono impresse le lucette lampeggianti incastonate nell'asfalto della strada all'altezza delle strisce pedonali. Di nuovo i saluti. Tre baci perché porta fortuna. Bellissima serata.Nell'abitacolo rimango un pochino a pensare. La gola mi da un po' di fastidio. Prendo una Daygum, comincio a masticare, chiudo gli occhi. Inspiro. Metto in moto e mi dirigo verso casa. Il navigatore mi guida solerte. Conosco la via del ritorno ma la sua voce mi fa compagnia. Arrivo a casa attorno alle dieci. Salgo i gradini con calma. Appoggio la roba all'ingresso. Un leggero languorino. Non ho mangiato praticamente nulla dall'ora di pranzo. Ammetto però che non ho neppure voglia di cucinare. Apro il freezer. Chele di granchio impanate... perché no. Mentre si scaldano mi appoggio sulla poltrona, al buio, di fronte allo schermo. La tele è sintonizzata su un film di fantascienza. Lo guardo distrattamente, una bella serata, davvero.
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