[Incontro con l'autore] L’arcangelo degli scacchi di Paolo Maurensig

Creato il 25 maggio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: L’arcangelo degli scacchi
Autore: Paolo Maurensig
Editore: Mondadori
ISBN: 9788804624653
Anno: 2013
Numero pagine: 204
Prezzo libro: € 18,50 (disponibile anche in eBook)

Contenuto:[dal risvolto] Sessantaquattro caselle. Trentadue figure. E una possibilità combinatoria pressoché infinita. Nessuna partita di scacchi è uguale a un’altra. Ognuna è una sfida unica, giocata su quel quadrato magico che è la scacchiera: quasi un mondo fuori dal mondo.

Paul Morphy è stato un autentico artista della scacchiera, forse il più grande. Nella sua brevissima parabola, sospesa sull’esile filo che separa la genialità dalla follia, ha incarnato alla perfezione l’essenza del “nobile gioco”.

Paul nasce a New Orleans, da una famiglia facoltosa, nel 1837. Ha solo quattro anni quando rivela il proprio straordinario talento. A dodici anni è già il più forte giocatore della Louisiana e, non ancora maggiorenne, si laurea campione degli Stati Uniti con una facilità disarmante. A quel punto non gli resta che affrontare i più famosi campioni europei, e soprattutto quello che molti considerano il migliore al mondo: Howard Staunton. A nulla valgono le suppliche della madre, e neppure della sua amata Adele.

L’ambizione di Paul non conosce ostacoli. Come un cavaliere, sprezzante di qualunque premio che non sia la gloria, Morphy parte per la sua missione accompagnato da un ambiguo scudiero, il giornalista Frederick Milnes Edge, lasciando la solatia città natale per smarrirsi nelle nebbie londinesi.

Chi era in realtà Paul Morphy? Quali accadimenti spensero la fiamma del suo genio, inducendolo ad abbandonare per sempre gli scacchi all’apice della carriera, e a ritirarsi in una grigia esistenza di solitudine? Questo romanzo è il suo memoriale perduto.

Forse favorito da una curiosa consonanza onomastica, Paolo Maurensig si è calato nel suo personaggio come in un rito della New Orleans più profonda e misteriosa. Il suo racconto ricostruisce fedelmente le partite, i successi, le incredibili esibizioni di Morphy, e al tempo stesso svela le pieghe più segrete della sua vita, fino al duello dei duelli, la sfida che nessuno ha mai potuto vedere.

Dopo La variante di Lüneburg, Maurensig firma un nuovo appassionante romanzo che restituisce tutto il fascino del gioco più complesso ed enigmatico che l’uomo abbia inventato, quasi a specchio della vita: dalla mossa di apertura allo scacco matto.

Paolo Maurensig è nato a Gorizia nel 1943. Ha esordito nel 1993 con La variante di Lüneburg (Adelphi), grande successo a cui ha fatto seguito quello di Canone inverso (1997), il primo di numerosi romanzi pubblicati per Mondadori: L’ombra e la meridiana (1998), Venere lesa (1998), L’Uomo Scarlatto (2001), Il guardiano dei sogni (2003), Vukovlad (2006), Gli amanti fiamminghi (2008). Sempre per Mondadori ha pubblicato Il golf e l’arte di orientarsi con il naso (2012), dedicato alla sua passione per il golf, mentre alla storia degli scacchi è ispirato anche il recente racconto L’ultima traversa (Barbera 2012).

Incontro con l’autore: Domenica 12 maggio 2013, alle ore 18.00, presso la Libreria Lovat di Villorba (TV), Paolo Maurensig ha presentato il suo ultimo romanzo, L‘arcangelo degli scacchi – vita segreta di Paul Morphy, edito da Mondadori, pubblicato esattamente vent’anni dopo – ma per un caso – La Variante di Lüneburg. Doveva infatti uscire nel 2012, prima de L’ultima Traversa.

La prima cosa che l’autore ha voluto precisare è che mai e poi mai deve intendersi, questo libro, una sorta di manuale di scacchi. Quello degli scacchi è il mondo in sottofondo, intorno al quale si snoda il tema della competizione tra individui. Tale è il luogo in cui troneggiano la genialità e a volte la follia umana, che possono far presa su una qualunque passione dello spirito, quale la matematica, l’arte, la musica.

Sul non tanto metaforico campo di battaglia vi sono coloro che vincono e coloro che soccombono, in una sfida che ha molto del duello, della battaglia, del gioco di posizione. Se il gioco degli scacchi è divenuto con il tempo una sorta di guerra fredda, chi scrive non ha dimenticato l’incipit del romanzo d’esordio (La variante di Lüneburg):”Sembra che l’invenzione degli scacchi sia legata a un fatto di sangue”, o l’affermazione forte di Kasparov: “Gli scacchi sono lo sport più violento che esista”.

Qui invero la passione vince su tutto, anche se gli antagonisti tentano, chi riuscendovi, chi meno, di controllarla munendosi di armi paradossali: le capacità mnemonica, matematica e razionale che consentono di giocare alla cieca, disegnando nella mente la scacchiera.

Ricorda l’autore che la competizione non è tra giocatore e giocatore, ma tra il giocatore e la propria passione, a volte ingannatrice se non funesta. Qui sbaragliare la concorrenza significa giungere a un punto morto, lasciarsi divorare da un fuoco che non sai quanto sia amico o nemico. Paul Morphy sembra intuirlo quando si domanda, all’inizio del memoriale:

Come si può chiamare malattia qualcosa che ti appaga e ti dà senso di pienezza e onnipotenza? (p.12)

La cosa è talmente vera che ci si può trovare di fronte a un bivio tra passioni ugualmente totalizzanti ed esclusive. Paolo Maurensig ha affermato in proposito che quasi tutti i musicisti giocano a scacchi. Il pentagramma stesso, su cui si allinea un certo gioco di note, richiama le simmetrie della scacchiera, l’affinità con la misura, il tempo della battuta. Dove in un lato incontriamo minime, semiminime, crome, biscrome, pause e movimenti, nell’altro abbiamo i cavalli, i pedoni, la dama, gli alfieri, la torre, il re che occupano una scacchiera da leggere, nel suo insieme, quasi fosse uno spartito musicale.

È proprio nelle passioni totalizzanti che si esprime il genio, fino al dissolvimento, col rischio alla fine di avere le mani vuote, di non aver realizzato niente. Qui Morphy intuisce qualcosa, il senso di una lezione duramente appresa:

Spesso mi consolo a un pensiero bizzarro, e cioè che solo l’uomo comune può realizzarsi: può inventare, creare, trasformare gli altri e se stesso; l’uomo geniale è incatenato al suo genio e non può fare altro che rappresentarlo. (p. 25)

Cos’è esattamente il genio? Il genio è ciò che consente di intuire la sovrana verità delle cose nascoste dietro una scacchiera, una parola, un quadro, un giro di note, è ciò che consente di cogliere dei legami, il filo rosso, l’ordine che sembra non esservi. Permette di comprendere i reciproci richiami tra la realtà e le metafore, fino a ricevere fatali illuminazioni. Un esempio lo ritrovo nella viva emozione provata da Morphy durante il funerale del padre, provocata “dal carro funebre trainato da quattro cavalli neri”.

Il prezzo da pagare per questa rivelazione non può che essere salato. C’è chi, potendolo fare, si ferma prima: e tutti i torti non ha Staunton a rifuggire l’incontro, se non altro perché ha intuito la grandezza del suo avversario. A ragione Anderssen, nel soccombere docilmente al gioco di Morphy, impara, da uomo comune, una lezione di cui essere pago. Cosa che non è permessa a Paul Morphy: perché non è un uomo comune.

Chi non si ferma, chi non cede, chi si ubriaca del suo gioco è proprio Paul Morphy, che a un tratto può solo lasciarsi scivolare nell’inevitabile. Paul Morphy ci dimostra di avere compreso anche questo quando, nel suo memoriale, scrive:

Il genio, una volta raggiunto che abbia il suo massimo fulgore, si spegne all’improvviso come una stella. Non lascia più traccia di sé, non lascia più discendenza. (p. 139)

Infine una curiosità che nell’incontro non si è trascurato di rivelare: la suddivisione dei capitoli riporta nientemeno che le mosse della partita tra Morphy e Paulsen del 1857 (partita dei Quattro Cavalli), spiegata su You Tube da Maurensig (vedi qui) come se fosse stato testimone oculare dell’evento, o uno dei giocatori. Tra l’altro l’autore non richiama il suo personaggio solo per una sorta di consonanza. Ho infatti sottomano una copia autografata del libro in cui si potrebbe tranquillamente leggere, senza sbagliare più di tanto, il nome di Paul Morphy.

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