E non perché sia recitato interamente in lingua inglese, anzi, quello sarebbe il minimo, ma perché la cura con cui il filmaker Lorenzo Sportiello cerca di proteggere l'attaccamento al genere fantascientifico e all'esportabilità universale della sua opera, a tutto può far pensare, tranne che a un prodotto partorito interamente in Italia.
Andando oltre, poi, scopriamo che neppure l'anima di "Index Zero" sembra essere italiana, costruita sullo sfondo cupo e disintegrato di un futuro post-apocalittico e concepita attraverso la crisi economica mondiale che stiamo vivendo e la sua gestione complicata, favorevole quindi a una risoluzione drastica e impensabile. Siamo appena nel 2035 infatti e l'Europa non è più divisa da Stati, ma unita (esiste l'USE). L'umanità è tenuta sotto controllo attraverso un indice di sostenibilità che varia a seconda del benessere e della forza-lavoro del soggetto e le gravidanze, così come le conosciamo, sono solo un vago ricordo. In questa negativissima condizione, si muovono a passo lento i due protagonisti Kurt e Eva che, privi di sostentamento ed energie, vorrebbero entrare illegalmente all'interno dell'USE, pur consapevoli che la gravidanza naturale di lei, nel nuovo mondo può essere un problema perché considerata non sostenibile.
Perciò, sorpassando il valore complessivo, magari migliorabile, e sorpassando la quantità eccessiva di finali con cui si chiude, "Index Zero" merita comunque un plauso, se non altro per le intenzioni e per la testardaggine con cui ha perseguito e conquistato la sua realizzazione in un paese che sicuramente non ha fatto nulla per facilitarglielo.
Perché in Italia, già oggi, film come quello di Lorenzo Sportiello non sono sostenibili e quindi l'unico modo per poterli vedere, ed ottimizzare, forse è quello di sostenerli noi prescindere. E a spada tratta, pure.
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