India: Ragazza impiccata per ragioni di casta

Creato il 15 settembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Photo credit: Christian Haugen / Foter / CC BY

Gomathi è il nome della ragazza uccisa ieri dai propri più stretti famigliari, in un villaggio del Tamil Nadu, uno stato del sud dell’India.  Uno stato in cui il gruppo etnico più diffuso sono i paraiyar, plurale del celeberrimo termine paria (più propriamente detti dalit).

Gomathi si era innamorata proprio di un paria: lavorando in una fabbrica ittica aveva conosciuto un suo coetaneo, Murugan, il quale però proviene da una classe inferiore rispetto a quella intermedia di agricoltori di cui faceva parte la ragazza.
La famiglia le aveva subito intimato di porre fine a quella relazione, organizzando,  nel mentre, un altro matrimonio con un giovane giudicato “degno”. La ragazza, per fuggire da un destino di infelicità, aveva deciso di scappare con l’innamorato per sposarsi altrove. Ma il padre e i fratelli, avendola rintracciata, l’avevano convinta a tornare a casa, dove hanno poi commesso il delitto: dopo averla picchiata, hanno impiccato la ragazza e, per depistare le indagini, hanno cercato inutilmente di inscenare un suicidio.
La polizia, avvisata da altri abitanti del paese, ha immediatamente arrestato i fratelli e il padre che inizialmente hanno negato e soltanto successivamente hanno confessato l’omicidio: un omicidio prodotto da motivazioni religiose, economiche, ma soprattutto dall’adesione conformista a un pregiudizio vecchio di secoli, ovvero la tradizione delle caste hindu.

Sempre in questi giorni, un guidatore d’autobus  è stato arrestato per stupro su una bambina di quattro anni.
Siamo di fronte agli ennesimi delitti e violenze sulle donne, perpetrati quotidianamente e in maniera sempre più allarmante in India.  Questi abusi giungono alle nostre orecchie sulla scia di notizie relative allo stupro di gruppo su una studentessa di 23 anni, violentata a morte nel dicembre del 2012.
Proprio in questi giorni si è concluso il processo a quattro dei sei stupratori della ragazza, condannati a morte da una corte indiana:  fuori dall’aula il pubblico presente ha festeggiato urlando “Giustizia!”. Ma non tutte le opinioni sono concordi su questa condanna; in primis Amnesty International ha dichiarato: “La pena di morte non serve a risolvere il problema della violenza sessuale in India. I casi di violenza sessuale contro le donne sono ancora comuni in tutto il paese. Ad aprile il governo ha approvato nuove leggi contro gli attacchi con l’acido, lo stalking e il voyeurismo. Ma lo stupro all’interno del matrimonio non è ancora considerato un crimine se la moglie ha più di 15 anni. E le forze di sicurezza continuano a godere dell’immunità giuridica per le violenze sessuali.”


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