Vorrei riportare uno scritto di Andrea Lessona:
Canada, l’Indian Summer
"Il vento fruscia tra l’immensità dei boschi canadesi e fa danzare i rami sfavillanti d’acero. Il giallo delle foglie sfuma nell’arancio, sino a diventare rosso fuoco. E’ il Foliage, un regalo unico che ogni anno la natura fa all’uomo. E che qui, in Quebec, chiamano “Indian Summer”.
I nativi americani, prima che i colonizzatori bianchi li depredassero delle loro terra e della loro cultura, approfittavano di questo periodo mite per disfare i loro tepee e migrare lenti verso sud.
Ammiravano il paesaggio incandescente come oggi fanno i tanti turisti che arrivano nella zona francofona del Canada, presa d’assalto per godere di uno scenario sterminato che vive solo per 15 giorni grazie allo sbalzo climatico tra le notti fredde e i pomeriggi miti.
Gli “indiani” ringraziavano il Grande Spirito, rispettando la terra su cui vivevano e viaggiavano. Prendevano solo il necessario per proteggere il ciclo naturale della Vita e per ogni dono ricevuto pregavano.
Oggi la massa informe di visitatori arriva armata di macchine fotografiche, affolla i cottage, lascia carta di snack ovunque. Fanno a gara per entrare primi tra i negozietti che vendono porcellana e portare a casa un ninnolo da mostrare come uno scalpo.
I locali, ormai quasi tutti bianchi – retaggio dell’antica colonizzazione anglofrancese -, li sopportano a fatica. Ma li sopportano: per il bene dell’economia canadese. E, soprattutto, delle loro tasche.
Alcuni degli “autoctoni” si son fatti guide e portano a spasso i turisti mostrando la bellezza del luogo. Cavalli bradi al pascolo, laghi cristallini che si specchiano nel cielo, sfregiato dal volare libero di oche selvatiche. Poi, prima di migrare verso sud, i volatili riposano il loro piumaggio variopinto nell’acque del fiume San Lorenzo.
Rientrati nelle loro abitazioni in affitto, i visitatori gustano le mele rosse nate nei tanti frutteti. La mattina dopo, a colazione, spalmano sul pane caldo lo sciroppo d’acero ricavato da un foro nel tronco degli alberi.
Qui lo chiamano il “nettare dei boschi”: viene prodotto nelle case del sidro dopo la bollitura a una temperatura altissima. Il suo profumo inebria il cottage e si diffonde nell’aria frizzantina.
Dalla veranda in legno si vede l’arcobaleno sfumato tendersi basso nel cielo, ad altezza albero, e specchiarsi a terra dove le foglie cadute formano un pavimento variopinto. L’alba vibra di fuoco all'orizzonte."
Su questa affascinante estate indiana che da noi coincide con quella di S. Martino, avevo scritto qui http://estateincantata.blogspot.com/2009/10/indian-summer.html
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