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Altro che non siano esercizi di memoria,
o giochi, portano alla destrezza degli uccelli?
Non ricordavo i nomi dei colli romani,
quelli dei Sette Nani neppure.
Eppure il sette è un numero da fiera1:
stasera abbiamo sorriso per Tebe dalle Sette Porte.
Forte, Rimbaud, con i poeti di sett’anni,
e San Giovanni con la sua Apocalisse
(de i sette vecchi chi ne scrisse?).
Come l’umore, ora lo scrivere è più asciutto –
se qualcuno mi domanda cosa sia cambiato
io poggio le dita su un pomolo segreto,
le ruoto piano a destra fino ad uno scatto.
“I am less formally obsessed now, more interested in what you might call shape.”
(Michael Longley, marzo 2011, intervista in occasione dell’uscita di A hundred doors)
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1=nell’accezione dialettale di fare una fiera, buttarla in caciara.
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Un nuovo giro di boa, passo bene al largo
dalle riflessioni. Non tiro alcuna somma.
Prendo appena il fiato, già m’immergo
con un egidia di pietra. Corrompo questo lemma:
la difesa che mi porta a fondo è quest’usbergo,
cotta di parole di metallo e non di gomma;
se il certame con le coronarie passa il segno,
allora – Piano, piano Q. Non c’è bisogno.
(L’allusione è al Certame Coronario, gara di poesia in lingua volgare ideata nel 1441 a Firenze dall’Alberti e patrocinata da Piero de’ Medici. Per anacronismo vezzoso – e, temo, lezioso – lo scritto è composto in ottava rima, riveduta in versione comfort fit. Riconoscenza a P. Valduga per il ghiribizzo.)
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Cose ben più semplici della divinità
mi terranno in vita. C’è ancora la tua auto
da lavare.
Passeggiate, dispute, minestre,
questioni di caducità. Considero
la materia egemone, mi svesto.
Qualcuno oltre la tenda o al di là della parete
si dedica alla conta che è rimasta,
carati trascurabili – qualcosa che continua
a infinitare noi però mi riconquista.
Ciò che mi riguarda, mi ripete, è questo,
è tutta questa libertà senza dominio1
– e le Ricchissime Ore2 ci guardano liete
dalle loro pareti scardinate.
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1= è…dominio cfr. The Sunlight on the Garden, Louis MacNeice
2= les Très Riches Heures.
Chi è Q.
Q. non ha biografia, di Q. non si sa nulla. Ha preferito così. Q. forse è donna, forse è uomo, forse del nord Italia, forse di un’isola del sud o vive all’estero, forse poco più che adolescente, forse di una certa età.
Sono molti i motivi per cui ha preso questa decisione.
Ha partecipato a qualche premio letterario quando non era ancora Q. e le/gli è capitato di mettersi in luce.
Posso trascrivere parte di quel che ho risposto ad una persona che con gentilezza emozionante si è complimentata con Q. – per spiegare, un poco almeno, perchè Q. scrive come scrive:
“Dicevo: non è davvero per modestia se dico che la stima di persone che scrivono bene (e che probabilmente frequenteranno letture di qualità) mi onora profondamente. Ho coscienza di scrivere dignitosamente, ma cosa diversa è fare poesia – e poesia di valore. Prudentemente mi riferisco alle mie cose parlando di “scritti”. Vanno nel novero “poesia”, sul blog, per esigenza di archiviazione e di rispetto per chi cerca una forma piuttosto che un’altra.
Ci sono molte tue osservazioni e parole di stima a cui vorrei rispondere o che necessiterebbero di un’argomentazione oltre ad un ringraziamento sincero.
Qualcuno mi ha portato a riflettere che la parte di me che scrive (Q., per intenderci) dovrebbe/potrebbe dilungarsi di più, indugiare su un’immagine, dispiegare lentamente una sensazione. Ma questo, per quel che mi riguarda, è compito della narrativa. Non scrivo per far proseliti o per ostentare lessico e cultura. Scrivevo (un tempo) per infilzare, come dice Baricco. Ora finalmente scrivo per restituzione, per citare Fenoglio (che a sua volta citava Fichte). Tuttavia provo idiosincrasia per chi si prende troppo sul serio, e considero l’umorismo un valore altissimo. Cerco di praticarlo, con discrezione e umilmente, anche sul blog (vedi la sardina attonita a chiudere due stanze con velleità forse troppo pretenziose, ed altri accenni….).
Una certa scrittura “brusca” e risoluta è quella per me naturale, e mi deriva certamente dalle letture e dalla formazione – così come è per tutti. Certo anche dall’indole. Stessa spiegazione, credo, per la brevità che mi è consueta. Arrivo pur sempre, ogni volta, da un amore per Montale e tutto questo l’ho detto e spiegato sul blog. Scrivo, e buona parte va a finire lì per un mio bisogno di confronto con altri che frequentino la scrittura. Ma quelle cose nascono come personali “esercitazioni alla frugalità” – e se mai dovessi raccoglierli in volume, questo potrebbe essere il titolo. Tu stessa avevi stanato il termine “parsimonia”, con perfetta coscienza di cosa significasse per me.
Quanto alla forma, è qualcosa da cui – personalmente – non posso prescindere. Punteggiatura, cesure, metrica, assonanze… Tutto questo, tanto quanto il resto, è come un corredo di coordinate per chi viaggia: accenti, significati, che mi rassicurano sulla possibilità di comprensione precisa di ciò che volevo dire.
Ecco spiegato, grossomodo e per sommi capi, come sono fatti i miei scritti. Che cosa sono, invece, me lo hai spiegato tu con così tanta gentilezza.“
Q.: http://quellocheavanza.wordpress.com/
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