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Inevitabile dunque la domanda: che fine ha fatto il significato originario di 'Dio'?

Creato il 10 novembre 2012 da Rafaelcoche @El_coche
Inevitabile dunque la domanda: che fine ha fatto il significato originario di 'Dio'?
E' una delle parole più brevi del vocabolario italiano. Ma è anche una delle più ricorrenti nel nostro linguaggio quotidiano. Cambiano i tempi, nuove filosofie prendono il posto di altre, vecchie religioni cedono il passo ad altre forme di culto e devozione e intanto avanza la tecnologia. Eppure quella parola, quel nome "Dio" ha attraversato i millenni per giungere fino a noi, in modo più o meno invariato. Chi studia le lingue antiche (e l'evoluzione delle lingue moderne) sa bene che le parole nascono con un significato che finisce poi con lo smarrirsi nel tempo. Quanti oggi sanno ancora che il termine dispregiativo 'imbecille' derivava da 'imbaculus' cioè 'zoppo'? Quanti che 'persona' nell'originario etrusco trasposto nel latino antico significava 'maschera'? Ma la stragrande maggioranza dei cittadini usa parole di cui non sa in effetti quale sia bene il significato, le utilizza insomma come fossero dei... pittogrammi, cioè delle semplici figure alle quali gli antichi facevano corrispondere un significato o addirittura un discorso compiuto! Qualche esempio spicciolo? Prendiamo la nota marca di calzature Nike: nonostante quello che la pubblicità vuol lasciarci intendere non è un termine inglese ma greco, non si pronuncia 'naik' ma 'nike' e vuol dire 'vittoria'. Che dire poi di 'bus'? Anche questo non è un termine inglese ma è una desinenza (cioè la parte finale di una parola) latina, non si pronuncia 'bas' ma 'bus'. E così via.
Anche se il concetto di indoeuropeo richiama subito concetti di tipo linguistico, è evidente che l'ipotesi di una lingua non possa non sottintendere una comunità di parlanti, caratterizzata da una specifica cultura. Su quest'ultima cominciarono ad interrogarsi i linguisti non appena la grammatica comparativa sviluppò il concetto di indoeuropeo. Si preferisce parlare di Antichità Indoeuropee, ben sottolineando l'impossibilità di una ricostruzione storica attraverso documentazioni scritte o archeologiche: la lingua, pur nelle sue gravi lacune, appare essere l'unico sostegno dello storico.
Secondo DUMEZIL la cultura indoeuropea veniva dunque rappresentata dalla compresenza di tre funzioni: sacrale, politica ed economica (ideologia tripartita). Tale ideologia sarebbe sopravvissuta per millenni alla disgregazione i.e. come parametro dei singoli popoli. Un evidente riscontro può essere individuato nella storia di Roma. Quando in età arcaica i Romani vollero ricostruire le origini della città introdussero le figure dei tre re con cui si esprimevano chiaramente le tre funzioni dell'ideologia i.e.: Numa Pompilio rappresentava il sacro, Tullo Ostilio l'aspetto militare e Romolo, fondatore dell'Urbs stessa, l'aspetto economico. Così come la triade di Giove, Marte e Quirino, anteriore a quella capitolina (Giove, Giunone, Minerva), accoglieva la totalità delle funzioni in un unico tempio, centro religioso e morale della città ad indicare l'inscindibilità delle stesse. Nell'ambito religioso, nonostante il molteplice impegno teso in tal senso, si è potuto identificare con certezza il nome di una sola divinità indoeuropea comune, *Dyeus, sulla base di una comparazione con il gr.

Zeus

, ved. Dyau-, lat. Iuppiter, itt. sius che parrebbero presupporre quest'identica matrice i.e. Per E. BENVENISTE è singolare che alla base di quella che doveva esser stata una religione con tutte le implicanze rituali e cultuali sia rimasta questa sola traccia nel termine che in sostanza ci esprime semplicemente la nozione stessa di "dio". Ciò che se ne può in primis ricavare, soprattutto dalla forma DEIWOS, è il suo significato specificamente luminoso e celeste perfettamente opposto a quello terrestre dell'uomo. Secondo CAMPANILE la probabile ragione di un tale silenzio va ricercata nel fatto che in tale religione non aveva alcun senso la figura precisa di un dio, bensì la funzione che egli rappresentava, così da consentire alle genti i.e. di recepire le divinità straniere, a patto che vi fosse l'esatto riscontro della funzione che esse rappresentavano nella propria cultura religiosa. Un tempo dunque era Dyeus. Era la figura divina indoeuropea più importante di cui però oggi poco sappiamo se non quanto hanno trasmesso radici linguistiche comuni provenienti dalle lingue antiche. Di *Dyeus rimase traccia infatti come già detto nei nomi delle divinità supreme indo-ariane che rivelavano profondi legami col cielo sereno e lucente (Dyaus, Zeus, Iuppiter etc.) ma soprattutto negli appellativi con cui molte divinità erano connotate nel mondo romano-italico (Deiva Genita, Diva Angerona etc.). Una situazione questa ben chiara agli occhi di uno scrittore come Varrone (n°17A) 'Dio' significava 'brillantezza, luce'. Una definizione ben lungi da quella che affibbiamo al nostro dio: ineffabile, infinito, perfetto, infallibile, incorruttibile. Aggettivi che sottintendono un significato spirituale. Negli dei antichi invece nulla di tutto questo ma qualcosa di molto umano o comunque di molto 'solido'.IL MONDO “ANIMALE” E’ IL NOSTRO MONDO – qualcosa di umano e solido che si fonde in un’essenza spirituale che la nostra ANIMA rappresenta. è davvero l'immortalità dell'anima a svelarti Dio?

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