“Infanzie di altura”, poesia inedita di Marina Pizzi

Creato il 20 luglio 2015 da Criticaimpura @CriticaImpura
Marina Pizzi

Di MARINA PIZZI

1.
Unica tregua somigliare al fango
Alla migliore traccia di sangue
Per sconfiggere speranza con l’anemia
Del balzo tenerissimo con la concreta
Realtà di andarsene finalmente superstiti
Bonari. Di te non credo la vitalità più bella
Né la cometa azzima di luce
Perché la ressa delle rondini è soqquadro
Sul finire dell’ultima cimasa.
Non resta che pagliaccio la sirena
Irrisa da soldati di conquista.
2.
Annuncio di chitarra vederti all’angolo
Dove la sposa cieca ti sorride
Coriandolo e malessere per sempre.
L’ausilio del gemello francescano
Non consente libertà di scelta
Ma esuli le palpebre di brevetto.
Dimmi perché piange la baldoria
Del fiume dotto di non tornare mai
Quasi del secolo il messaggio a dio.
3.
Dio della notte il mio sospiro
Sparuto quanto un indice di nebbia
La crudeltà del sale sfatto palmo
Con il mistero che deride la faccia
Faccenda senza resine di baci.
Il male barricato sulla fronte
Dissolve l’ossigeno geniale
La gente sugli spalti delle tombe.
Tu dimmi quale rondine corsara
Sapienza di dio non sapere
Perché le baracche da sole spopolano
Esatte bramosie cercare dio.
Capitomboli di sabbie volerti bene
Dietro la rotta tragica del guado
O di domani la speranza d’essere.
Pagliaccio al grado Generale
Questo fantasma d’anima malarica
Dove intercede il regno del cipresso.
4.
La notte dell’abaco quando più nulla conta rimanere
Al bacio dell’algebra bravura
O sotto teca ricordare il nonno
O la maretta insita alla darsena.
Inverno bello quanto un calamaio
Felice pagliaccio della poesia
Barriera al maestrale colma vendetta.
Materna la briciola che sogna da sola
La grande pagnotta della patria
Sgominata con un soffio di penuria.
5.
Ho una critica al rito perché non piange
Parla e recita cinge l’altare
Sulla truppa delle lacrime di altri
E questa piccolina aria di asilo
E’ vicina al mio collo gracile come un biscotto
La meringa di madre che mi fu amorosa gara
Qualora giungi in ritardo e il dondolo del sole
M’insegnò la rima con la luce pietosa
Dentro le tombe con gente che se ne va
Bruciata o sottoterra oltre i santi che non ci sono
Giammai vicini nonostante il calendario o a
Decine di copie per festeggiare il nuovo anno.
Le medicine delle nuvole piangono disperano
Su tutti, le resine non bastano per Natale
La fanga è ennesima maligna agro.
Tu graziosa mungi per l’anima marina e d’ara.
Addio, puoi morire da Capitano gentile.