L’interesse su valore ed efficacia nelle digital PR degli influencer è da sempre un punto cardine del confronto professionale sulle buone pratiche di influenza online.
Il tema non è trascurabile sia per il suo valore di fondo che per le difficoltà che tuttora hanno nella stragrande maggioranza dei casi le organizzazioni ad effettuare una comunicazione mirata “one-to-one”. Cosa di meglio allora se non quello di affidarsi agli influencers per poi lasciare a loro il compito di diffondere il messaggio a pioggia?
Sull’argomento e sull’ efficacia di tale ipotesi di lavoro si sono espressi recentemente, producendo riflessioni di qualità tutte da leggere, Daniele Chieffi e Piero Tagliapietra.
Probabilmente una parte della questione sta nella confusione, non esclusiva a quest’area di dibattito, che si fa tra audience ed influenza privilegiando molto spesso la quantità alla qualità delle relazioni finendo inevitabilmente per privilegiare la prima a scapito della seconda. La corsa ai followers e/o ai fans, e le relative distorsioni che ne derivano, ne sono la più elementare evidenza.
L’infografica sottostante mette a confronto ruolo e significato degli influencers rispetto ai brand advocates evidenziando come seppure i secondi abbiano mediamente gruppi di relazione di minor entità nella maggior parte dei casi la loro genuinità risulti essere di maggior efficacia rispetto a quella degli influencers.
Per lavorare efficacemente nell’ecosistema digitale siamo “condannati” a stabilire relazioni fiduciarie sempre più mirate e ristrette, cercare di sostituire questo tipo di lavoro utilizzando scorciatoie o, peggio, utilizzando i diverso social media ancora secondo le logiche mainstream non funziona. E’ ora di arrendersi, almeno, a questa evidenza [#].
[#] Ragionamento generale da adattare e personalizzare rispetto alla realtà di ogni singolo contesto che però resta valido per ogni segmento, per ogni comparto, editoria inclusa, ovviamente.