Informazione e Salute una proposta Social

Da Observingthenet

Vorrei iniziare la riflessione da una constatazione di carattere generale::il mercato televisivo è considerato un mercato maturo e come tale l’evoluzione del prodotto televisivo è per lo più perseguita in uno dei seguenti due modi: “espansione per aggiunta” ad esempio rinforzandone i vantaggi (es. Un palinsesto più ricco, l’HD e il 3D), ed “espansione per moltiplicazione”.

Le aziende televisive si rendono conto che persone diverse hanno preferenze differenti e pertanto, creano versioni speciali dei loro prodotti nel tentativo di soddisfare le necessità di determinati segmenti di clientela (es. proliferazione dei canali tematici).

In entrambi i tipi di espansione, l’obiettivo è lo stesso: migliorare il prodotto tramite un processo cumulativo o riproduttivo per raggiungere un target sempre più segmentato.

IL WEB E IL CAMBIO DI PARADIGMA

All’interno di questa dinamica si inserisce prepotentemente un nuovo modello in cui il decentramento ha trasformato il world wide web in un mezzo di interazione sociale: ogni giorno gli utenti di YouTube caricano una tale quantità di filmati che ci vorrebbero otto anni per vederli tutti completamente. E ogni giorno i visitatori guardano tre miliardi di corti e lungometraggi, secondo i dati registrati nel 2010 dalla stessa YouTube.

L’audience catturata dalla piattaforma di Google è cresciuta in soli sei anni a un livello talmente enorme che ha fatto pensare a YouTube come un’alternativa alla tv tradizionale.

In realtà, è molto di più.

Più che un’alternativa, è stato un cambio di paradigma. La rete è il luogo che offre la possibilità agli spettatori di trasformarsi in autori e produttori.

In effetti, chi ha considerato YouTube come la tv degli utenti, contro la tv dei potenti, ha giudicato come una composizione della conflittualità tra la piattaforma internettiana e la tv tradizionale il recente annuncio del varo di cento canali professionali, finanziati e monetizzati da YouTube e che partiranno nel 2012, con le presenze di Madonna, dei giornalisti del Wall Street Journal, della Reuters e molti altri professionisti.

In questi sei anni, del resto, le novità sono state diverse. Oltre a YouTube, in rete sono nate molte piattaforme per diffondere video liberamente, Vimeo in testa, e sono partiti servizi per la tv via internet, come Hulu. Le segnalazioni tra utenti, che originariamente avvenivano inglobando nei blog il codice che serviva a mostrare i video, oggi si fanno anche via Facebook e Twitter. Sono stati fabbricati televisori per vedere comodamente dal divano le trasmissioni tradizionali e i video diffusi su internet. I cellulari sono a loro volta capaci di mostrare dignitosamente i video (e contano per il 10% di quelli visti su YouTube). Sono più o meno falliti i tentativi di molti carrier di produrre le loro piattaforme televisive usando una forma protetta e chiusa di internet. La logica della piattaforma connessa, aperta e crossmediale ha vinto, separando chi produce i contenuti da chi li trasporta e li edita.

Anche adattandosi in questo modo, la tv resiste all’impatto innovativo di internet. Certo, resiste perché innova ma anche perché gioca su antichi vincoli. È protetta dalle abitudini dei meno giovani, dei meno curiosi e dei meno abbienti che trovano difficile, costoso o impossibile connettersi alla rete. Gode di una struttura di relazioni – difficili da scalzare – tra inserzionisti, editori televisivi e possessori delle reti di trasmissione. E il linguaggio del video si presta a riorganizzazioni, moltiplicazioni di canali, miglioramenti tecnici, ma resta lineare e tale da suggerire anche alle persone più attive la possibilità di passare del tempo in condizione di ascolto passivo.

Il cambio di paradigma centrale, però, è nella relazione tra la programmazione e il tempo, e la vita quotidiana, degli utenti. Internet ha portato il linguaggio del video a svilupparsi in un contesto diverso da quello televisivo nel quale non è più necessario un palinsesto e men che meno un palinsesto che coincida con l’agenda delle persone e delle comunità, non ha senso sviluppare un sistema di programmi buoni per tutti i gusti, non è efficiente un’organizzazione delle decisioni centralizzata.

È una nuova dimensione della fruizione di video, nella quale i professionisti e gli amatori si aggiungono ma non si sostituiscono. Tale novità sta avendo una tale diffusione da aver fatto nascere nuove abitudini, nuove forme di socializzazione e nuove apparecchiature a basso costo: tanto da alimentare la fioritura di centinaia di microwebtv anche in un Paese – da questo punto di vista – conservatore come l’Italia. È pur vero che le abitudini dei visitatori di YouTube possono essere apparse troppo divise in miriadi di minoranze per ottenere un ascolto da parte degli inserzionisti pubblicitari meno avvezzi alla sperimentazione. E i cento nuovi canali potrebbero aiutarli a superare le difficoltà di comprendere il contesto nel quale vengono pubblicati i loro spot. Ma c’è da scommettere che questo aumenterà ulteriormente l’audience del sistema YouTube, sicché la disintermediazione dei produttori di contenuti e delle piattaforme tradizionali di distribuzione potrà continuare a insinuarsi nel mondo del business televisivo. La nuova dimensione della narrazione video si sta radicando. Il sistema tradizionale resta molto difeso. Ma l’innovazione fondamentale, paradigmatica, sembra favorire la rete.

Inoltre YouTube diventa un palcoscenico globale per le produzioni nate su internet che hanno avuto successo a partire dal pubblico online. Come i “Machinima”: sono episodi costruiti con le tecniche di grafica tridimensionale dei videogiochi che hanno ottenuto 113 milioni di visualizzazioni. Oppure la serie di “eHow“: si tratta di corsi per l’hobbistica e il “fai-da-te”, come le riparazioni dei tubi di un lavandino.

INFORMAZIONE E SALUTE

In questo contesto, il tema dell’informazione sulla salute e sulla medicina trova terreno molto fertile in Italia. Dalla televisione, come al solito, e dalla stampa, ma soprattutto sempre più su internet, l`unico mezzo che sale nelle preferenze per cercare, carpire, “googlare”, come si dice in gergo, notizie su farmaci, benessere e tutto ciò che gravita nel mondo della salute.

La tendenza è in cifre in un`indagine realizzata da Added Value Italia presentata durante il Congresso della Fimmg, il sindacato dei medici di famiglia. Si scopre così che la “fame” di informazione contagia 4 persone su 10. Non tutte usano gli stessi canali, però. Il 41% fa da solo, spesso on-line: cerca alla fonte, “spulcia” sul web, chiede informazioni su medicinali e terapie. La maggioranza, poi, ben sette persone su dieci, sarebbe contenta se avesse un punto di riferimento autorevole e controllato.

L`identikit del “lettore-salutista”. È donna, ha tra i 35 e i 54 anni e un livello culturale medio-alto. È questo il profilo di chi cerca con più frequenza e regolarità news di salute. Anche i canali stanno cambiando: se il 23% sceglie ancora la televisione e il 17% legge quotidiani e inserti specializzati, cresce la quota di chi usa internet. Ben il 32% delle persone intervistate consulta siti e portali specializzati, si abbona a newsletter o “scarica” informazioni utili dal web. I più abili e motivati, poi, usano indifferentemente due o più fonti.

Non sempre la spinta è la necessità. Più della metà del campione è “attirato” dall`argomento a prescindere dai problemi di salute. C`è poi un buon 60%, ed è il dato che più interessa i medici di famiglia, che si informa sempre, o quasi, prima o dopo la visita presso l`ambulatorio (quindi perché non pensare ad un ambulatorio virtuale sul web con tanto di Avatar in real time. I temi trattati in tale luogo virtuale possono essere ripresi sia in un blog sia successivamente in uno studio televisivo).

Tale approccio trova conferma nel fatto che ben il 70% della popolazione vorrebbe più informazione sui farmaci (perché non sponsorizzare un Apps il cui contenuto riguarda i “bugiardini” che dicono la verità). Oltre il 92% dei medici di famiglia ritiene che i pazienti tendono oggi a volerne sapere di più sulle decisioni del medico che lo riguardano (in questo caso per l`86%)”.

Un esempio americano si chiama Medify ed è un sito apparentemente semplice dal quale si possono ricavare informazioni utili basta digitare nel form di ricerca il nome di una patologia e Medify vi restituisce velocemente un’overview della patologia stessa e, soprattutto, una lista degli hot treatment, le cure più calde e chiacchierate al momento dalla comunità scientifica internazionale. Ma non finisce qui, perché Medify fornisce molte altre informazioni andando a prenderle direttamente nei database medici dei National Institutes of Health americani e dai repository delle altre istituzioni che hanno deciso di condividerle con il suo team. Tra esse val la pena di citare, oltre agli NIH, almeno la Stanford School of Medicine e l’università di Toronto.

Un altro esempio è la nascita di ecancerHub, una piattaforma gratuita appena inaugurata al Congresso della Società europea di Oncologia medica a Stoccolma che conferma una realtà già preannunciata ovvero: sempre più utenti cercano consigli medici online utilizzando le piattaforme di discussione, i forum e i social network.

A confermarlo è Gordon McVie, ideatore di ecancerHub, un vero e proprio social network per la ricerca e il confronto di cure mediche tra utenti con patologie oncologiche simili. Questo tipo di pratica, ovvero la ricerca di informazioni mediche online, cresce di pari passo con lo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione. I social network rappresentano ormai un punto di riferimento ben saldo all’interno della vita dell’utenza internet e, secondo quanto rilevato anche dall’Annuario Scienza e Società 2011, realizzato da Observa, un italiano su 5 usa internet per cercare possibili cure, consigli o indicazioni di carattere medico.

Oltre a medici, tv e Internet, c`è poi il passaparola. Il canale “tradizionale” resiste anche alle nuove tecnologie: il 28%, almeno per la salute, continua a fidarsi dei consigli di amici e parenti.

UNA PROPOSTA “SOCIAL”

In questo contesto dove sicuramente esiste un reale bisogno di informazione e sicuramente i tagli imposti dalla crisi porteranno ad una riduzione delle prestazioni del servizio pubblico (tale prospettiva è fortemente sentita nella popolazione) conferma la necessità di innovare il modello di business integrando il sistema di comunicazione top down e monodirezionale come la Tv con un approccio multicanale e interattivo (penso ad un mix di TV, siti specializzati, commmunity, radio, podcast,Apps, e microwebtv).

Tale approccio permetterà in breve tempo di sviluppare relazioni e sinergie tra questi network sempre più strutturate e complesse. Il risultato  evidente sarà che il rapporto d’interazione sociale tra le persone sul tema della Salute sarà  la vera killer app. Quindi l’obiettivo ultimo dell’iniziativa sarà l’evoluzione del concetto di Salute verso un modello decentrato, partecipativo e democratico.

Se si punta sulla socialità come fulcro per il progetto e sul coinvolgimento delle persone anche come fonte dell’informazione sarà possibile convogliare il “passaparola” e modellare una “comunicazione più interattiva” strettamente integrata e complementare alla tradizionale comunicazione unidirezionale del mezzo televisivo. Tale visione è sicuramente sorretta e abilitata dalla crescente diffusione degli apparecchi personali “smart” che noi tutti maneggiamo (sms,facebook, twitter,smartphone, mail). Attraverso questi “personal device” le persone diventano sensori bottom up in aggiunta ai più tradizionali mezzi top down.

In ultimo il modello proposto ha come ulteriore elemento innovativo un approccio decentrato al tema della Salute che potrebbe abilitare, anche in questo delicato settore una sperimentazione guidata e controllata del principio della “saggezza della folla” (teoria secondo la quale una massa di individui sarebbe in grado di fornire una risposta adeguata e valida ad una domanda più di quanto non siano in grado di farlo gli esperti).


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