Eppure quando si tratta di recuperare soldi ci devono pensare i poveri cristi. Le povere criste innanzitutto che nel piano del tesoro per il pareggio di bilancio, dovranno lavorare fino a 65 anni anche nel settore privato, vale a dire in fabbrica. Trattamento ben diverso da quello dalle ricche maddalene che commuovono il cuoricino di Ferrara. E non solo: esclusione dalla scala mobile per le pensioni alte (ma bisogna vedere quanto alte), tagli per la ricongiunzione dei contributi da istituti diversi, aumento dal 26 al 33% dei versamenti pensionistici per i cocopro. Prime ipotesi, tanto per gradire,
La crisi che forse avrebbe potuto essere l’occasione per abbattere le rendite di posizione, l’affarismo scatenato che divora i soldi pubblici, le strutture inutili e clientelari, la ridondanza del potere, le sfacciate astuzie fiscali, si sta traducendo in una ancora più netta separazione tra il Paese del privilegio e quello del lavoro. Tra gli eletti e quelli stanno ai remi.
A me fa ridere che vi siano perplessità della Lega, perché questo colpirebbe il Nord e non perché sia ingiusto, non perché è l’ulteriore prezzo per far sì un gruppo di mentecatti come loro e i loro sodali, gozzovigli alle spalle del Paese. La squallida finzione di opporsi ai provvedimenti del loro governo, delle loro ottuse “quadre” magari non in Parlamento, ma a Pontida, in compagnia dei dementi in calzamaglia. Così sembra più serio.
Mi chiedo quanto potrà durare. Quanto potrà andare avanti questa putrefazione imbellettata e spudorata di un sistema complessivo che taglia sempre in basso senza recuperare un minimo di efficienza e nemmeno di decenza. Dovendo così tornare a tagliare. Lo decideranno alla fine le urne. Tutto sta a vedere quali.