Ingroia e i rottamatori dello Stato

Creato il 14 settembre 2012 da Casarrubea

Ricevo e pubblico volentieri questa lettera scrittami dal prof. Saverio Di Bella quale commento al mio post sulla polemica tra il Procuratore aggiunto, Antonio Ingroia  ed Emanuele Macaluso, a proposito della trattativa Stato-mafia. Mi pare un testo significativo a meglio definire i diversi atteggiamenti rispetto a una delle grandi questioni della nostra storia, venute alla luce, finalmente, dopo decenni di silenzi e di complicità. Saverio Di Bella è stato senatore della Repubblica italiana, membro della Commissione parlamentare Antimafia, e fondatore del Centro di Studi e di documentazione sulla criminalità mafiosa presso l’Università di Messina, dove insegna storia moderna alla Facoltà di lettere e filosofia.

Carissimo Giuseppe,

 solo al rientro delle vacanze ho potuto leggere il tuo intervento del 5 agosto [sulla polemica Ingroia-Macaluso]. Condivido  appieno impostazione, valutazioni, quesiti. Ancora una volta il tempo galantuomo ha dato una risposta sulla trattativa Stato-mafia con l’ascolto dell’ex ministro Claudio Martelli da parte della Commissione Parlamentare Antimafia di questi giorni: la trattativa ci fu e il garante dell’accordo Stato-mafia sarebbe stato addirittura l’ex Presidente della Repubblica Scalfaro.

Saverio Di Bella (secondo da sx)

Considerato il ruolo di Scalfaro nelle vicende successive agli anni ’93-94 è sospettabile che alcuni dirigenti della sinistra e dell’allora PDS fossero a conoscenza di tutto.

Mi sembra interessante, a questo punto, ricordare che la Commissione Parlamentare Antimafia di cui è stato presidente l’on. Tiziana Parenti è stata messa nelle condizioni di non discutere la relazione finale (1994-96) che quindi non è stata approvata, pur essendo stata depositata dalla presidente.

Analogamente non furono né discusse né tantomeno approvate le relazioni presentate su Camorra, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita nonostante fossero state depositate regolarmente.

A decidere il vero e proprio boicottaggio della Commissione Parlamentare Antimafia sono stati gli on. D’Alema e Violante che hanno scelto e imposto ai membri della Commissione facenti capo al PD PDS di non partecipare ai lavori  facendo con ciò mancare il numero legale alla Commissione che venne paralizzata da tali scelte.

Da sottolineare che non fu adottata, nonostante fosse stata proposta, la strada di preparare una relazione di minoranza da contrapporre alla relazione della Parenti. Una scelta in contrasto con tutta una tradizione seguita dal PC all’interno della Commissione. Si ricorda per tutti la Relazione di minoranza firmata, a suo tempo, da Pio La Torre.

Anche questi momenti della storia recente del nostro Paese richiederebbero di essere resi storicamente chiari nelle motivazioni delle scelte effettuate da parte dei responsabili delle scelte stesse.

Sullo sfondo mi sembra resti ancora, nonostante i passi in avanti fatti, il ruolo economico e il potere di condizionamento finanziario delle organizzazioni criminali nonché gli intrecci inquietanti intessuti dal crimine organizzato col capitale finanziario e le banche, a livello deduttivo e come ipotesi interpretativa.

Le cifre parlano chiaro: il PIL delle organizzazioni criminali viene calcolato in 300 miliardi di euro l’anno; 6 miliardi circa di questo prodotto vengono sequestrati o confiscati. I restanti 294 miliardi dove vanno a finire? In 10 anni saremmo a circa 2.940 miliardi di euro. Dalle stragi del 1993 ad oggi sono passati 19 anni. Chi può e sa, può finalmente fornire ai cittadini  le cifre e l’uso di questa massa imponente di finanza del malaffare? Perché gli espropri e le confische di beni mafiosi non superano il 2% del totale attribuito alle mafie come prodotto lordo annuo?

E’ in questo contesto che avviene l’attacco concentrico su Ingroia. Uno dei magistrati che, sull’esempio dei Costa, dei Chinnici, dei Falcone, dei Borsellino etc. cerca la verità senza guardare in faccia nessuno.

Mi sembra doveroso cogliere l’occasione per esprimere pubblicamente attraverso il tuo sito piena e assoluta solidarietà e un invito a proseguire la sua ricerca di verità al magistrato. Ciò anche nella consapevolezza, si ricordi Leonardo Sciascia, che una democrazia senza verità non può vivere, e che qualcuno, ancora ignoto, ha cercato di uccidere la verità in Italia con la strage di Portella della Ginestra. La Repubblica non aveva ancora compiuto un anno – referendum istituzionale 2 giugno 1946 – quando veniva perpetrata la strage di Portella: 1 maggio 1947.

E’ da allora che cerchiamo la verità senza trovarla su quella strage, e dovendo prendere atto che ogni volta che la verità viene richiesta su stragi efferate ancora una volta qualcuno la uccide: dall’uccisione di Moro alla strage di Ustica, alle stragi del 1993.

Ne abbiamo abbastanza di reticenza, complicità, omissioni, inviti a convivere con le mafie. Chi manipola economia e politica e mescola malaffare e impresa sappia che in Italia esiste, per quanto minoritario possa essere giudicato, un partito di intransigenti: la guerra alle mafie e ai loro complici la vogliamo vincere e la vinceremo. Non siamo disposti a dimenticare né i sindacalisti assassinati né i magistrati uccisi, né le donne e i bambini massacrati: vogliamo giustizia e verità. E’ per questo che magistrati come Ingroia vanno avanti: sanno di incarnare la sete di giustizia e di verità di un’altra Italia di cui anch’essi si sentono figli.

Un abbraccio


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