Inizia il Toto-Palma. Kechiche si candida ad un premio, ma mancano ancora Polanski e Jarmusch

Creato il 24 maggio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

L’iniziazione (omo)sessuale di una ragazza di quindici anni. Tre anni della vita di Adéle che dopo l’incontro notturno con una giovane donna dai capelli blu, scopre se stessa, la sua vera natura, il desiderio. Interminabili scene di sesso e un’indagine profonda, antropologica, sociologica. Questo è La vie d’Adèle di Abdellatif Kechiche, diciassettesimo film del concorso di Cannes 66.

Il regista di Cous Cous sposta il tiro rispetto al suo film precedente, che vinse il Premio Speciale della Giuria a Venezia, e dall’analisi di una Francia multiculturale con un’immersione totale nei riti della comunità tunisina, passa a un racconto di crescita. Nel pieno stile narrativo dell’autore, che annulla la capacità sintetica del cinema per dilatare la dimensione temporale facendo coincidere, senza tagli, la durata del racconto con la durata reale degli eventi, La vie d’Adèle è un film fiume di tre ben tre ore che vive di un’emozionante introspezione psicologica che lascia lo spettatore letteralmente affascinato, soddisfatto, commosso. Un altro ottimo film di un concorso di alto livello che metterà in difficoltà la giuria di Spielberg per la decisione del Palmarés finale.

Di natura completamente diversa ma di pari valore, Nebraska, il nuovo film del regista americano, premio Oscar, Alexander Payne (Paradiso amaro, Sideways), un tenero affresco della vecchiaia, in cui uno straordinario Bruce Dern interpreta Woody, anziano affetto da demenza senile, che riscoprirà il suo passato in un viaggio on the road con il figlio. Malinconico e divertente, Nebraska ci riporta la natura di un’America rurale, dove i sogni riescono ancora a dare un senso alle nostre esistenze. Tante risate, qualche lacrima, applausi scroscianti.

Dopo la visione di questo film, i dubbi sulle possibili scelte della giuria aumentano ancora di più. Ma sulla Croisette già impazza il Toto-Palma. Secondo molti, La grande bellezza di Paolo Sorrentino è in pole position per la vittoria finale, tallonato a brevissima distanza da La vie d’Adèle e il giapponese Like Father, Like Son, film, quest’ultimo, che tra le altre cose, per il suo approccio tenero e disincantato nei confronti dell’infanzia e per la non banale analisi delle dinamiche genitori-figli, potrebbe colpire in pieno il presidente Spielberg, che di queste tematiche, anche se in maniera completamente diversa, ne ha fatto una delle colonne portanti della sua poetica. Salgono anche le quotazioni del film di Jia Zhangke, A Touch of Sin, per alcuni il più bel film della competizione, così come quelle di Michael Douglas per la Palma di miglior interprete maschile. Outsider da non sottovalutare anche Le Passé di Farhadi, con tutti i suoi interpreti. Rimane l’incognita fratelli Coen: Inside Llewyn Davis è un grandissimo film, che sicuramente alla giuria sarà piaciuto, ma i fratelli del Minnesota già hanno vinto diverse volte a Cannes e questa pellicola, per quanto di alta qualità, non è da annoverare tra le loro migliori. In ogni caso è più giusto attendere la fine del festival per esprimerci con più convinzione. Due film di due maestri, quello di Polanski e quello di Jim Jarmusch, verranno presentati l’ultimo giorno. E come spesso è successo in passato (vedi per La classe di Laurent Cantet che poi vinse la Palma), i film che chiudono il concorso spesso sparigliano le carte e fanno bottino.

di Antonio Valerio Spera


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