Lo aspettavo, lo invocavo, lo sognavo.
E ora è arrivato.
Così, di punto in bianco, mentre ci rotolavamo nel lettone.
Inesorabile.
È lui, il mio amatissimo Edipo.
Finalmente Ettore ne è preda e io gongolo di felicità.
Perché ancora più di prima,
molto più di prima,
adesso il piccoletto mi lancia sguardi svenevoli che neanche il principe azzurro con cenerentola.
Adesso mi pastrugna, mi strabacia, mi respira, mi vuole tutta per sé,
godendo di ogni istante trascorso appiccicati, io e lui.
Mi chiama "la mia moglie" e fa spallucce se cerco di spiegargli che in effetti io sarei già impegnata.
Potrebbe stare ore sdraiato sul divano con me o ovunque ci sia io,
e mi mette il broncio se abbraccio uno dei suoi fratelli, o suo padre.
È geloso, possessivo, travolgente.
Insomma, si è innamorato.
E non è che siccome io di edipi ne ho già vissuti due (uno travolgente, l'altro un po ' più tiepido ahimé) ora debba fare la scena di quella che non gliene frega.
Che magari è addirittura stufa, che si sente soffocata o stupidaggini così.
Macché.
Io questo terzo edipo ho tutta l'intenzione di godermelo,
di sbrodolarmici dentro,
di farmici gonfiare l'autostima.
Perché so che poi passa, e so che questa è l'ultima volta in vita mia che sarò guardata con quegli occhi lì e so che poi questi piccoli spasimanti se ne vanno, diventano grandi ed è bellissimo anche quello per carità, ché ci fai dei discorsi che ti lasciano secca, nel bene e nel male, e si rivelano persone altre da te, tutte una sorpresa.
Ma quell'amore lì così assoluto, dichiarato e senza freni non tornerà mai-mai-mai più.
E allora mi ci butto a capofitto, nonostante i rimbrotti di suo padre, geloso pure lui, e mi ci abbandono. E sia quel che sia.