Avevo inviato al servizio INPS RISPONDE, in data 2 settembre, una richiesta di informazione per sapere perché, a differenza dagli anni precedenti, il rimborso dell’eccedenza IRPEF da me pagata non fosse stato effettuato nel mese di Agosto, né in quello di Settembre; e per sapere quando si prevede che verrà dato corso al rimborso. Richiesta che mi sembrava semplice e legittima, visto che l’INPS continua a trattenermi regolarmente la quota IRPEF sulla pensione mensile.
Ho ottenuto velocemente, il giorno dopo, la risposta automatica dell’INPS, con la quale mi si comunicava il numero di protocollo con cui accedere successivamente al sito per trovare la replica al mio quesito.
Da qualche giorno dopo di allora, e a tutt’oggi 11 Ottobre, questa replica mi dice: “Richiesta smistata alla Sede di competenza.” (Che la sede di competenza sia stata trasferita su Marte?)
Identica replica ha sortito una mia richiesta del 23 Settembre in cui chiedevo ragione di tutto questo tempo per replicare ad un quesito così semplice.
In assenza di risposta, ho poi dedicato una mattinata dell’inizio di Ottobre all’impresa necessaria per entrare in comunicazione con il call center dedicato dell’INPS. Questa mi è alla fine valsa ad ottenere la strabiliante novità: “Ci sono ritardi nei rimborsi iRPEF.”
Ho fatto cortesemente presente che questo lo sapevo già, visto che era esattamente il motivo della mia chiamata: ma per quanto riguarda ragioni e previsioni sul ritardo il mio cortese interlocutore mi ha informato di non essere in grado di fornirmi notizie, anche perché l’accesso a uffici e funzionari in grado di risolvere il quesito gli era precluso. E’ stupido chiedersi a che serva, allora, tenere in piedi un call center e dotarlo di attrezzature e personale?
L’8 Ottobre, rimproverandomi per la mia dabbenaggine nel prestare ancora ascolto alla favola dei pubblici servizi digitalizzati, mi sono perciò deciso ad alzare il sedere, come si dice, e a recarmi presso la Sede di competenza, all’EUR.
L’orario di ricevimento del pubblico della Sede EUR è limitato ad una fascia ristretta dell’orario di lavoro, indicata sul sito INPS: dalle 8.30 alle 12. Ma quel giorno ho trovato ad accogliermi, appiccicati alle porte d’ingresso, dei fogli che indicavano: “Dalle 9 alle 11: assemblea del personale – oggi e domani.” Mi ci è voluto qualche istante a realizzare che l’impressione del dejà vue non era frutto di fantasia: in passato mi sono realmente trovato altre volte nella stessa, identica situazione.
La scelta di fare l’assemblea del personale nel bel mezzo delle ore di ricevimento del pubblico è responsabilità specifica dei dipendenti INPS e dei loro sindacati: il che, francamente, non mi sembra il massimo per dei lavoratori pubblici e per le loro rappresentanze. Il peggio, però, è che – “a causa”della tenuta delle assemblee – nelle rimanenti ore di apertura il servizio al pubblico viene rigorosamente limitato alla ricezione di documenti e/o richieste: ciò che sembra decisamente un arbitrio. Ed alle responsabilità di dipendenti e sindacati, in questo caso si aggiunge una evidente connivenza dei responsabili dell’organizzazione aziendale.
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Poi ci si meraviglia e lamenta perché appare in aumento l’ostilità e l’insofferenza verso i “carrozzoni” dello Stato, il pubblico impiego, i detentori di impiego a posto fisso, e le loro organizzazioni sindacali, supinamente acquiescenti circa il malcostume diffuso nell’utilizzo dei diritti dei lavoratori.
Devo ammetterlo, anch’io ho avuto cattivi pensieri. Ho maledetto in cuor mio il governo della destra di questo paese che in tanti anni, quantunque becera, non è stata nemmeno in grado di produrre una Margaret Thatcher: che qualche stortura avrebbe saputo e potuto raddrizzarla.
Chissà se l’INPS vorrà rispondere a qualcuno, prima o poi…..