Inseguendo un'ombra di Andrea Camilleri

Creato il 23 marzo 2014 da Funicelli
Come anche Sciascia tanti anni prima, anche Camilleri si è trovato ad inseguire un'ombra sfuggente: un personaggio storico del rinascimento su cui esistono poche biografie (anche con dati incerti), pur essendo stato una figura vicino a cardinali e papi, nonché a personalità importanti del nostro umanesimo, come Pico della Mirandola.
Un'ombra di una persona che è stata più persone nell'arco della sua breve esistenza: un ebreo che avrebbe dovuto essere l'orgoglio della sua gente. Un abile oratore di questioni teologiche, difensore della fede, dalle parole infuocate capaci di accendere la fede nel cuore delle persone.
Infine il dotto studioso di culture orientali e delle lingue orientali, al servizio a quanti si stavano aprendo al mondo sconosciuto dell'oriente.

Iniziamo con l'ebreo Samuel Ben Nissim Abul Farag, cresciuto nella giudecca del paesino siciliano di Caltabelotta:
Ha quindici anni, Samuel ben Nissim Abul Farag, ma già a quell'età oltre all'ebraico, che talvolta usano in famiglia e con gli amici, ha studiato il greco, il latino, il caldeo e l'aramaico. Nella judicca però, l'arabo e il siciliano sono le parlate correnti. Ha una straordinaria vocazione ad imparare le lingue e la storia, gli usi, i coctumi di altri popoli. Inoltre, a notte alta, quando tutti dormono, Nissim sussurrando gli spiega gli scritti difficili e misteriosi della qabbala'h, il Ma'aseh merkabah, la visione di Ezechiele, e il Sefer ha- Zohar ..”.
Come tutti gli ebrei in Sicilia, mal tollerati dal vicerè spagnolo, anche Samuel deve portare al petto la rotella colorata, simbolo della sua religione: piccoli soprusi, angherie che Samuel accetta perché lui, alla sua età, è il più intelligente di tutti. Sa come nascondere i suoi veri piani, che non sono certo quelli di lasciarsi sputare sui piedi dai contadini, per disprezzo.
“Far scomparire le tracce. Sempre. Glielo ha insegnato la persecuzione del suo popolo. E non solo le ombre dei passi”.

Per un gioco del destino, è costretto a rifugiarsi nel convento dei frati cappuccini, che già si erano interessati a lui per la sua spiccata intelligenza e con cui Samuel aveva iniziato una sottile opera di mercanteggio, volendo vendere la sua conversione al miglior prezzo possibile:
Era scritto che avrebbe avuto la capacità di studiare le fedi dell'uomo senza personalmente credere nemmeno in una, era scritto che l'odore della pelle di una donna gli desse un empito di repulsione, era scritto che avrebbe praticato il nefando crimine come lo chiamano i cristiani, era scritto che in lui il confine tra la verità e la menzogna fosse così labilmente tracciato da essere di difficoltosa visibilità, era scritto che .. ”
Assistiamo così al primo cambiamento di persona: come dal bruco esce poi la farfalla, il figlio dello rabbi di Caltabelotta, si trasforma in Guglielmo Raimondo Moncada, mentre il suo vecchio nome verrà maledetto tre volte dal padre.
.. scandendo le sillabe con voce ferma: «Il suo nome sarà Guglielmo Raimondo Moncada».Il sorriso del giovane è radioso. Per gli altri sarà stato un battesimo, sia pure solenne, ma lui l'ha vissuta come una Pasqua di Resurrezione. Le spoglie dell'ebreo Samuel Ben Nissim Abul Farag, il cui nome è stato tre volte maledetto da chi lo generò, le sta disperdendo il vento che si sente sibilare al di là delle vetrate della cattedrale”.
Chi è questo Guglielmo Raimondo Moncada, che prende il nome del suo padrino, conte di Moncada e che ben presto diventerà il più abile oratore della Chiesa?
Anche lui è l'ombra che Sciascia aveva inseguito e di cui parla nel libro “La faccia ferina dell'umanesimo” del 1962:
Io stavo inseguendo un'ombra: un personaggio di difficile, sfuggente e mutevole identità; misterioso, indecifrabile. Un ebreo siciliano (di Girgenti, della Girgenti che sarà poi di Pirandello) del secolo XV che in età di ragione si converte e si fa battezzare cristiano; e prende il nome di colui che lo tiene a battesimo, il conte Gugliemo Raimondo Moncada; e con questo nome si fa prete cattolico, riceve dalla Chiese beni sottratti alla sua gente, e contro la sua genti li tiene e li difende; e poi va a Roma, esperto in lingue orientali in Curia e predicatore di fama; e poi, caduto in grave errore, perde lo stato ecclesiastico e i beni; scompare; ricompare col nome di Flavio Mitridate, maestro di lingue e cabale orientali a Pico della Mirandola”.
E anche Camilleri, che lesse il libro di Sciascia agli inizi del 1980, confessa:
“anch'io sono stato preso nella rete, anch'io mi sono messo, e da tempo, a inseguire un'ombra, a tallonare orme impresse sulla sabbia asciutta, pronte a dissolversi per un colpo di vento”.
La seconda anima di quest'ombra ha attraversato una breve parentesi della nostra storia, ma in modo molto intenso: le sue doti oratorie sono apprezzate sia in Sicilia, dal vicerè che intende mettere le mani sul patrimonio delle famiglie ebree, sia a Roma. Samuel che è diventato ora Guglielmo, conosce i trucchi, i ragionamenti dei rabbi, con cui viene messo a confronto e, grazie a questo, riesce a sconfiggerli. Le sue prediche sono così accese che accendono anche l'ira della gente contro le varie giudecche dell'isola, causandi dei veri e propri pogrom ante litteram.
Nelle tante judicche dell'Isola si sparge la voce, nata non si sa come, che Samuel, il maledetto rinnegato, ha manifestato il malvagio proposito di predicare in tutti i paesi siciliani ove risiedano anche le più piccole comunità ebraiche. Le notizia getta tutti gli ebrei nel terrore, i rabbi vengono implorati a mobilitarsi perché non avvengano altre stragi, considerate ormai inevitabili dopo quelle prediche che scatenano tanto odio cieco.”
Dopo una parentesi nella città di Napoli, dove Guglielmo impara a conoscere l'uomo, viene chiamato a Roma. Ma anche qui, il destino o, come dicono gli storici “per un grave errore” è costretto alla fuga e a dover re indossare i panni da ebreo. La farfalla che prima un misero bruco, torna a cambiare veste: è ora Guglielmo di Sicilia, che insegna latino, greco ed ebreo nei paesi del nord Europa, dall'Irlanda alla Germania.
Non conosciamo cosa lo spinga a tornare in Italia, seguendo l'ennesima metamorfosi e prendendo il nome di Flavio Mitridate, insegnante di culture orientali, di cabala, della lingua ebraica e del caldeo: forse la stessa irrequietezza che c'era in quel periodo, per cui ci si voleva aprire a nuove conoscenze
“Nella seconda metà del quattrocento si diffonde in tutta Europa il desiderio, come scrive il Campanini, di «scoprire un oriente dai tratti sempre più complessi. In questo clima Moncada cercò e trovò la propria nicchia basandosi soprattutto basandosi sulle sue conoscenze linguistiche, reali e millantate, e sulla sua formazione ebraica».In altri termini, dalla spoglia della crisalide ormai morta dell'ex persecutore del suo stesso popolo e dell'uomo di corte Vaticana nasce una nuova creatura. Un umanista. Un sapiente che metterà a disposizione di chi lo paga la sua profonda cultura. E che dell'umanesimo, sempre secondo Sciascia, rappresenterà la faccia ferina.”
In Italia Flavio riesce ad entrare in contatto con Pico della Mirandola, l'umanista avido di conoscenza, che ha intenzione di studiare le lingue orientali e che vorrebbe che gli fossero svelati tutti i segreti della qabbalah: e Flavio accetta
Infatti stipulerà con Mitridate un contratto di lavoro che definire singolare è poco. In esso viene stabilito che, oltre alla somma convenuta da pagarsi mensilmente, Pico dovrà fornire a Flavio «un giovinetto per lo suo piacere».”
L'obiettivo finale degli studi di Pico della Mirandola è ambizioso
“Terminate finalmente le Conclusiones, Pico se ne parte per Roma per sottoporle al giudizio della commissione Pontificia. È in uno stato che rasenta l'esaltazione. È più che sicuro infatti che il suo tentativo di conciliare la fede cristiana, platonismo ed ebraismo, anche se incontrerà forti ostacoli e resistenze dalla parte più retriva dei custodi della dottrina, si risolverà alla fine in un trionfo”.
Uno sforzo che rimarrà vano, per la ritrosia della Chiesa nell'aprirsi alle altre dottrine: lo studioso stesso rischia ora di dover affrontare la santa inquisizione.
Flavio, terminato il lavoro con lo studioso umanista, accetterà un incarico da maestro presso la famiglia Farnese, a Viterbo.
Qui terminano le tracce dell'ombra: su che che fine faccia Samuel – Gugliemo – Flavio ci sono poche certezze. E lo stesso autore lascia volutamente aperto il finale, con più conclusioni possibili.

Lo scrive nel finale Camilleri, che lui le libertà che si è preso, nel corso della scrittura dei capitoli (su Samuel, su Guglielmo e infine su Flavio), servivano per la scrittura del suo personaggio:
Mi sono preso queste libertà perché esse meglio servivano al disegno del «mio» personaggio, quello che io ho immaginato. Il protagonista cioè di un romanzo storico che non scriverò mai”.
E conclude:
Inoltre in quegli anni la vita di Mitridate si è come normalizzata, direi addirittura imborghesita. Nella sua nuova esistenza di stimato letterato umanista sembrano essersi disciolte di colpo tutte le ambiziose pulsazioni che lo spingevano ad essere di volta in volta mentitore e falsario, aggressivo e spietato. È come se avesse perduto tutta la sua carica vitale. Negativa quanto si vuole, certo, ma vitale. Diciamolo con tutta franchezza: Flavio Mitridate non ha nulla a che fare, ma proprio nulla, con Samuel ben Nissim e meno che mai con Gugliemo Raimondo Moncada. Credo che a quel tempo l'esercizio della maldicenza fosse molto sviluppato tra gli intellettuali. Ecco, Mitridate stempera tutta la sua ferocia nella maldicenza malvagia, nell'insinuazione distruttiva, nel sarcasmo impietoso.Peccato. Ci aveva abituato a ben altro”.
Chi è stato, allora, Samuel Ben Nissim Abul Farag , Guglielmo Raimondo Moncada, e Flavio Mitridate? L'enigma rimane irrisolto anche al termine della lettura di questo bel romanzo di Camilleri, in cui ancora l'ombra, rimane sfuggente.
Ma forse era proprio questo l'obiettivo: non fare un romanzo storico, ma usare quello che la storia e i biografi hanno raccontato di questo incredibile personaggio per costruirsi una sua storia. In cui raccontare degli ebrei perseguitati e anche degli arabi rimasti sull'isola (di cui erano stati padroni).
Del rinascimento italiano e degli studi umanistici che avevano aperto i nostri orizzonti.
Mai sazio di sapere, come del resto lo è stato Samuel-Guglielmo-Flavio e di bellezza (come quella dei giovani uomini di cui si innamorerà).
La scheda del libro sul sito di Sellerio
Il sito di Vigata
Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :