Il corto che non c’era – Lava
Probabilmente il corto (e la canzone in sè) soffre molto della traduzione italiana, che viene interpretata come se fosse un canto salesiano. Per fortuna il corto è finito (sembrava un musicarello di Morandi) ed è iniziato finalmente il film.
Silenzio in sala, parla la mente
La storia è presto detta: una famiglia si trasferisce dal Minnesota alla California (San Francisco) con Riley, una bambina di 11 anni appassionata di hockey sul ghiaccio. Il nuovo ambiente, nessun amico, un camion dei traslochi perso per sempre la butta nello sconforto e medita di fuggire da casa, ci ripensa, torna indietro e tutti si abbracciano.
All’esterno la storia è molto easy. All’interno della mente inizia la vera avventura, che tocca temi adulti nonostante abbia le fattezze di un film per bambini: l’abbandono, il ricordo, la crescita della bambina e il cambio dei ricordi, Gioia e Tristezza che devono lavorare insieme per forza…
decidendo quando deve ridere, piangere, arrabbiarsi, schifarsi, emozionarsi o preoccuparsi.
Gioia ricorda una versione più alta e petulante di Campanellino, Disgusto una snob cittadina, Rabbia un uomo d’affari arrabbiato con il mondo, Paura il classico ipocondriaco e Tristezza la ragazza paffutella che viene emarginata dal resto del gruppo. Nel film subirà anche il mobbing di Gioia, che cercherà di tenerla lontana dalle sfere per evitare di contaminarle con la sua influenza blu, rendendo automaticamente tristi anche i ricordi felici.
I ricordi sono incapsulati in sfere che vengono spedite a varie isole: Famiglia, Stupideria, Onestà, Hockey e così via. La mente viene mostrata come una stazione centrale, da cui partono le sfere con i ricordi destinati a varie aree, con tanto di studio cinematografico per i sogni e il subconscio per i piantagrane.
Le preoccupazioni (legittime dopo un corto simile) erano ingiustificate: il film è stato scritto, realizzato e girato con le caratteristiche tipiche Pixar per cui, dopo i primi secondi, è stato amore a prima vista: personaggi ben scritti nelle personalità e interazioni, realizzazione grafica impeccabile (tranne che per gli addetti ai ricordi, gli operai, sembrano realizzati in fretta e furia -delle bolle con un viso spiaccicato sopra), musiche molto dolci e adatte all’atmosfera.
Adatto a molti, non a tutti
Considerando la complessità di alcuni argomenti mi sentirei di consigliare la visione dai 6/7 anni in poi, prima il bambino non ha gli strumenti per elaborare situazioni con questa complessità e si annoia. Meglio portarlo a vedere i Minions o un film Pixar più movimentato, come Cars o Planes.
Sala eterogenea (e piena)
Alle 22.30, sabato sera, la sala era gremita con un fritto misto di varie età, a dimostrazione dell’universalità del linguaggio Pixar, adatto a tutti. Il battage pubblicitario ha avuto il suo effetto e nessuno ha marcato visita, tutti in prima fila per seguire le avventure di Gioia e Tristezza.
È un abitante della memoria a lungo termine e spera che il suo ricordo possa essere rinfrescato da Gioia: lui e Riley devono volare (cantando) su un carrettino scassato verso la Luna.
Ad un certo punto dovremo salutare l’amico immaginario e, confessione sincera, è stato un momento molto commovente, silenzio di tomba in sala: la Pixar in tema di abbandoni (vedi Toy Story) ne sa qualcosa e sono maestri nel solleticare le giuste corde del nostro cuore.
Concludendo
Gli unici difetti riscontrati sono gli operai addetti alla gestione dei ricordi a lungo termine (abbozzati troppo in fretta, una macchia due occhi e via) e il corto bello ma abbastanza anonimo (ricordate lo stupendo Paperman di Disney?); bastava una briciola per un 10 da applausi.
Per il resto eccezionali come sempre.
Voto: 9/10
Marco
Per le immagini (e le emozioni che regalano ad ogni film) si ringrazia Disney/Pixar.