Nulla di penalmente rilevante in quella conversazione, che al momento in cui venne diffusa non solo non era stata depositata negli atti del procedimento contro Consorte, ma non era ancora nemmeno stata trascritta per essere utilizzata dai magistrati. Era però, secondo le accuse, già finita su una pen-drive in un file audio fatto ascoltare dal manager ora ricattato alla famiglia Berlusconi (ecco la ricostruzione che ne fa Repubblica) per ottenere favori per un affare in Romania (allora governo amico di Berlusconi).
La magistratura ci dirà come siano andate le cose, certo è che quella telefonata dagli effetti politici di un certo peso, è finita, usata come una clava sulle colonne del quotidiano della famiglia Berlusconi, che l'ha ricevuta in forma anonima.
Insomma, coloro che oggi sono tra i più accesi sostenitori di una legge che chiude i rubinetti sullo strumento investigativo delle intercettazioni telefoniche e imbavaglia la stampa, decretando la fine della cronaca giudiziaria, non hanno esitato ad utilizzare una intercettazione, peraltro in quel momento non contenuta in alcun atto processuale (come invece le intercettazioni della cricca di Anemone), per semplice strumentalizzazione politica. Ciò che si vuole bloccare ora, insomma, era pienamente lecito e disinvoltamente utilizzabile meno di cinque anni fa. Se questa è la politica in Italia e il rispetto che si ha per gli italiani, forse ha ragione Elio Germano.