La risposta alla prima di queste due domande è differente a seconda di chi risponde e quasi sempre, guarda caso, è opposta tra i due schieramenti politici in Parlamento. La seconda sfumatura invece ottiene quasi una reazione bipartisan da parte della politica che corrisponde ad un altrettanto fronte eterogeneo nel mondo dei giornalisti.
Ognuno, ovviamente, tira l’acqua al proprio mulino solo che ultimamente l’acqua è un po’ torbida, spesso e volentieri puzza proprio di fogna.
Qualche giornalista duro e puro, quelli famosi che hanno la schiena dritta, sostiene che è un DOVERE per il giornalista pubblicare i documenti dei quali viene in possesso e non lasciarli chiusi dentro un cassetto.
In linea di principio la frase è condivisibile nel senso che le responsabilità dell’ingresso nel dibattito mediatico di intercettazioni secretate o pubbliche ma giunte in tempo di record sui giornali con tutti i dettagli, è sbilanciata dalla parte di chi ha permesso che uscissero dalle procure e non di chi, trovandosele in mano, le pubblica.
C’è da chiedersi tuttavia quanto faccia bene alla professione giornalistica il vezzo di pubblicare tutto quello che capita fra le mani senza fare opera di discernimento. Cosa distingue un giornalista che pubblica paginate e paginate di intercettazioni senza distinzione di gravità del contenuto da un commesso di copisteria?
Ai giovani giornalisti si insegna che oltre a non piegarsi al potere (quasi sempre ad un potere in particolare, possibilmente quello che va contro l’ordine dei giornalisti) è di vitale importanza verificare le notizie delle quali si entra in possesso e tenere sempre presente che dietro ogni notizia c’è sempre almeno una persona, la sua vita, i suoi affetti, il suo lavoro e la sua onorabilità.
E’ giornalismo d’inchiesta quello del cronista che dietro la sua scrivania attende che gli arrivi via email il pdf dei documenti acquisiti allo scanner in quale antro della procura o passato dall’avvocato di una delle parti in causa? E’ giornalismo serio quello che nemmeno sfoglia, delle volte nemmeno impagina, e lo schiaffa tutto sul suo giornale?
La domanda sembra retorica eppure questo tipo di giornalismo, a destra e a sinistra, è quello più in voga negli ultimi anni.
Si basa su un principio deontologico abbastanza bizzarro che è appunto quello del “bisogna pubblicare tutto quello che ti capita sottomano”.
Un principio questo che da più parti viene definito “libertà” mentre nella migliore delle ipotesi trattasi di “incontinenza”.
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