Interconnector e il ramo su cui siamo seduti
Creato il 06 marzo 2016 da Il Viaggiatore Ignorante
I Viaggiatori Ignoranti nascono dall'amore per un territorio, quello dell'Ossola. Un territorio che racchiude bellezze artistiche, naturali e una ricchezza culturale spesso non sospettata eppure viva, carsicamente viva, potremmo dire, che richiede la curiosità dell'esploratore per essere scoperta.
Accade oggi che questo territorio (non diversamente da molte altre parti del Paese, purtroppo) sia minacciato da un progetto che rischia di deturpare spazi di alta montagna integri e di grande valore naturalistico, paesaggistico e turistico. Parliamo del famigerato Interconnector Svizzera-Italia "All'Acqua-Pallanzeno-Baggio", che prevede la costruzione di un nuovo elettrodotto da 380 kV, presentato nel 2014 dalla Società TERNA Spa (l'azienda italiana per la trasmissione in esclusiva dell'energia elettrica).In particolare, si tratta di un doppio elettrodotto che, dal Passo San Giacomo in Valle Formazza scenderebbe a Pallanzeno, dove verrebbe costruita una grande centrale di conversione - occupando una superficie di 115,000 metri quadrati peraltro in area con vincolo idrogeologico a rischio esondazione - per proseguire il percorso sino a Baggio di Milano/Settimo Milanese, dove verrà costruita un'altra grande centrale di conversione nel Parco agricolo Sud Milano.
Vogliamo dare qualche numero? Il percorso dell'elettrodotto sarà lungo 160 Km, con tralicci alti tra i 40 e i 60 metri dove il fascio di fili elettrici in altissima tensione sarà composto da un numero di cavi di corrente fino a 12 (doppia terna su due linee) più 1 di guardia. Verranno posizionati quasi 400 tralicci tra Formazza e Pallanzeno, per la costruzione e il controllo futuro dei quali saranno necessarie le solite infrastrutture al contorno quali strade di accesso, gettate di cemento, passaggi in elicottero e quant'altro.Dall'immagine scattata verso il passo San Giacomo è possibile vedere l'enorme differenza di dimensioni tra i vecchi tralicci italiani del 1954 a 220 kV (davanti) e quelli nuovi svizzeri a 380 kV (dietro). Non solo: sapete perché i fili dei nuovi tralicci viaggiano così in alto? Perché a causa dell'altissima tensione (380Kv), a una distanza di quattro metri dai fili si muore fulminati e forse basta questo "piccolo dettaglio" per dare un'idea dell'impatto ambientale di un'opera come questa. La zona del lago Kastel, dei laghi del Boden, dell'Alpe Ghighel, della Cravariola, di Matogno, della Val Agarina, sono le aree interessate da questo progetto, aree dal grande valore paesaggistico - appartenenti peraltro in gran parte alla Rete Natura 2000 - ma non antropizzate e, proprio per questo, paradossalmente considerate adatte alla realizzazione di questo tipo di opera.
Ora, perché accade tutto questo? A che cosa serve Interconnector? Qual è l'obiettivo di Terna? In teoria il tutto è pensato per importare energia dalla Svizzera, Paese che, in realtà, ha deciso di rinunciare all'energia nucleare a partire dal 2019, con la dismissione successiva delle sue cinque centrali: La centrale nucleare di Beznau I nel 2019, quella di Beznau II e Mühleberg nel 2022, Gösgen nel 2029 e Leibstadt nel 2034. Queste centrali sono quelle che ancora oggi producono quel surplus di corrente elettrica che fa gola al mercato energetico, in quanto svenduto con percentuali di sconto che oscillano tra il 25 e il 30%. Il progetto Interconnector Svizzera-Italia 380 kV di Terna SpA nasce proprio con questo obiettivo: importare energia a minor costo per favorire i grandi consumatori, le industrie così dette energivore. Il tutto a un prezzo di favore (per loro), perché sta di fatto che siamo noi contribuenti a dare un cospicuo contributo alla realizzazione di queste opere, semplicemente pagando la bolletta elettrica. Ma andiamo con ordine: in teoria, dovrebbero essere le stesse aziende energivore ad accollarsi l’investimento di questi elettrodotti, come afferma l’articolo 32 della legge 99/2009, che prevede la possibilità di realizzare un potenziamento dei collegamenti con i Paesi confinanti attraverso interconnessioni elettriche finanziate da privati, le Interconnector, per l’appunto. In realtà, però, non accade così perché noi contribuenti stiamo già pagando una notevole quota parte di questa spesa, se si pensa che l’ordine dell’importo oscilla tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro in sei anni (ovvero 400-500 milioni di euro all’anno).” Il contributo che viene destinato al progetto Interconnector è visibile sulla bolletta alla voce “dispacciamento”, una voce complessa e controversa – a proposito della quale non entreremo nei dettagli in questa sede - che, normalmente, comprende i costi necessari a far sì che la giusta quantità di energia arrivi sempre dove c’è bisogno, evitando che possano verificarsi black out e interruzioni del servizio. A proposito della quota “dispacciamento” destinata agli Interconnector, una fonte interna di Terna ha recentemente rilasciato la seguente dichiarazione al portale Qualenergia.it “il costo degli interconnector, circa 500 milioni di euro annui, sono sconti sull’elettricità che già anticipiamo ai privati che stanno finanziando nuove connessioni elettriche con l’estero”. La concessione dell’elettrodotto ai privati avrà una durata di vent’anni, al termine dei quali dovrà essere ceduto nuovamente a Terna, a un valore che non dovrà essere superiore a quello di costruzione o di primo acquisto. Ora, oltre al fatto che non è chiaro che cosa potrebbe succedere qualora le imprese coinvolte dovessero rivelarsi insolventi, c’è un altro fatto di non poco conto da considerare. La stessa Terna, infatti, ammette che il nostro Paese è in overcapacity, e cioè che in Italia ci sono quasi 25 GW di potenza elettrica in eccesso, pari a circa il 50% del fabbisogno del Paese. Il punto è che i consumi energetici, essenzialmente a causa della crisi economica, sono in calo dal 2008 e questa tendenza non si è ancora arrestata. Come spesso accade, la legge che favorisce questo tipo di infrastrutture è nata “in tempi non sospetti” e quindi prima del crollo dei consumi a cui ancora oggi assistiamo, ma a questo punto ci si ritrova uno scenario completamente diverso che non permette di giustificarla. Se in futuro non troppo lontano questi cavi non fossero più necessari, avremmo l’ennesima cattedrale nel deserto? Ma è di pochi giorni fa, inoltre, la notizia che Terna ha richiesto una sospensione di 10 mesi del processo di valutazione di Impatto ambientale. Una sospensione che sembra essersi resa necessaria per completare gli studi in materia per l’appunto ambientale che devono essere forniti al ministero. Una buona notizia, senza dubbio, che può dare un po’ di respiro a chi nel frattempo, e per fortuna, dice ad alta voce il suo no. Il comitato Salviamo il Paesaggio Valdossola sta infatti organizzando una serie di incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento. Un incontro è in programma a Villadossola venerdì 11 marzo all’ex Cinema, organizzato dall'Associazione “Dire, Fare, Cambiare”. Altri ne seguiranno, con un calendario che sarà reso noto. Chi scrive spera che siano sempre di più le persone che avranno voglia di dire no. No a un modello di crescita superato, no alle grandi opere che non fanno bene a nessuno, no a un intervento dall’utilità quanto meno dubbia, ma dall’impatto ambientale certo, con conseguenze pesantissime su aree incontaminate che dovrebbero essere la nostra ricchezza. No, infine, alla distruzione cieca di un territorio che – non dimentichiamolo – è e rimane il ramo su cui siamo seduti, l’unico, peraltro.
Per restare sempre aggiornati su Interconnector seguite la pagina Facebook dedicata
Simonetta Radice
Si ringraziano Sonia Vella e Filippo Pirazzi per il materiale e le esaurienti spiegazioni.
Potrebbero interessarti anche :