Internet e l’illusione del mondo immateriale

Creato il 14 novembre 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Mi capita abbastanza spesso, per lavoro o per diletto, di consultare Wikipedia in quanto fonte presumibilmente attendibile di informazioni. Che non lo sia del tutto, salta all’occhio limitandosi appunto alla lettura delle sue stesse pagine, senza bisogno di confrontarle con altre fonti. Provate, per esempio, a cercare informazioni demografiche su una piccola località francese: la pagina in italiano riporterà un dato (presumibilmente copiato da qualche guida turistica italiana) e la pagina in francese ne riporterà uno diverso. La stessa cosa avviene se, per ipotesi, consultate la biografia, con tanto di scheda, di un artista, di uno sportivo o di un letterato. È chiaro che per chi consulta può essere (non sempre) relativamente possibile stabilire quale sia la pagina più attendibile o aggiornata, ma si tratta di operazione supplementare e a volte rischiosa, che va ben al di là della semplice consultazione. Ed è altrettanto ovvio che sarebbe più ragionevole pensare a una redazione che si incarichi, se non di verificare tutte le fonti, quantomeno di armonizzare le pagine della stessa Wikipedia, perché non risultino in contraddizione l’una con l’altra. Ma il progetto Wikipedia, per sua natura, prevede solo contributi dal basso, senza nessun controllo e nessuna redazione che si prenda la briga di stabilire qual è la fonte davvero attendibile.
Da ancor più lungo tempo ritengo ormai del tutto inaffidabili i grandi motori di ricerca. Se non si cerca qualcosa di molto specifico e dettagliato (cosa sempre più complessa, perché ormai tutto e tutti sono presenti in molti documenti circolanti nel web), la ricerca semplice ci propone una lista priva di ordine, in cui le prime segnalazioni mai o quasi corrispondono alle più importanti. Se la persona è relativamente poco nota, di solito vengono primi i social network (e non, per esempio, il sito personale o un profilo biografico); se è famosa o famosissima, l’ordinamento privilegia articoli, lanci e dettagli freschi di giornata. Siccome in una delle mie vite precedenti mi sono occupato di documentazione e banche dati, ci metto poco a capire che i motori di ricerca operano in base a parametri, privi di controllo umano professionale, che stravolgono l’ordine delle priorità (quando non ne creano di artificiose attraverso operazioni di pirateria legalizzata).
Internet, in sostanza, ha abolito, fingendo che siano superflue, alcune figure professionali che erano ben presenti nel mondo dell’informazione tradizionale. Non perché siano inutili (anzi!), ma credo semplicemente perché, in linea di massima, ci si è abituati al fatto che nella rete tutto deve essere fruito gratuitamente, e quindi non c’è spazio per inserire nel processo figure lavorative che andrebbero retribuite e che graverebbero sui bilanci dei gestori dei siti.
Enciclopedie costruite dagli utenti, musica e film gratis, blog interattivi e quant’altro, hanno tutti diffuso l’idea che il web sia una sorta di “altro mondo possibile”, dove la merce non si paga e non esiste la proprietà intellettuale. Sistema evidentemente fasullo, perché penalizza quelle produzioni intellettuali la cui circolazione può effettivamente avvenire nella rete, mentre ovviamente non riguarda le produzioni materiali. D’altra parte, è anche vero che il web è luogo dove le produzioni intellettuali vengono veicolate, promosse e persino commercializzate, mentre le produzioni materiali si limitano ad avere vetrine abbastanza pleonastiche. Però, ancora una volta, quando si passa dalla discussione teorica e dal mi piace cliccato senza troppo impegno a un tentativo di quantificazione economica dell’interesse, i risultati sono sconfortanti. E non è un caso che a fare affari sul web sia chi vende commercialmente entità che restano nel virtuale, dai siti di scommesse a quelli di pornografia.
La sensazione è che il web sia diventato un mondo autoreferenziale, buono per chi ha solide e concrete radici in altre realtà (in soldoni: sul web mi svago, ma per la pagnotta e per la vita vera faccio cose che nulla hanno a che vedere con la rete), pericoloso e fuorviante per chi lo scambia con la realtà stessa. L’illusione che un mio parere politico, sul web, abbia la stessa rilevanza di quello di un grande politologo, o che una mia proposta imprenditoriale abbia le stesse opportunità di quella di un imprenditore con infinite capacità di investimento, è appunto pia illusione.
Qualcuno ha scambiato internet per la nuova agorà, per il nuovo spazio democratico, per il luogo della circolazione delle idee e dei saperi. E mi viene il sospetto che sia stata qualche mente astuta a farcelo credere, diffondendo l’illusione di una uguaglianza e di una parità di opportunità che nella realtà reale continua a non esistere.
Noi lo misuriamo quotidianamente, nel nostro piccolo, confrontando quanto rende seminare nel mondo reale e quanto rende seminare nella rete.
Ma è forse più semplice far notare che siamo, e restiamo, in un mondo dove un presidente del consiglio non si cura più di tanto dei milioni di post o di video che da un decennio lo sbertucciano quotidianamente sul web. Però si rattrista, si rammarica e si incazza se, mentre va a dimettersi, poche centinaia di persone lo dileggiano per la strada. Persone in carne e ossa, ovviamente.

photo by AP / Andrew Medichini @ www.ctv.ca


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