Solo una riflessione sugli eventi che ci succedono, può trasformare queste esperienze in qualcosa di utile per nostra la persona. Per interiorizzare le nostre esperienze abbiamo bisogno che queste siano vissute e meditate. Se sono toppo rapide e continue, passano sopra di noi senza entrare nel nostro profondo. Viaggiano sulla superficie. Non si trasformano in cultura.
George Simmel, parlando della differenza tra la vita metropolitana e la vita di provincia, afferma che nelle metropoli, l’intensificazione della vita nervosa ha come conseguenza un atteggiamento di indifferenza nei confronti delle cose che ci capitano. Il rapido succedersi di eventi porta la nostra anima a autodifendersi, anestetizzando le emozioni .
Se questi stimoli sono troppi e troppo rapidi, per proteggerci assumiamo un atteggiamento che Simmel definisce Blasè. Il tratto essenziale dell’uomo Blasè è la sua incapacità di reagire agli stimoli, inacapacità di capire le differenze tra uno stimolo e l’altro, perché questi, colpendoci in così rapida successione, non ci consentono di avere il tempo necessario e la forza psichica per catalogarli, fissarli in modo appropriato nella nostra mente, all’interno delle nostre esperienze di vita.
Per l’uomo blasè tutto diventa uniforme, opaco. L’essenza dell’essere blasè è “l’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze fra le cose”.
Le descrizioni della vita metropolitana che Simmel descrive così efficacemente sono direttamente paragonabili a quanto sta avvenendo, nei nostri giorni, con internet; anche Baricco nel suo I barbari afferma che è in corso un mutamento dei modi in cui noi facciamo esperienza delle cose:
La superficie al posto della profondità, la velocità al posto della riflessione, le sequenze al posto dell’analisi, il surf al posto dell’approfondimento, la comunicazione al posto dell’espressione, il multitasking al posto della specializzazione, il piacere al posto della fatica. Uno smantellamento sistematico di tutto l’armamentario mentale ereditato dalla cultura ottocentesca, romantica e borghese.
Non so se sia un bene o meno, ma questa trasformazione è sempre più evidente. Dobbiamo prenderne atto. Quello che posso dire è che sento, in questa mutazione portata dai nuovi mezzi di comunicazione, un’enorme potenzialità e allo stesso tempo percepisco una sensazione di perdita; dopo ore di navigazione a volte sento un vuoto.
Mi chiedo, cosa ho realmente appreso, imparato? Il mio tempo è stato utilizzato al meglio?
Forse il cambiamento sta avvenendo troppo velocemente per il nostro (mio) cervello. Non lo so, ma ho deciso di rallentare. Ho deciso di spegnere il computer deliberatamente per un’ora al giorno e riflettere, meditare. Magari uscire, camminare, andare al parco a leggere un libro.
Un’ora di aria e di vita.
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