Interpretare, non comprendere!

Creato il 06 settembre 2013 da Giuseppe Bonaccorso @GiuseppeB

Quando Hermes-Mercurio si faceva carico di trasferire i messaggi da un mittente ad un destinatario, lungi dal comportarsi nel modo "asettico" e indifferente del moderno rumore gaussiano che infesta i canali di comunicazione, usava tutto il suo estro per far sì che il malcapitato ricevente dovesse usare ogni sua facoltà immaginativa per cercare di penetrare le profondità nascoste ove il senso "autentico" riposava indisturbato. Il rischio di una superficialità interpretativa era l'illusione di una com-prensione (nel senso stretto di "abbraccio") che più di un pò di polvere e qualche mosca, non conteneva.

Perchè Mercurio, o meglio Hermes - da cui deriva l'aggettivo "ermetico", nella sua famosa predilezione per l'imbroglio, desiderava nascondere una verità ben più piacevole dei nefasti effetti del suo spaccio di informazioni deturpate, ovvero la possibilità, mai ultima e sempre "soggettivamente universale" (l'ossimoro è più che d'obbligo), che la propagazione del linguaggio porta con sè i pennelli e i colori che il pittore stesso ha usato nel comporre il suo quadro. In termini meno ermetici (!), l'interpretazione (l'ermeneutica) non è una scelta, ma una condizione essenziale della comunicazione umana.

Chi ancora si illude dell'oggettività del suo parlare, della perfetta corrispondenzia dialogica, del vedere negli occhi dell'altro quella complicità che non può che scaturire da una con-divisione dei contenuti, è purtroppo in preda all'illusione che Mercurio vorrebbe ri-velare (ovvero mostrare e sfatare). La via di mezzo è inoltre alquanto stretta e perigliosa, i fantasmi ben vestiti della certezza si mostrano ad ogni piè sospinto e il pover'uomo, stanco e debilitato, almeno in quel donare aria all'aria, forse, si aspetterebbe un pò di genuina compresione. E' umano, decisamente legittimo, ma nel contempo, inutilmente banale, pensare che il linguaggio, con la sua flessuosa morbidezza e il suo avvinghiarsi attorno alle intuizioni come un boa affamato, possa mai donare alla comunicazione quella cristallina e sterile durezza dell'intrinseca significazione. Il caro Nietzsche ne sa qualcosa!

Comunicare è solo una forma di raffinata di truffa e in ciò Hermes, per nulla stanco del suo primo incarico, quello di essere dio dei ladri e degli imbroglioni, fa piena economia di mezzi; d'altro canto, se la sua azione eterea e impalpabile non mettesse ipso facto in guardia i suoi "clienti", il rischio sarebbe ben peggiore di un'eterna Babele, se non altro perchè in quest'ultimo caso l'incomprensione era palesemete evidente. Al contrario, il mercuriale servigio non è così banalmente rozzo: egli corrompe piccoli pezzi, inserisce variazioni qua e là, colora ove la tela è rimasta bianca e, quindi, con-crea il senso.

Un senso che, lungi dall'essere congelato al momento del suo distacco dal mittente, si lascia troppo facilmente affascinare dalle avances di Hermes e si prepara, quindi, ad un'entrata solenne nel palcoscenico dello spettacolo. La differenza, forse, è che in questa situazione la regia e il copione sono sempre nelle mani del destinatario che, volente o nolente, non può mai sottrarsi dal piacevole o ingrato compito dell'interpretazione, ovvero dell'appropriazione di quell'alato significato che, una volta tra le mani del ricevente, attende con ansia di trovare, "finalmente" una forma rinnovata dopo un lungo viaggio tra nubi ed intemperie.


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