Chi l'avrebbe mai detto, quando nei cinema inglesi uscì Following, che il regista Christopher Nolan sarebbe diventato il nuovo re Mida di Hollywood? Infatti la sua è stata la mente che ha rivitalizzato un brand ai tempi quasi dimenticato come quello di Batman, senza contare la libertà che ha avuto nel realizzare un blockbuster imponente quanto rischioso come l'imperfetto Inception, immettendo così anche nel cinema 'di cassetta' momenti che potessero far discutere sia gli spettatori occasionali che i cinefili. Era quello che aveva cercato di fare anche con l'uomo pipistrello di Casa DC Comics, realizzando un secondo capitolo a dir poco stellare e un terzo atto conclusivo che rischiava di sfociare nel disastro più completo. Personalmente quindi attendevo questo Interstellar per vedere se, ora che è libero da ogni vincolo cinefumettistico (e cercando di dimenticare la produzione del fallimentare Man of steel), riesce a spiccare il volo, con una maggiore consapevolezza e un senso di cinema che può piegare unicamente alla propria volontà. E in giro si dice che stavolta ci sia riuscito alla grande, parola di zio Quentin Tarantino, non proprio il primo stronzo che passa (anche se è reo di aver promosso a pieni voti una schifezzona come Kick-ass 2) il quale assicura come questo film si avvicina ai toni di un artista come Terrence Malick, quindi se lo dice lui allora forse c'è proprio da crederci. Io comunque mi astengo dal fare eccessive aspettative, mi limito ad andare a vedere questa attesissima pellicola e di sperare che il buon Nolan sappia meravigliarmi come aveva spettacolarmente fatto quasi un decennio fa con quei capolavori di Memento e The prestige.
In un classico futuro prossimo la Terra è devastata dai cambiamenti climatici, che hanno reso quasi impossibile l'agricoltura. Solo il granturco è l'unica pianta che resiste, mettendo a dura prova tutta l'umanità. Cooper, ex astronauta reinventatosi, ottiene il compito di viaggiare attraverso un wormhole per trovare un pianeta su cui trasferire l'umanità.
Inizialmente questo doveva essere un progetto di Steven Spielberg, che voleva dirigere un film che si basasse sulle teorie del fisico Kip Thorne circa la possibilità dei viaggi nello spazio. Il compito di scrivere la sceneggiatura era stato affidato a Jonathan Nolan, fino a che il progetto non era saltato e suo fratello Chris decise di prendere le redini del tutto, riscrivendo tutto e immettendoci nuovi concetti. Possiamo dire quindi che questo sia un film nolaniano al cento per cento? Sì, lo è. E' una matrioska molto complicata, ma solo in superficie, che nel suo arzigogolarsi su sé stessa cerca di farsi portavoce di un particolare messaggio. E qui lo fa in maniera molto ambivalente, si fa amare alla follia per certe trovate ma anche odiare profondamente per altre. Diventa una visione impegnativa per questo, perché offre un tale scossone di emozioni da non lasciare a fine visione la mente totalmente integra. C'è una prima parte che forse non ha il mordente necessario, troppo ridonante e didascalica, ma che funziona in quelle che forse sono le scene meno spettacolari (il countdown che si sente quando Cooper si allontana con la macchina... brividi!) e offre certe scelte narrative che magari potevano essere effettivamente gestite meglio. Poi si parte per lo spazio e il film ci offre degli scorci magnifici, delle piccole, grandi meraviglie di arte concettuale, anche se il film è in una fase di stallo. Troppe teorie, troppe cose, un personaggio che muore nell'indifferenza generale, loop molto fichi ma apparentemente fini a sé stessi e una certa freddezza nei personaggi (uno rimane solo su una nave per vent'anni ma non mostra segni di squilibrio mentale) che mi ha lasciato abbastanza scettico. La situazione continua così per un periodo di tempo abbastanza preoccupante, poi però succede una cosa molto strana: ci sono le opportune rivelazioni, viene inserito un personaggio che fa una cosa forse telefonata ma che mi ha colto letteralmente di sorpresa e, proprio con l'innescarsi di tutte queste dinamiche, il film mostra veramente il suo cuore. E il cuore è dalla parte giusta, questo è indiscutibile. Nolan mostra ancora una volta qual è la peculiarità del suo cinema, dove possiede la piena padronanza ma dove ancora ha delle dovute carenze. Nolan è un architetto molto ambizioso, che ai suoi palazzi costruisce delle solide basi ma, forse, non sa quando fermarsi, costruendo delle torri così alte che a un certo punto non riescono più a sopportare il loro stesso peso. E più le sue storie si fanno ambiziose, più è facile trovare i loro punti deboli. Forse Interstellar è un film molto più semplice di quello che sembra, forse tutta quella complicazione che ci è stata costruita
intorno serve proprio a mascherare una storia che altrimenti sarebbe apparsa troppo rudimentale. Ma alla fine cosa ne resta? Resta la storia di un viaggio, un viaggio oltre i confini del tempo (letteralmente!) e dell'uomo. Ma non paragoniamolo a 2001 - odissea nello spazio o a Solaris, perché in ambo i casi si va a parare proprio in tutt'altra direzione. Nel capolavoro di Stanley Kubrick l'uomo era mera cosa, un nulla che sopperiva dinanzi all'immensità dello spazio e delle domande che non avrebbero mai avuto una risposta; in quello di Tarkovskij invece l'amore ci dava la nostra umanità, ma era solo una flebile ancora di salvezza in quello che era un mare di assoluta disperazione, dove anche la salvezza poteva essere relegata come un'illusione. Qui l'uomo è il centro assoluto, l'essere che ha distrutto il proprio mondo per stupidità ma che riesce a reinventarsi per una semplice cosa: l'amore. L'amore è quello che supera ogni trascendenza, che permette di rinnovarsi e, in qualche modo, di non morire mai. L'uomo stesso è la causa della propria dannazione così come lo è della propria salvezza. Discorso forse vagamente buonista ma che, nella mani di un regista capace, ci regalano delle scene di bellezza assoluta, forse quelle più riuscite di tutto il film e che ne danno la giusta chiave di lettura. E succederà che in mezzo a tutti quegli scenari magnifici, a quelle discussioni quantistiche, a quei viaggi e a quei sfasamenti temporali, quel micro finale rivelatore sarà la cosa che si ricorderà più di tutte. Perché anche il vuoto dello spazio si può riempire con una piccola luce.Nolan non realizza il capolavoro che molti speravano. Ma realizza un buon film, dimostrando che in quello che fa ci mette amore. E questa, alla fine, è la cosa più importante.Voto: ★★★½