Interstellar, l’odissea dei sentimenti firmata Nolan

Creato il 07 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Ieri è finalmente uscito nelle sale italiane Interstellar, l’ultimo attesissimo lavoro di Christopher Nolan, con protagonista il premio Oscar Matthew McConaughey, insieme ad Anne Hathaway e Matt Damon. In un mondo devastato dalla carestia dovuta ai drastici cambiamenti climatici, un gruppo di scienziati NASA intraprende un viaggio spaziale attraverso un wormhole alla ricerca di altri luoghi fuori dalla nostra galassia dove la vita umana sia possibile. Si tratta senza ombra di dubbio di un kolossal fantascientifico, che rimanda per molti versi a 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, e a tutto un cinema di “ fantascienza d’autore “ che recentemente ha avuto grande successo di critica e di pubblico con Gravity di Alfonso Cuaròn. Per la realizzazione di Interstellar Nolan, insieme al fratello Jonathan che ancora una volta cura insieme a lui la sceneggiatura, ha preso ispirazione dagli studi del fisico Kip Thorne. Ma quello che il regista, in questo suo ultimo costosissimo lavoro ( un budget da 165 milioni di dollari, più o meno lo stesso di Inception ma inferiore a quello per Il Cavaliere Oscuro-Il ritorno ) vuole tentare di costruire non è un film per scienziati o amanti della fisica. Non è, tantomeno, un film che vede come suo vero punto di forza gli effetti speciali ( in questo Gravity è nettamente superiore, ma anche i precedenti lavori di Nolan ).

L’impressione è quella che Nolan abbia costruito un film enorme, che sovrasta per ben tre ore lo spettatore il quale, soddisfatto o meno, è senza dubbio consapevole di aver assistito a qualcosa smisuratamente più grande di lui. A ben vedere però, il succo del film sta nella semplicità dei rapporti umani, in particolar modo nell’amore che il personaggio di McConaughey prova per una figlia con evidenti problemi psichici, alla quale fa promessa di ritorno, pur non sapendo come e quando ( “ magari quando tornerò, avremo la stessa età “ ). A parere di chi scrive, l’intento del regista inglese è stato quello di dar vita a un film più personale, che magari non coinvolgerà e non appassionerà quanti si sono affezionati a lui con la trilogia di Batman e con Inception. È un lavoro che, nonostante tutta la sua grandiosità e imponenza, parla semplicemente di noi esseri umani, intesi come persone, dell’egoismo di alcuni, del coraggio di altri. E il fine ultimo è proprio quello di emozionare non con gli effetti speciali, ma con i sentimenti sinceri, che un robot come Tars ( erede diretto dell’Hal 9000 di Kubrick ) può provare più di tante persone.

Un film maestoso, in tutti i sensi, che sfrutta tutta questa maestosità per spiegarci come l’amore e i legami vadano oltre ogni logica spazio-temporale. Un’intenzione già accennata in Inception e ora sviluppata. Tanti autori avrebbero potuto raccontare altrettanto con molti meno soldi e molta meno spettacolarità, ma il cinema di Nolan è questo, e per essere sincero non può distaccarsi dalle sue ambizioni autoriali, che lo portano a girare il film in una combinazione tra pellicola 35 mm e tecnologia IMAX 70 mm. E così, tra luci e citazioni Kubrickiane ( senza però mai cadere nella banalità ) ci si dirige verso il finale, magari povero di empatia ( forse una scelta voluta ), ma sicuramente coinvolgente e toccante.
A detta di diversi detrattori, questo film non passerà alla storia del cinema, e non sarà neanche annoverato tra i lavori migliori di Nolan. Forse è proprio così. Senza dubbio però, si tratta di un’opera importante di un autore che a poco più di quarant’anni ha già dato parecchio al cinema di fantascienza e, nonostante tutte le logiche e le inevitabili pressioni hollywoodiane, è ora in grado di permettersi un lavoro più intimo e riflessivo, consapevole dei rischi. Lodevole.

di Massimiliano Zolo

Tags:interstellar,McConaughey,nolan,recensione

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