E’ proprio vero quello che si legge su Pantelleria, la “perla nera” di origine vulcanica al centro del Meditteraneo: è un isola che puoi amare o odiare, senza alcun compromesso.
Il nostro, è stato amore a prima vista… il classico colpo di fulmine!
Quest’isola, situata, più vicina alle coste tunisine che siciliane, ci ha offerto una settimana da favola.
“E’ domenica, tardo pomeriggio: l’atterraggio è dolce, nonostante il vento forte e le difficoltà che una pista come quella dell’aeroporto pantesco può serbare. L’aereo raggiunge la zona parcheggio e, a piedi, percorrendo pochi passi, entriamo nel piccolo aeroporto a conduzione familiare (questa è l’impressione) e aspettiamo la consegna dei bagagli che arrivano dopo pochi minuti di attesa.
Solo una porta scorrevole separa questa area dall’inizio della nostra vacanza, una sola uscita presidiata, in maniera discreta, da un finanziere.
Incontriamo Andrea, il nostro contatto sull’isola, nonché proprietario del dammuso (tipica abitazione pantesca e simbolo della sua civiltà contadina) che abbiamo preso in affitto, il quale, dopo aver reso gli onori di casa, ci accompagna a destinazione in località Bugeber.
Per scoprire l’isola in lungo e in largo noleggiamo una Citroën Mehari di colore rosso-arancio, una piccola autovettura anni ’70 con la carrozzeria in termpoplastica (o vetroresina), che estremizza appieno il concetto di spartanità in linea con quella che scopriremo poi essere la caratteristica principale dell’isola.
E’ agli arabi che si deve il nome “bint el-Rhir”, la figlia del vento. Un nome non scelto a caso perché Pantelleria è sempre battuta dal vento forte, vento che ci farà compagnia per tutta la durata della vacanza e, in maniera insistente, soprattutto nei primi giorni.
Approfittiamo del meteo non troppo favorevole per fare delle escursioni nel cuore dell’isola, la Favara Grande, una piana dall’aspetto particolarmente selvaggio, dove vapori bollenti escono dai crepacci e dalle grotte naturali sparse un po’ ovunque e l’odore di rosmarino e finocchietto selvatico rende l’aria piacevolmente profumata . La Montagna Grande (che con i suoi 836 metri di altezza rappresenta la vetta più alta dell’isola) è quasi nascosta dalle nuvole oscure spinte dal vento. Ma non pioverà!!
Abbiamo qualche difficoltà con le indicazioni turistiche relative ai luoghi da visitare, a volte assenti mentre altre volte completamente illeggibili.
Attraversiamo ancora piccoli borghi e località dai nomi arabeggianti come Gadir, Sibà, Khamma, Kartibugal e Rekale, solo per citarne alcuni.
Pantelleria, ci dicono, è una terra povera di piogge ma fertilissima grazie ai depositi vulcanici e, per questi motivi, votata all’agricoltura e non alla pesca come verrebbe più facile immaginare.
Per proteggere le coltivazioni dal vento forte, le viti vengono interrate in piccole cavità, gli agrumeti protetti da alti muretti e gli ulivi vengono potati in modo che i rami restino bassi tanto da sembrare dei bonsai.
La natura dell’isola offre paesaggi molto variegati, dove vasti terrazzamenti di vigneti e capperi (gli “ori” di Pantelleria) si alternano alla tipica macchia mediterranea – punteggiata da fiori gialli e lilla – verdi cespugli e boschi di pini, ginepri e lecci dell’entroterra montano.
Il contrasto cromatico, a volte, mi fa pensare a certe immagini elaborate al computer con programmi ad hoc, tali da renderle quasi surreali.
Quando il vento soffia forte ci sono alcuni luoghi sull’isola dove, comunque, è possibile fare il bagno; calette appartate perfette per lo snorkeling e le immersioni o, più semplicemente, per godere del sole e abbronzarsi un po’.
Il “Laghetto delle Ondine” in località Punta Spadillo è uno di questi luoghi suggestivi: una piscina naturale raggiungibile a piedi destreggiandosi (soprattutto nell’ultimo tratto) fra gli scogli, collegata al mare aperto da un piccolo passaggio, una vera e propria oasi in cui fare il bagno in un'atmosfera di assoluta tranquillità e relax.
Il Laghetto delle Ondine
Per dirla tutta, Punta Spadillo con la sua macchia mediterranea, che si staglia tra le rocce laviche come uno smeraldo incastonato su una pietra preziosa, ed il suo faro a salvaguardare le imbarcazioni in navigazione, è uno dei luoghi che più ci ha affascinato.
Sull’isola le strade asfaltate si contano sulle dita di una mano e non ci sono spiagge; le località balenabili si raggiungono percorrendo lunghi tratti di strada e sentieri sterrati, e solo dopo aver lasciato la strada principale dell’isola, chiamata “perimetrale” (un tour lungo 45 chilometri), costruita per motivi bellici durante il ventennio fascista.
Tuttavia, quando si arriva a destinazione, il panorama e il mare ripagano appieno dei piccoli disagi (già messi in conto) affrontati, come quando raggiungiamo le rocce di Balata dei Turchi, ideali per sdraiarsi a prendere il sole o l’Arco dell’Elefante, una splendida scultura naturale che somiglia incredibilmente ad un grande pachiderma immerso con la sua proboscide a dissetarsi nel limpidissimo tratto di costa sottostante.
L'Arco dell'Elefante
Per godere Pantelleria a 360° è necessario, tuttavia, circumnavigarla e per questo motivo è opportuno utilizzare una imbarcazione. Al porto del paese c’è ne sono per tutti i gusti. Noi abbiamo scelto di fare il giro turistico imbarcandoci sulla “Futura”.
Futura e Futura 2
Ciao... da Pantelleria (al porto)
Abbiamo avuto modo, così, di ammirare un susseguirsi di cale, promontori e grotte, pareti che si elevano ad altezze spettacolari o multicolori di tufi, ossidiana e basalto di località Saltalavecchia.
Decidiamo così di concederci una cena romantica presso il ristorante “La Vela” a Scauri.
Il posto è molto pittoresco e i tavoli sono sistemati a pochi metri dal mare…Ottima la cucina e il conto che troveremo “ragionevole”.
E' domenica ormai, il giorno della partenza. Comunque programmiamo di trascorrere le ultime ore di relax al “Laghetto delle Ondine” perché questo luogo ci è proprio piaciuto…Pantelleria è un isola diversa, ricca di contrasti, un posto dove pensiamo di ritornare.Altre cartoline...
Fico d'india
Colors
Colors 2
Dammuso solitario
Dammuso e vaso arancio