Guido Bisagni, aka 108, è artista e writer italiano. Le sue opere concettuali, dalle forme astratte caratterizzate dall'uso del nero e da una serie di dettagli colorati si trovano in numerose città europee. La sperimentazione di 108 l'ha portato ad lavorare con numerose forme espressive, non solo pittura ma anche scultura, suoni e installazioni. Nella produzione di 108 troviamo anche una serie di tele e serigrafie, una serie di lavori che identificano e contraddistinguono il lavoro dell'artista dimostrandone la maestria di concretizzare il proprio pensiero e trasformarlo in un gioco fra forma e colore.
chi è 108? perchè questo numero? 108 sono io Guido. Dopo aver fatto graffiti classici (lettere) per gran parte degli anni '90, verso la fine di quel decennio per varie ragioni decisi che volevo cambiare, trovare qualcosa di mio, ero stufo di copiare cose che venivano dagli USA e in quel periodo c'erano molti artisti interessanti in Europa che stavano creando qualcosa di nuovo. In oltre io non c'entravo molto con il giro hip hop, e allo stesso tempo a causa dei miei studi venni a contatto sempre più seriamente con le avanguardie di inizio '900. Per farla breve decisi di eliminare le lettere, ma non andare verso la figgurazione come facevano molti, anzi di diventare sempre più grezzo e semplice. Depersonalizzarmi completamente. Così volevo anche cambiare il nome, ma niente mi convinceva. Poi alla fine mi venuta l'idea: usavo numeri per intitolare certi pezzi “musicali” di puro rumore che stavo facendo con il mio computer che non avevano alcun collegamento con la realtà. Allora pensai di fare lo stesso con il mio nome, usare un numero. Nessuno lo aveva mai fatto, molti avevano un nome seguito da un numero ma era completamente una cosa diversa. Così decisi di usare una cifra. Io sono appassionato di antropologia e per me l'arte ha una valenza magica importantissima quindi decisi di usare un numero magico per eccellenza, il 108 appunto. una parte del tuo lavoro comprende opere di streetart, che ruolo hanno? ce n'è una in particolare che rappresenta il tuo lavoro e a cui sei più "affezionato"? Se devo essere sincero (e so che sono cazzate) non ho mai usato quel termine per definire il mio lavoro. Facevo graffiti, poi ho tolto le lettere, magari sono sempre graffiti? Comunque diciamo che gran parte del mio percorso artistico si è sviluppato su superfici pubbliche e questo è stato essenziale per quello che faccio oggi. Comunque per me la parola “street art” oggi è completamente priva di senso vedendo quello che gira e si vede oggi. Comunque non è molto importante, io mi considero un astrattista per quanto riguarda la parte pittorica perchè la mia ricerca parte da persone come Kandinsky, Malevich o Jean Arp.Quando iniziai a dipingere forme astratte l'idea mi venne vedendo alcune grandi pitture murali astratte di Mirò e altri lavori primitivi, per esempio quelli degli aborigeni, anche perchè quella che noi oggi chiamiamo “street art” esisteva solo sottoforma di Stencil che a me non interessava e qualche poster, quindi si facevano esperimenti e si vedeva cosa succedeva. Io continuavo ad usare gli spray, il rullo a volte ma per fare prima provai con la carta adesiva. Sono particolarmente affezionato alle forme nere molto grezze fatte usando solo il rullo, vernice nera molto allungata dipinte su muri molto vecchi. Non ce n'è uno in particolare è un tipo di lavoro che credo mi rappresenti più degli altri, esteticamente e concettualmente. Dalla StreetArt,la svolta verso opere di più modeste dimensioni. Tele, serigrafie e altro. Come è avvenuto questo passaggio? Non sono d'accordo. Quando ho iniziato facevo forme di dimensioni abbastanza ridotte, 2-3 metri massimo, se usavo spray e vernice, qualche decina di centimetri se usavo carta adesiva. La dimensione non ha mai avuto molta importanza per me. I muri molto grandi ho iniziato a farli quando è arrivata la moda del “più grosso è, più bello è” nel giro dei festival, una cosa molto stupida che non ha molto senso per me. Ovviamente sono molto soddisfatto di alcune grandi facciate che ho fatto, ma sicuramente non è quello il mio obbiettivo primario. In oltre Quando ho iniziato con le grandi pitture murali lavoravo già su tela e carta. Se ti riferivi al fatto di lavorare su superfici classiche o muri, quello ha un senso. Per me è primario fare quello che voglio senza intermediari, è per questo che ho sempre problemi con questa storia della street art. A me piace lavorare ai miei progetti, quello che mi viene in mente, lo voglio realizzare: può essere un muro, una scultura, una tela o un video. Per me dover passare attraverso l'organizzazione di un festival a volte è già un problema, non ho mai amato fare compromessi. A quel punto tanto meglio dipingere su tela, se ti piace ti piace se no pazienza. Le tue opere presentano forme monocromo, che talvolta interagiscono con frammenti di colore. Cosa trasmettono? e cosa rappresentano i soggetti? Le mie opere sono nel 99% dei casi completamente astratte. A volte qualcuno ci può vedere qualcosa ma non è così. Quindi non rappresentano niente. I titoli che do alle mie opere molte volte sono legate ai cicli della natura, agli spiriti o per esempio a degli stati mentali. Le forme hanno importanza in quanto forme, e i colori in quanto colori. A volte anche i numeri hanno una loro importanza in quello che faccio, comunque principalmente i miei lavori sono portali, buchi vuoti in cui entrare e allo stesso tempo forme solide. A volte mentre li faccio cerco di dare forma, di comunicare una mia personale mitologia dell'ignoto, altre volte cerco di creare una forma un rituale che mi aiuti a perdermi e a distaccarmi da questo mondo. Alcuni tuoi lavori si presentano come una serie, racconti una storia dove giochi con la variazione delle forme e dei frammenti di colore. Che ruolo hanno nella tua produzione queste serie? Molte volte vedo quello che faccio come completamente piatto, bidimensionale e immobile. Altre volte ho una visione di queste forme che si espande nelle tre dimensioni e nel tempo. Mi piacerebbe fare delle strutture mobili o dei video, ma visto che sono molto pratico inizio subito a disegnare e vedere se riesco a dare un'immagine a certe idee. In ogni caso sono idee immateriali, e qualsiasi rappresentazione sarebbe imperfetta, quindi molte volte la forma parte dal gesto. Queste serie vengono fuori quando credo che sia necessario ma non è una cosa forzata o decisa per forza, il caso ha sempre un'importanza fondamentale per la realizzazione di un pezzo. Mi piace poi lavorare con le diverse forme, ho fatto diversi trittici, ma di solito non sono esattamente serie, sono tre elementi complementari.