Cosa vuoi dire con WUH!?
‘WUH!’ è una parola ‘importante’ per la raccolta e per un racconto in particolare e se ne svelassi il significato, rischierei di comprometterne la prima lettura, è più interessante scoprirlo tra le righe del libro stesso. Se intendi invece cosa voglio dire con questa raccolta di racconti allora la risposta è un’altra. Voglio esprimere l’idea di una vita fuori dagli schemi che esuli dall’ipocrisia e dai luoghi comuni e che sfrutti l’ironia come via di uscita quando ogni cosa sembrerebbe persa.
Questo è il tuo primo libro. Da quanto tempo lo stavi incubando?
In realtà, il primo libro che stavo incubando sarebbe un altro che però uscirà almeno come secondo, questa è una raccolta di racconti nata per volontà del caso. Grazie al fato, insomma.
Com’è avvenuto il tuo incontro con la Gorilla Sapiens?
Ho sempre tenuto d’occhio l’underground dei concorsi letterari e mi rispecchio nel termine ‘urban’, amo la metropoli in ogni sua sfumatura, e quell’imprevedibile casa editrice della Gorilla Sapiens che ti combina? Indice un concorso letterario intitolato ‘Urban Noise’ e lo pubblica su uno dei siti di concorsi che tengo da conto. Zac! Ecco un mio racconto ‘Il Ciriola’ pubblicato e da lì siamo passati in poco tempo a ‘WUH!’ dopo un intenso passa-mail tra racconti accettati e altri scartati.
Dal tuo canto, quanto è stato difficile riuscire a farsi pubblicare?
E’ dura diventare autore. Serve moltissima umiltà. Gli ostacoli sono tanti. Le esperienze negative sono all’ordine del giorno, celate dietro a una sconfitta o a un giudizio sfavorevole o, peggio ancora, all’indifferenza. C’è inoltre quel detto ‘in Italia si legge poco e si scrive troppo’ che incombe sull’autostima come una mannaia da boia. Di tanto in tanto ho vinto qualche concorso, ma nessuno mai aveva accettato la sfida di pubblicarmi. C’è voluta molta determinazione e anche la fortuna di scovare il concorso giusto al momento giusto e, ovviamente, con la casa editrice giusta.
“WUH!” è una raccolta di racconti brevi. In quale delle sue storie ti ci rivedi di più? O meglio ancora: quanti dei racconti sono più o meno autobiografici?
Negli anni ’90 ho partecipato ai rave, adunate di musica elettronica, e ho conosciuto un mondo incredibile, eccentrico e colorato e da lì sono partiti alcuni spunti, però in ogni ispirazione c’è sempre prima il desiderio di raccontare una storia particolare, interessante e possibilmente mai scontata. L’autobiografico è un passaggio dovuto per l’autore nel quale egli affina le proprie capacità sfruttando il vissuto. Nel passa-mail con la Gorilla Sapiens c’erano anche racconti autobiografici, ma sono stati scartati, sarà un segno che quella fase l’ho superata?
Tra Trainspotting e Fight Club cosa sceglieresti?
Sono due romanzi che ho apprezzato molto. Ho sempre avuto qualche difetto: perdo l’attenzione, mi annoio facilmente, faccio fatica a leggere un tipo di scrittura che non sia scorrevole, interessante e concisa, perciò in entrambi i casi si è trattato di una bella lettura che poi è diventata anche un insegnamento.
Obbligatoriamente segue un’altra domanda: a quali libri e scrittori ti ispiri.
Il mio libro preferito è ‘Una banda di idioti’ di John Kennedy Toole, uno scrittore trentenne morto suicida prima che il suo capolavoro fosse stato apprezzato dal mondo intero. Gli altri scrittori ai quali m’ispiro sono tanti, anche perché leggo di tutto, diciamo però che Luigi Pirandello, Dante Alighieri, Dino Buzzati, Ian McEwan, Celine, Raymond Carver, Flannery O’Connor, Hunter S. Thomson, Irvine Welsh, Nick Hornby, Gregory David Roberts, Mordecai Richler, Charles Bukowski (e sicuramente mi verrà in mente qualcun altro a intervista pubblicata) sono e sono stati un caposaldo della mia curiosità letteraria.
Non c’è due senza tre: quali sono le tue ultime letture?
Dicevo che leggo di tutto, quindi, oltre a ‘Skagboys’ di Irvine Welsh, ho letto e sto leggendo ‘Bullfighting’ di Roddy Doyle, ‘Piccolo manuale di autodifesa verbale’ di Barbara Berckhan e un libro che mi ha sempre incuriosito con le sue trentamilioni di copie vendute dai lontani anni ’30, si tratta di ‘Pensa e arricchisci te stesso’ di Napoleon Hill, non è un romanzo, ma è scritto molto bene, come per esempio anche ‘Story’ di Robert McKee che sarebbe un manuale di sceneggiatura, ma è anche un gran libro da leggere.
La tua biografia è ironica ma altrettanto oscura. Non capisco se è un artificio creato appositamente per aumentare il fascino attorno a te o semplicemente ami mooolto la privacy – attitudine che non va d’accordissimo con le interviste e il desiderio di pubblicare.
Riguardo al rapporto tra privacy e autore mi viene sempre in mente J.D. Salinger e la sua vita nascosta per più di mezzo secolo, ma non è il mio caso, diciamo che mi annoiava riportare le solite esperienze fatte fino a ora. Comunque la mia biografia su ‘WUH!’ è più biografica di quello che sembri.
Ma la cagnetta Berta esiste davvero?
Certo che esiste! E’ una graziosa meticcia bianca. Vedi che la biografia è biografica?
Il mondo è davvero un “mondo triste”, come recita la quarta di copertina di WUH!
Assolutamente no, è l’uomo che con la tristezza può dipingere di grigio la realtà. Il mondo è pieno di esperienze stupende e gratificanti. L’aneddoto del mondo triste è nato perché uno dei racconti di ‘WUH!’ inizia con ‘Ragazzi questa è una storia triste. Dio quanto è triste!’, si tratta di un incontro caustico tra un nerd e una hippy. Questo frammento d’incipit ha ispirato anche la quarta di copertina e da lì il gioco di parole che si comprende in pieno solo dopo aver letto il libro. Mi spiego meglio, un lettore prende in mano ‘WUH!’, guarda la copertina, fa caso al colore, ai disegni, poi passa alla quarta di copertina (il fondo del libro per gli ignari), la legge e si chiede il perché, poi scorre l’indice e passa alla lettura dei racconti e a un certo punto fa: ah ecco il perché!