Intervista a beatrix k.

Creato il 27 aprile 2015 da Linda Bertasi @lindabertasi

Ciao Beatrix, benvenuta nel mio blog. Partiamo dallo pseudonimo con il quale firmi le tue opere, perché questa scelta letteraria?
Ciao Linda, grazie per avermi ospitata e per questa domanda che mi consente di parlare del mio pseudonimo. Infatti Beatrix K mi sta molto a cuore, è la parte creativa di me, e mi firmo così da quando sono piccola. Mi diede questo soprannome il mio primo allenatore di pre-pugilistica e, trovandolo molto affascinante, l’ho sempre mantenuto.
La laurea in Comunicazione, la specializzazione in Informazione e Sistemi Editoriali e l’iscrizione all’albo dei giornalisti pubblicisti. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura?
Tutto il mio percorso di studio e di lavoro si basa sulla scrittura semplicemente perché la scrittura è la mia vita: non ho ricordi di me senza una penna in mano o un libro da leggere, sin da piccola ero affascinata dalle parole e sono stata precoce nello scrivere e nel parlare, ho sempre avuto molta fantasia e la necessità di alimentarla. Da piccola avevo sempre con me un vecchio registratore a cassetta e intervistavo i miei familiari, per cui direi che la scintilla è nata con me.
Da dieci anni collabori con riviste cartacee e giornali online, lavori in qualità di editor per autori e case editrici. Dove trovi il tempo per scrivere?
Il tempo per scrivere si trova sempre anche nei periodi più densi, anzi, è proprio in quelli che si fa più necessario. Sarebbe come vivere in apnea altrimenti. Spesso scrivo di notte se non ho tempo di giorno, oppure su foglietti improvvisati anche in metro durante gli spostamenti quotidiani. Dappertutto e in ogni momento utile insomma.
Conduci anche laboratori di scrittura per ragazzi disabili. Parlaci di questa interessante iniziativa.
Ho iniziato a lavorare in contesti di disagio sociale nel 2005 nell’ambito dell’arte-terapia, che può riguardare i più diversi campi artistici: dalla danza, al teatro, al canto, al disegno alla stessa scrittura. Mi è capitato di condurre laboratori di giornalismo o di scrittura creativa sia con ragazzi disabili che con minori in transito in Italia da Paesi dilaniati dalla guerra e, sebbene le problematiche siano differenti, esiste la stessa necessità di espressione e di ascolto e la scrittura è in questo senso un canale privilegiato poiché, grazie alla presenza di un foglio bianco tra se stessi e il mondo esterno, regala la possibilità di raccontarsi e aprirsi senza alcuna vergogna, accettandosi per come si è e prendendo coscienza della ricchezza delle proprie emozioni. La scrittura è un’ancora di salvezza talvolta. Per me lo è sempre stato e per questo desidero mostrare anche ad altri questa via.
Possiamo definire il progetto ‘Inthematrix.it’ il catalizzatore per la tua carriera di autrice. Di cosa si tratta nello specifico?
'Inthematrix' è un progetto che cullavo da tanto e che da luglio 2014 è diventato effettivo, anche grazie alla realizzazione di un sito internet da parte del mio amico e collega Marco Lipford. Nasce dall’esigenza di lavorare in proprio e di catalizzare su un’unica piattaforma tante diverse professionalità che possono cooperare per la produzione di un unico risultato: un libro. Il prodotto libro è in effetti qualcosa di complesso: c’è chi lo cura (l’editor), chi lo revisiona (il correttore di bozze), chi lo impagina e confeziona (il grafico), chi lo presenta alle case editrici (l’agente), chi lo promuove (l’addetto stampa), chi lo traduce (il traduttore) e così via. Bisogna unire le forze e credere in un’editoria sana, dove ogni professionalità mette a disposizione la sua competenza per tirar fuori dall’autore il meglio, e da autrice avrei sempre sognato di aver a disposizione un servizio simile: da questo bisogno nasce inthematrix.
Nel 2013, partecipi al Premio 'Io Racconto’ e il tuo lavoro “Estate del terzo tipo” viene inserito in un’antologia. Di cosa si tratta?
Il Premio 'Io Racconto' l’ho conosciuto su Facebook e nell’estate del 2013, avendo scritto un racconto interessante, decisi di iscrivermi, come primo tentativo di partecipare a un contest. Non ho vinto, ma il racconto “Estate del terzo tipo” fu comunque selezionato per entrare a far parte dell’antologia del premio, dunque fu la mia prima effettiva pubblicazione di un racconto. Era uno scritto di fantascienza, quell’estate stavo leggendo Dick, uno dei miei autori preferiti, e dunque ero molto suggestionata da visioni cibernetiche della realtà.
Nel 2015, partecipi al concorso ‘Caterina Martinelli’ e il tuo racconto “Il sogno americano” riceve la menzione d’onore. Cosa ricordi di questa esperienza?
Non ho mai partecipato a molti concorsi, ma quest’anno ho deciso di mettermi alla prova, sento il bisogno di confronto ed è questo il significato dei concorsi secondo me. “Il sogno americano” si basa su un’esperienza reale, trasfigurata dalla mia fantasia e dunque lo definirei comunque un racconto di genere fantastico.Sebbene lì per lì mi piacesse quella storia e il modo in cui l’avessi resa e avessi ricevuto pareri positivi delle persone che l’avevano letta, non avrei mai creduto di riuscire a rientrare tra i primi dieci racconti del Premio e di ricevere quindi la menzione d’onore, mi sento molto felice di questo risultato e molto più fiduciosa verso il mio futuro di scrittrice.
Sempre nel 2015 esce il tuo romanzo d’esordio “La leggenda degli Intarsicats”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
I lettori troveranno una storia di fantasia e un mondo surreale che tuttavia ritengo non sia così tanto lontano dalla realtà di molti di noi. Infatti, pur piena di elementi suggestivi e fantasiosi, “La leggenda degli Intarsicats” è la metafora del percorso di crescita, periglioso e mai scontato, di ognuno. Amori, amicizie, perdite, incontri, scontri: di questo è fatta la nostra vita e così anche quella del protagonista Joao che ha però la fortuna di poter compiere questo percorso non da solo, ma insieme agli Intarsicats, felini dalle fattezze misteriose, in grado di metterlo in contatto con le parti di sé più nascoste ma anche più forti e creative.

Come nasce l’idea per questo libro?
L’idea nasce spontanea in una sera autunnale, ma da tempo covava in me. Infatti ho sempre ammirato i gatti e il mistero rinchiuso all’interno dei loro occhi di ambra; la mia fantasia ne è sempre stata molto colpita e da sempre sentivo il desiderio di poter immaginare una storia a partire da questa suggestione. E poi, quasi per magia, il momento è arrivato e la storia ha preso forma.
Quali tematiche affronti e quale messaggio hai voluto trasmettere?
Le tematiche sono appartenenti alla sfera di crescita di un bambino che deve diventare uomo e non capisce perché né tanto meno ha idea di come si possa affrontare questo passaggio. Per cui le sensazioni descritte sono sì autobiografiche, ma estendibili alla maggior parte di noi. Il mezzo che si pone da medium tra il bambino che è in noi e l’adulto che gli corrisponde, così come tra il mondo reale e quello fantasioso, è rappresentato dal gatto, perché col suo mistero e con la sua essenza primordiale riesce a far entrare in contatto il protagonista con se stesso e col suo fiume interiore, in un continuo scambio di energia. L’animale infatti rappresenta nel romanzo la parte più inconscia di noi, quella che a volte siamo costretti a soffocare perché la società vuole così, e anche quella parte più vera e autentica, in grado di farci compiere un atto di fede, avvicinandoci alla profondità del sentire.
Hai altri progetti in cantiere?
Sì, sto già scrivendo un altro romanzo, stavolta sarà protagonista il mondo canino e sarà sempre un racconto fantasy, contaminato da una storia thriller.
E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo.
Grazie di tutto, buona lettura a tutti.
Per seguire Beatrice   BEATRIX IN THE MATRIX

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :