Ciao Linda, piacere e grazie per l’ospitalità. E’ sempre difficile rompere il ghiaccio, ti dispiacerebbe farmi una domanda più diretta? Sei una giornalista del Tg Regionale Rai del Lazio. Come vivi la tua professione? Di cosa ti occupi?
Grazie per aver capito la mia difficoltà ! Adoro la mia professione, sono una di quelle persone fortunate che sono riuscite a fare nella vita quello che si erano prefisse sin da piccole. Negli anni il mio modo di lavorare è cambiato molto e ho visto e vissuto molte realtà, piccole e grandi, sempre con lo stesso entusiasmo.
Anche il passaggio dalla carta stampata al giornalismo televisivo è stato interessante. Vivo il mio lavoro come un arricchimento continuo. Per me rappresenta la possibilità di conoscere direttamente gli eventi e le persone, è uno stimolo. Quando posso mi occupo prevalentemente di arte e cultura, altrimenti sono in redazione impegnata nella realizzazione del telegiornale C’è un particolare aneddoto di cui vuoi metterci a parte del tuo trascorso di giornalista?
Come ti dicevo sono passata dalla carta stampata al giornalismo televisivo e il primo aneddoto che mi viene in mente è proprio legato a quel periodo. Il mio primo servizio, il primo che andò in onda, era relativo all’Infiorata, mi pare a Genzano, cittadina a pochi chilometri da Roma. Trascorsi quasi tutta la domenica fuori con la troupe, documentandomi, facendo interviste e costringendo l’operatore a filmare il possibile. Tornai con tre cassette di materiale, felice. Avevo, come puoi immaginare, quasi un’ora di girato. Ma fui subito riportata alla realtà dal caposervizio :“Bene, fai un servizio di un minuto, uno solo, mi raccomando, non di più !” Da allora ho imparato la lezione.Coltivi, oltre alla passione per la letteratura, quella del cinema. Parlacene.
Il cinema … il cinema, quando è arte, è letteratura per immagini, spunti, pensieri, fantasie, sogno. Un viaggio in un’altra dimensione. Sono cresciuta con il cinema.Sei un’appassionata lettrice. Qual è il romanzo da cui non ti separeresti mai e quello che avresti gettato dalla finestra?
Anche questa è una domanda difficile: alla seconda non risponderò perché sarebbe scortese nei confronti di chi ha scritto il libro, quanto al romanzo da cui non mi separerei mai credo ce ne siano diversi, ognuno legato ad un periodo particolare della mia vita. Non saprei scegliere.Quando hai deciso di impugnare la penna e cimentarti nel mestiere di ‘scrittrice’?
Ho sempre sognato scrivere, sin da quando ero piccola. Non ho mai avuto il coraggio però. In qualche modo scrivere vuol dire anche esporsi e scorticarsi, cercare dentro, andare a fondo, tirare fuori. Ho dovuto lottare contro le mie remore per farlo, poi un giorno ho trovato la forza e ho iniziato a frequentare un corso di scrittura creativa. Il passaggio, dunque, è avvenuto gradualmente. Come amo dire siamo sempre in cammino e la meta è sempre lontana.Nel 2009 pubblichi il tuo primo lavoro “Perché le mamme soffrono. Storie vissute nell’universo Salvamme” edito da Armando Editore. Un libro particolare che vede la collaborazione di altri due autori : Vincenzo Mastronardi e Maria Grazia Passeri. Com’è l’esperienza dello scrivere ‘a sei mani’ e che consigli daresti agli emergenti che vorrebbero cimentarsi in questa prova letteraria?
“Perché la mamme soffrono” è un lavoro particolare, cui sono molto legata. E’ la storia dell’associazione “Salvamamme” fondata proprio da Maria Grazia Passeri per aiutare le donne in difficoltà.Un’associazione bellissima che negli anni, a Roma e non solo, ha dato a tantissime mamme vestiti, oggetti, aiuti concreti e psicologici, grazie anche al riciclo. Le volontarie raccolgono tutto ciò che altre mamme vogliono donare, abiti o giochi usati, ad esempio, che poi vengono riadattati e distribuiti a chi ne ha bisogno.Nel gruppo però ci sono anche avvocate, psicologhe e persino un pediatra e il telefono
del “Salvamamme” suona in continuazione.
Ho passato molto tempo nella sede dell’associazione intervistando le donne che arrivavano quotidianamente e sono entrata in contatto con le loro storie di povertà, solitudine, abbandono, violenza. E’ stata un’esperienza umana bellissima. Ho scoperto, ad esempio, quanto avessero voglia di parlare e di raccontarsi: nessuno si preoccupa mai di ascoltarle davvero. Quanto al libro, ognuno di noi ha scritto la sua parte, chiaramente differenziata nel testo. Io ho svolto un lavoro prettamente giornalistico. Non ho quindi consigli particolari per chi volesse cimentarsi in questa prova, se non quello di scegliere, se possibile, le persone con cui lavorare. Io sono stata fortunata. Ho imparato molto dai miei compagni (e le mie compagne) di viaggio.Nel 2012 pubblichi il tuo primo romanzo dal titolo “Ho ucciso Bambi”. Quali temi affronti in questo libro?
“Ho ucciso Bambi” è la storia di due ragazzine, due bulle se così le vogliamo definire, che un giorno decidono di fare una strage nella loro classe, spinte da un odio profondo verso una loro compagna, ma soprattutto dalla rabbia contro un mondo che sentono ostile.
Il tema portante direi che è proprio questo. Ho cercato di vedere cosa c’è dietro una strage, cosa c’è dietro il bullismo e nel complesso modo di pensare degli adolescenti di oggi. La loro storia, ovviamente, è una storia estrema, ma la solitudine dei giovani, il sentirsi in qualche modo abbandonati dalla società e dagli adulti, temo, sia un tratto dei nostri giorni.
Com’è nata l’idea per il tuo romanzo?Come nascono le idee, piano piano.
Quando ho iniziato a scriverlo volevo raccontare la storia di una sopravvissuta, tema che mi è molto caro. Dal personaggio di Sara, la sopravvissuta , sono nati gli altri, in particolare Silvia, la vera protagonista del libro. E’ stata lei che poi ha preso il sopravvento.Silvia è una prepotente, un’accentratrice, una piccola ribelle che mi ha dato la mano e trascinato nel suo vortice. Ovviamente ci sono le vicende degli ultimi tempi, le stragi nei college americani che abbiamo imparato a conoscere, gli episodi di bullismo femminile che ogni tanto ascoltiamo …
Con questo romanzo hai ottenuto due riconoscimenti: il ‘Premio Profumo d’Autrice’ nell’ambito del Premio Internazionale di Cattolica e il ‘Premio Scriviamo Insieme’nel quale ti classifichi seconda. Cosa ricordi di queste esperienze?Una grande gioia, direi che è la prima cosa che mi viene in mente. Pur trattandosi di piccoli riconoscimenti per me hanno voluto dire molto. Sapere che qualcuno ha letto e apprezzato ciò che hai scritto è importante, ti permette di andare avanti, di impegnarti ancora.
Sempre nel 2012 partecipi al ‘Premio Chiara Inediti 2012’ con una raccolta di racconti “Non accettare caramelle dagli sconosciuti” che si classifica seconda. Parlacene.“Non accettare caramelle dagli sconosciuti” è un insieme di racconti al femminile, tutti ispirati alla cronaca e tutti con lo stesso incipit. Ho tentato di dar voce a situazioni che mi avevano colpito, dalle bambine sfigurate con l’acido alla pensionata che si è uccisa perché temeva le portassero via la casa. Mi sono solo ispirata alle loro storie, però, ne ho raccontate altre, di fantasia, in cui aleggiava il fantasma della realtà.
Qualche progetto futuro di cui vuoi metterci a parte?Ho molti progetti, come puoi ben capire, ma è ancora presto per parlarne. Però ti posso dire cheda poco ho finito di scrivere un nuovo lavoro, questa volta di tipo giornalistico, la biografia di un personaggio molto affascinante. Si chiamava Luigi Di Sarro, pittore e medico, che perse la vita in un drammatico incidente nel 1979, durante gli anni di piombo. Il libro s’intitolerà “Quella notte a Roma” e dovrebbe uscire nei prossimi mesi. Magari te ne parlerò la prossima volta, se sarai così cortese di ascoltarmi di nuovo.
Assolutamente sì! E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per il tuo nuovo lavoro!Che crepi!In bocca al lupo anche a te per il tuo blog, Linda. E’ stato un piacere conoscerti!
Per seguire Carla HO UCCISO BAMBI