Ospitiamo un’intervista di Emanuele Pettener, docente di Lingua e Letteratura Italiana presso la Florida Atlantic University.
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La sua scrittura si occupa soprattutto di donne, spesso offese e maltrattate. Perché?
Perché c’è una realtà che va ancora trattata. In molti, credendo fermamente all’emancipazione, si dimenticano che esistono ancore situazioni di disparità, di patriarcato, di abuso del proprio potere sui più deboli, su coloro quali non hanno possibilità di riscatto. Quante donne sono senza lavoro, senza sostegno familiare, costrette a vivere con uomini che non amano? Che si lasciano maltrattare ogni giorno, per amore dei figli, per paura di non farcela, perché non sanno a chi chiedere aiuto? Quante donne, intelligenti, preparate, colte finiscono con il subire i ricatti morali e psicologici di uomini ossessivi che dopo aver creato strutture mentali cementificate sull’incertezza e l’inadeguatezza, riducono la donna l’ombra di se stessa? Schiava delle proprie paure?
Si considera una scrittrice femminista?
No. Sono una scrittrice, punto. Scrivo la realtà che vedo, che percepisco, che trovo scavando intorno a me. Quante bugie dietro l’apparente normalità, quanti abusi, sconfitte, violenze e quanti credono di meritare maltrattamenti e una vita infelice, indegni di un percorso soddisfacente. Definirmi scrittrice femminista è riduttivo perché scrivo “degli altri” non solo delle donne ma di chi vive ogni giorno cercando un pezzo di se stesso tra le macerie.
Ha senso la distinzione fra scrittura femminile e maschile? Se sì, come definirebbe entrambe?
No, io non trovo distinzioni, quest’ultime sono solo dei modi per classificare quello che esprimiamo, il modo in cui uno scrittore lavora. Come può la scrittura avere sesso? La scrittura non ha le regole ferree in cui l’uomo la imprigiona, una storia scritta bene, una storia carica di pathos, di energia, che fa vibrare il cuore e le membra di chi legge non ha bisogno di assiomi certificati ad arte. A volte bisognerebbe leggere senza conoscere il nome, l’origine e il sesso dello scrittore per provare a capire se queste informazioni pesano o meno sul nostro giudizio finale. Io da lettrice, prima che da scrittrice, posso dire che molte storie mi hanno colpita per la veridicità, per la carica emotiva e per il genio dell’intuizione di chi in quel momento creava. “Madame Bovary” è stato scritto da un uomo eppure è un romanzo fortemente femminista che rompe gli schemi della società del Diciannovesimo secolo, e altrettanto “Anna Karenina” tratta temi considerati persino “peccaminosi” per l’epoca, riuscendo a fare un’analisi dei personaggi e soprattutto della protagonista profondamente psicologica.
Può raccontarci il suo percorso editoriale fino alla pubblicazione di "Libero arbitrio" (0111 edizioni, 2010) e quali sono stati vantaggi e svantaggi di questa avventura?
Il mio percorso è iniziato nel 2006 con la pubblicazione di una raccolta di poesie “Il sentiero delle parole”, Torchio Editore, ho continuato nel 2008 con la pubblicazione di “Sotto l’albero di mimosa”, Aletti Editore, una raccolta di racconti. Nel mentre ho pubblicato racconti, fiabe e poesie su diverse antologie e ho iniziato un percorso alternativo: scrivere post e articoli per giornali telematici e siti culturali. La pubblicazione di “Libero arbitrio” è stato il mio primo vero salto nel mondo dell’editoria, della scrittura. Non solo perché quest’ultimo è un romanzo, quindi più strutturato, ma credo che da esso emerga di più la mia personalità di scrittrice. Ho lavorato molto alla stesura e alla revisione del romanzo, circa dieci anni. Dopo aver creduto che il materiale fosse pronto alla pubblicazione ho iniziato il percorso della trafila dell’invio alle case editrici. Ho avuto cinque risposte positive, quella della 0111 Edizioni mi è sembrata la più onesta e la più fattibile. L’unica vera pecca è che lo scrittore contemporaneo naviga in un mare pieno di altri scrittori, aspiranti tali o pseudo-scrittori che si fanno abbagliare dal fascino della pubblicazione a pagamento per emergere dalla massa, dalla confusione; è davvero difficile, anche se con tenacia e perseveranza alcuni risultati si ottengono, ma non bisogna mai abbassare la guardia, questo lavoro non lo consente.
In che modo la rete l'ha aiutata nel promuovere il suo romanzo?
Io adoro il web: è grazie a questa grande “macchina” se sono arrivata laddove “le mie gambe non avrebbero potuto portarmi”. Le collaborazioni, i concorsi letterari, la possibilità di fare uno scarto delle case editrici non idonee alla pubblicazione per chi desidera fare questo lavoro con serietà, la possibilità di confrontarsi con altri colleghi. Internet consente a delle semplici idee di diventare veri e propri lanci promozionali. L’estate scorsa ho ideato “Il libero arbitrio blog tour” che ha avuto un ottimo riscontro di pubblico, successivamente “Il libero arbitrio spin-off concorso letterario” che mi ha vista collaborare con i più conosciuti autori emergenti italiani e per ultimo “Lo dico io per primo!” una rubrica su “Libero arbitrio blog” che mette alla prova la bravura dei lettori, degli amanti della letteratura attraverso una prova di memoria e di talento. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza internet, almeno non in maniera così ampia e continuativa! In più le recensioni, le interviste, e anche la possibilità di contattare librerie e fiere diventa veloce e comodo con un clic da casa!
Qual è il suo sogno nel campo della scrittura?
Scrivere e pubblicare. Sembrerà banale ma non sempre le due azioni coincidono! Riuscire ad arrivare al pubblico senza dover fare tante capriole e salti mortali perché molte librerie e associazioni culturali non apprezzano gli emergenti e coloro i quali non pubblicano con case editrici dal nome altisonante. Se ci fosse più coesione tra case editrici e librerie il lavoro dello scrittore sarebbe più facile.
Vi é uno scrittore sconosciuto ai più (magari perché pubblicato da un piccolo editore o poco promosso dai media) che si sentirebbe di consigliare?
La mia collaborazione con il sito culturale Good Morning mi ha portato a conoscere un giovane scrittore italiano: Alessandro Marchi che ha esordito nel 2009 con “Parada Opera”(Marco Pagliai editore, 2009), un romanzo intriso di realismo magico ma profondamente realistico che mi ha colpito per l’essenzialità, la maturità emotiva, artistica e psicologica dello scrittore e anche per il tema trattato: in una realtà editoriale in cui si leggono soprattutto storie di vampiri, scrivere un pezzo di storia mondiale, che appartiene a tutti, circoscrive Marchi nella cerchia dei coraggiosi! Uno scrittore da tenere d’occhio e un’opera che consiglio vivamente di leggere.
Emanuele Pettener insegna lingua e letteratura italiana alla Florida Atlantic University, a Boca Raton, quaranta miglia a nord di Miami. In Italia e negli Stati Uniti, ha pubblicato diversi racconti e saggi, fra cui “John Fante e gli altri: lo strano destino degli scrittori italoamericani” (In Quei bravi ragazzi, a cura di Giuliana Muscio e Giovanni Spagnoletti, Marsilio, 2007) e curato il cinquantesimo numero della rivista Nuova Prosa, Essere o non essere italoamericani (Greco&Greco;, 2009); è autore del volume Nel nome del Padre, del Figlio, e dell’ Umorismo: i romanzi di John Fante (Franco Cesati Editore, 2010) e del romanzo È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo, inserito nella collana “L’Isola Bianca”, diretta da Roberto Pazzi per Corbo Editore (2009).
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