L’invito al Giro d’Italia della formazione tedesca NetApp, a discapito di altri team di casa nostra, continua a far discutere gli appassionati. Cesare Benedetti, l’unico atleta italiano che milita in questa squadra, ci parla di sé, delle sue aspettative e dei suoi sogni. Cercando anche di chiarire il motivo di una scelta che ha lasciato con l’amaro in bocca molti sportivi.
Ciao Cesare, vogliamo iniziare questa intervista dalla…fine, cioè parlando della Settimana Internazionale Coppi e Bartali da poco conclusa, in cui tu hai vestito la maglia di leader e il tuo compagno di team Jan Barta ha vinto la classifica finale. Raccontaci le tue sensazioni, di sicuro grande soddisfazione…
“Per me è stato sicuramente bello farmi notare al rientro alle corse in Italia, infatti negli ultimi tre anni questa è stata appena la terza corsa che ho fatto qui nel nostro paese. Quindi diciamo soddisfazione doppia al rientro; anzi, diciamo pure tripla, perchè poi si è aggiunto il successo della squadra nella classifica finale che almeno ci ha fatto conoscere un pochino, soprattutto dopo le polemiche della wild card al Giro d’Italia. Anche se, lo dico sempre, con la consapevolezza che il Giro sarà tutt’altra corsa e comunque un pochino mi dispiace per Garzelli&Co…”
In ogni caso avete anche dominato la cronometro a squadre, per voi un’ulteriore dimostrazione di forza, a scanso di polemiche.
“Sì, la cronosquadre è stata una spinta in più per tutto il team che è andato veramente forte e ha fatto si che anche nei giorni dopo il morale e la convinzione di tutti aumentasse. Poi, sicuramente, a mio parere, non si possono scansare tutte le polemiche con una cronosquadre, però almeno ora non si può dire che non abbiamo fatto proprio niente!”
Parliamo proprio di questo invito al Giro d’Italia. Spiegaci meglio le motivazioni che hanno portato a concedere la wild card alla tua squadra e quali sono i mezzi che utilizzate per farvi conoscere al pubblico.
“Ad essere sincero, quando son venuto a conoscenza del fatto che la squadra avrebbe inviato la richiesta per la wild card, io ci credevo poco. Negli ultimi anni sono sempre state invitate squadre italiane e comunque sotto un profilo tecnico sicuramente noi figuravamo inferiori ad altre. Poi, quando Michele Acquarone ( direttore generale di RCS n.d.r.) ha diramato i requisiti per l’invito, ho capito che forse si poteva avere una possibilità. Infatti, Rcs avrebbe guardato anche al riscontro mediatico che la squadra avrebbe potuto offire al Giro a livello globale. Devo dire che per quanto riguarda la promozione, il marketing e questo genere di cose la mia squadra è veramente un passo avanti. Vengono spese molte energie per messaggi pubblicitari o video-racconti delle corse, e viene occupato tanto spazio sul web. Mi rendo conto che questa è la cosa che ha fatto infuriare tanti appassionati italiani, che avrebbero preferito vedere l’ Acqua&Sapone al nostro posto. Però io personalmente cosa devo dire, devo coglier la palla al balzo.”
E quindi c’è la reale possibilità di vederti al via della prossima Corsa Rosa?
“Toccando ferro…Se tutto va bene sì.”
Bene, speriamo! Adesso invece parliamo un po’ di te nello specifico. Dicci quando e come ti sei avvicinato al ciclismo.
“Allora, mi sono avvicinato al ciclismo in quanto una ragazza del mio paese, amica di famiglia, ha lavorato per qualche anno nella carovana del Giro, per l’Estathè. Quindi mi ha procurato il pass per il villaggio di partenza della tappa che partiva da Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999, data abbastanza buia per il ciclismo italiano (giorno in cui Marco Pantani fu fermato per ematocrito alto n.d.r.). Lì mi sono gustato l’atmosfera, mi son piaciuti i corridori e circa un mese e mezzo dopo sono andato ad iscrivermi alla società più vicina a casa.”
E così è iniziata la tua carriera sportiva…
“Sì, fatta tutta la trafila delle categorie minori sono passato dilettante al GS Gavardo Tecmor di Brescia, dove sono rimasto tre anni, per poi passare nel 2009 all’ UC Bergamasca De Nardi per l’ultimo anno da Under23. Gli anni da dilettante li considero i migliori di sempre, sia a livello sportivo che come divertimento con i compagni di squadra. Quattro anni fondamentali per imparare l’arte e metterla da parte. Non ho mai vinto tanto, anzi devo dire che ho vinto poco, però mi son sempre distinto per la continuità e la costanza. Due vittorie al GS Gavardo, guidato da Diego Ferrari, e poi il passaggio sotto la guida di Gianluca Valoti e Oscar Pelliccioli a Bergamo. Il 2009 è forse l’anno in cui sono andato più forte, anche se fino alla fine di maggio solo qualche risultato sporadico. Sentivo di andar meglio degli altri anni, ma proprio non girava. Poi una mini svolta al GiroBio e da lì si è spianata un po’ la strada e le cose son venute un po’ più facili. Uno stage alla Liquigas nell’estate 2009 mi ha fatto avvicinare a piccoli passi al mondo del professionismo, anche se poi ad ottobre son rimasto senza squadra.”
In che modo si sono sbloccate le cose?
“A quel punto c’erano due possibilità, rimanere dilettante oppure passare in una piccola squadra Continental all’estero, la NetApp, squadra che comunque aveva già progetti di crescita. Ho optato per la seconda scelta e mi è andata bene. Anche se il primo anno da professionista mi sono proprio perso, ho potuto comunque fare esperienze diverse e correre su territori differenti da quello italiano.”
Hai trovato difficoltà a correre per un team straniero?
“Mi è piaciuta subito l’idea di essere il solo italiano in squadra, cosa che mi avrebbe permesso di migliorare la conoscenza delle lingue straniere, che mi danno parecchia soddisfazione. Per il resto mi sono trovato forse un po’ spiazzato dalle modalità di allenamento durante i ritiri invernali e la cosa che ho sofferto un pochino è stata passar diversi periodi lunghi fuori casa. Infatti, il budget della squadra per il primo anno era abbastanza limitato e il calendario era prevalentemente nel nord Europa. Ne consegue che avevo a disposizione un volo al mese per tornare a casa, ma è capitato che sono rimasto in Belgio anche per due mesi di fila. La squadra, pur essendo tedesca, ha magazzino e sede logistica in Belgio, nella regione germanofona, non distante proprio dal confine tedesco. Lì ho scoperto di soffrire tanto la mancanza del sole e delle salite lunghe.”
Cesare, tu sei trentino, vieni da una terra che ha dato tanto al ciclismo con campioni come Moser, Fondriest, Simoni…C’è uno tra questi atleti che ammiri particolarmente?
“Quando io ero esordiente e allievo c’era Simoni che vinceva i Giri e facevo il tifo per lui. Però non ho mai avuto contatti con lui, preferisco ammirare qualcuno con cui posso confrontarmi e sto parlando di Alessandro Bertolini, classe ’71. Non abitiamo distanti e ogni tanto usciamo insieme. Lui ha ancora la grinta di un giovane che, mischiata alla sua grande esperienza, ne fanno un corridore da cui prendere esempio. È sempre pronto a dispensar consigli e, quando ci riesco, cerco di metterli in pratica.”
Invece un corridore che è stato tuo idolo fin da quando hai iniziato a correre?
“Non ne ho mai avuto uno in particolare, ho sempre ammirato i corridori che oltre al cuore hanno una gran testa e viceversa… Ho un idolo che è ancora in gruppo, Vinokourov.”
Hai una corsa preferita in assoluto, tra quelle che hai disputato? E quale invece sogni di vincere un giorno?
“Scegliere proprio una corsa è un po’ dura, però son rimasto impressionato dal Tour of Britain l’anno scorso. Non mi aspettavo di trovare così tanta gente e soprattutto dei percorsi così belli. Nonché un’organizzazione impeccabile. Mi è piacuto molto anche il Tour de San Luis in Argentina quest’anno, anche se forse mi è piaciuta più l’Argentina della corsa. Le corse in Belgio hanno il loro fascino, la primavera scorsa le ho fatte quasi tutte, infatti in questo periodo ero a La Panne e mi dispiace proprio non essere adatto a quelle corse perché c’è un’atmosfera incredibile e un calore impressionante che proviene dai tifosi. Io però non sono un corridore vincente, se capita ogni tanto di essere davanti a giocarsela va già bene e comunque non mi piace sparare in alto, quindi ogni vittoria è molto ben accetta.”
Quindi non ti senti di dirne una in particolare?
“Mah, mi basterebbe essere protagonista in una tappa al Giro, anche senza risultato finale; sarebbe già una bella vittoria.”
Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
“Il 15 aprile ancora in Italia, Giro dell’Appennino.”
C’è una domanda che non ti abbiamo fatto in questa intervista a cui ti piacerebbe rispondere?
“Oddio non saprei…Io non ho molta creatività.”
Allora per concludere ti chiediamo: cosa vorresti dire ai tuoi tifosi e a chi ci legge?
“Diciamo a chi legge allora, perchè non so se ci siano tifosi…ahah!! Dico di aspettare la mia squadra al Giro. Daremo sicuramente il massimo e allo stesso tempo cercheremo di fare esperienza, visto che per il 60% di noi sarà la prima volta in una corsa di tre settimane. E ai lettori tifosi dell’Acqua&Sapone posso dire che comprendo in pieno l’arrabbiatura, io stesso nel 2002 avevo il poster di Garzelli in camera, quindi per lui mi è dispiaciuto visto anche quello che ha dato al Giro.”
Grazie per la bella chiacchierata, noi di FUORIdiBICI siamo sicuri che ci saranno sempre i tuoi sostenitori sulle strade ad aspettarti!