Com’è nato Le lepide avventure di Sir Gore?
Banalmente e per caso. Stavo passeggiando nel bosco con il cane, e avevo innanzi a me una giornata fin troppo libera; così ho pensato che avrei potuto trascorrere qualche ora sollazzevole, disegnando una breve storia che combinasse il mio debole per gli stickmen con quello per le silhouettes.
Otto mesi dopo, la storia è ancora qui che va avanti. Ed è strano, perché mi ha sempre fatto fatica fare fumetti: inventare storie mi piaceva già, ma l’idea di ritrarre uno stesso personaggio con espressioni differenti, o di riprendere un ambiente da diverse angolature, non mi è mai andata a genio. In un certo senso, Sir Gore è riuscito ad aggirare tutti gli ostacoli, permettendo che mi focalizzassi solo su ciò che mi appassiona.
Insomma, se otto mesi fa mi sarei definito un illustratore genuino, oggi mi ritrovo a essere una specie d’ibrido tra illustratore, fumettista e animatore.
Hai adottato uno stile narrativo poco comune ma che si adatta perfettamente alla lettura su schermo e a una fruizione digitale: tavole 2d che si susseguono con pochissime variazioni l’una dall’altra, una sorta di frame by frame applicato al fumetto, che dà una forte illusione del movimento e dà al lettore la piena possibilità di dettare il ritmo della narrazione. Come sei giunto a questa scelta stilistica che è un po’ il cuore del tuo webcomic?
Quando pubblicai le prime tavole su Facebook, non mi aspettavo che, sfogliandole, i personaggi avrebbero dato l’impressione di muoversi sullo sfondo fisso; è stata una sorpresa anche per me. Però l’effetto era spassoso, ed è immediatamente diventato una delle caratteristiche centrali di Sir Gore: non a caso lo chiamo, scherzosamente, “fumetto-moviola”.
Le prime animazioni, se davvero possiamo parlare in questi termini, erano estremamente rudimentali. Poi mi sono divertito a sperimentare nuove soluzioni, spesso ispirate dal mio passato di videogiocatore a 8 bit, animando alcuni dettagli dell’ambiente e persino ricreando piccoli effetti di parallasse sullo sfondo. Nel frattempo anche i movimenti dei personaggi diventavano più curati: voglio dire, gli stickmen sembrano fatti apposta per correre, arrampicarsi e sbudellarsi a vicenda. Adesso che ci ho preso gusto mi piace dedicare intere sequenze all’animazione pura, riducendo al minimo i testi e le onomatopee.
Hai un tratto molto interessante e una buona padronanza del colore, raccontaci la genesi di una tua tavola?
Più che di tavole parlerei di scene: dove per scena intendo l’unità narrativa corrispondente al capitolo di un libro, che in Sir Gore è caratterizzata dal fatto di svolgersi all’interno di un medesimo scenario; alcuni scenari sono rappresentati da sfondi fissi, altri da sfondi in movimento, ma la sostanza non cambia.
Una volta che ho progettato lo scenario, disegno la silhouette dell’ambiente su carta da acquerello, utilizzando della semplice china nera, e vi aggiungo qualche rifinitura colorata con i pastelli acquerellabili. Su altri fogli, talvolta di grana differente, preparo gli eventuali dettagli accessori (ad esempio una parete di mattoni che farà da sfondo) e gli elementi mobili (una porta che verrà aperta e chiusa, un filo di fumo che esce dal camino, e così via). Poi passo tutto a scanner ed assemblo un file multilivello su computer: solo a questo punto disegno i personaggi e scrivo i testi, due cose che faccio direttamente in digitale. Insomma, le “tavole originali” di Sir Gore non esistono; il risultato finale deriva da decine di disegni sovrapposti, che ovviamente conservo, ma che spesso sono in sé ben poco suggestivi.
Va aggiunto che, se Sir Gore era nato come fumetto quasi monocromatico e dal tratto decisamente spartano, ormai mi piace curare i singoli scenari come farei con delle illustrazioni vere e proprie.
Sir Gore è al momento giunto al decimo tomo, cosa ci aspetta nel futuro? Hai già deciso quale sarà la lunghezza del tuo fumetto?
Guarda, mi rendo conto che con questa faccenda dei Tomi ho confuso le idee un po’ a tutti: originariamente decisi di chiamare così i singoli minialbum sul mio profilo Facebook, ma poi lo stesso termine ha indicato gli album più grandi usciti sulla pagina di Nerd Bloc, ed infine i volumi in cui sarà divisa la (prima?) trilogia di Sir Gore. Colpa mia, non dico di no.
Prendendo per buona l’ultima classificazione, la lunga scena a cui sto attualmente lavorando chiuderà il secondo Tomo; che, come il primo, conterà circa un migliaio di tavole. Facendo due conti, quindi, la Trilogia della Valigia dovrebbe concludersi intorno a pagina tremila.
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- Una tavola in anteprima per Lo Spazio Bianco dalla scena 22
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- Una tavola in anteprima per Lo Spazio Bianco dalla scena 22
Spero di non sbagliarmi dicendo che Sir Gore mi sembra un prodotto difficile da trasportare su carta, credo che un’operazione del genere mortificherebbe alcune delle qualità di cui parlavamo prima. Al contrario mi sembra perfetto per fare un passo in più verso l’animazione. Hai progetti in tal senso?
A me piace lavorare da solo, che poi è un modo carino per dire che sono del tutto incapace di lavorare in squadra; per quanto ne so, è abbastanza infrequente che un animatore riesca a far tutto per conto proprio. A questa si aggiungono altre considerazioni, tra il romantico e il filosofico.
Hai detto bene, quando parlavi della libertà del lettore nel dettare il ritmo della narrazione. Per me questo è importantissimo, e ti dirò di più: mi piace che il lettore abbia anche altre libertà, tipo quella di sfogliare il mio fumetto ascoltando la musica che ama, o di immaginare le voci dei personaggi come accade quando si legge un libro. Se l’animazione mi costringesse ad attribuire una voce a Gorizio e ai suoi compagni, se dovessi scegliere io per tutti la colonna sonora delle loro gesta, non so, mi parrebbe una violenza.
Oggi siamo assuefatti alla multimedialità, è normale vedere libri che diventano film che diventano videogiochi che diventano giochi da tavolo. A me però non piace. Non guardo i film dei libri che ho amato, per esempio; mi sembrerebbe di rinunciare a qualcosa di intimo e prezioso.
Quanto alla trasposizione cartacea, ammetto che è un tasto dolente: non sono un fanatico della tecnologia, non ho mai usato un eReader, i libri li leggo su carta e probabilmente continuerò a farlo. Inoltre, nonostante l’interfaccia digitale, considero Sir Gore un prodotto d’artigianato. Tuttavia, anche ipotizzando che un editore impazzito si prendesse la briga di stampare il fumetto di tremila pagine di un illustre sconosciuto, ne uscirebbe impoverito l’aspetto più caratteristico. E addio fumetto-moviola.
Ci sono autori in particolare che ispirano il tuo stile o che sono stati molto importanti nella tua formazione?
Coscientemente, l’unico fumetto a cui riconosca un ruolo seminale nella nascita di Sir Gore è la serie de La Fortezza di Joann Sfar e Lewis Trondheim – purtroppo quasi sconosciuta in Italia. Ciò non significa che altri autori non mi abbiano ispirato, solo che probabilmente lo hanno fatto in maniera indiretta, o che non provengono dal mondo del fumetto. Confesso di aver letto pochissimi fumetti negli ultimi dieci, quindici anni.
Si ringrazia per la disponibilità Cristiano Sili
Intervista condotta via mail, luglio 2014