Intervista a Domenico Costanzo

Creato il 30 maggio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il 23 Maggio è uscito nelle nostre sale il nuovo film di Domenico Costanzo, Una Vita da Sogno con protagonisti Alessandro Paci e Massimo Ceccherini. Una commedia scanzonata e romantica che coniuga la commedia all’italiana con l’amore per le arti marziali, un genere che il regista definisce simpaticamente “il kung fu maccheroni”. Domenico Costanzo aveva esordito alla regia nelle 1998 con I volontari a seguito del quale ha contribuito a diversi film in veste di attore e regista. Recentemente ha scritto il soggetto di Finalmente la felicità di Leonardo Pieraccioni e ha realizzato una sitcom in 20 puntate dal nome Benvenuti al centro.

Oggi al Cinema lo ha intervistato per voi.
Il suo esordio alla regia risale al 1998 poi ha lavorato sia in veste di attore che di sceneggiatore. Oggi torna dietro la macchina da presa con Una Vita da Sogno. Quanto è difficile nel nostro paese imporsi come regista?
E’ difficilissimo perché il cinema italiano lo fanno in pochi e sono sempre i soliti nomi legati alle grandi produzioni e soprattutto alle grandi distribuzioni. Sapete che oggi sono più importanti le distribuzione che le produzioni perché se il film non viene promozionato bene la sua è una fine preannunciata. Io sono stato fortunato perché Giorgio Leopardi ha creduto nel progetto insieme ad altri finanziatori e ho potuto realizzare questo film. E’ molto difficile quindi imporsi in questo mercato. A Giugno partirò per Los Angeles dove ho avuto un interessamento per una mia sceneggiatura e spero che questo progetto possa andare in porto.

Lei ha dichiarato che si tratta del primo film italiano che coniuga la commedia delle arti con le arti marziali. Come è nata questa idea? Era un fan degli spaghetti western?
Quando facevano gli spaghetti western ero solo un bambino. Mi piace chiamare il mio film “il primo maccheroni kung fu” perché gli spaghetti western coniugavano il genere western con quello della commedia all’italiana. Io faccio un tipo di operazione simile anche perché film sulle arti marziali, a parte quelli di Jackie Chan, erano quasi tutti drammatici come quelli di Bruce Lee. Io ho unito la commedia con le arti marziali che non vengono rappresentate in modo pazzesco ma con dei combattenti conosciuti a livello mondiale.

Come si coniugano la dimensione del sogno con l’elemento dell’integrazione sociale nel film, data la storia d’amore tra Lorenzo e Song Lee?
Ci sono diversi temi che attraversano il film. Per quanto riguarda l’elemento del sogno l’ispirazione è stata data da Provaci ancora Sam dove c’è Woody Allen che proietta il proprio immaginario infantile nel personaggio di Humphrey Bogart. Nel mio film il protagonista, Alessandro Paci, è impressionato da bambino dai combattimenti di arti marziali e da adulto rivede gli eroi di questi film impersonati da Massimo Ceccherini, che nel film si chiama Ceccherin. La storia d’amore con una donna cinese mostra una realtà multietnica ma purtroppo si tratta di una ragazza che nel film fa “una vita un po’ allegra”. Per un caso del destino, un po’ alla Sliding Doors, i due si incontrano. In quel momento però lui finge di essere un riccone mentre lei di essere una modella. I due quindi si mentono fino all’epilogo con un susseguirsi di colpi di scena e colpi di kung fu uno dietro l’altro. Il messaggio del film è chiaramente positivo poiché invita alla spensieratezza e a richiamare lo stupore con cui si scopriva la vita da giovani. E poi, da cinefilo quale sono, c’è un omaggio a Quarto Potere di Orson Welles, dove c’era la storia di questo magnate che alla fine della sua vita ha come unica immagine ‘rosebud’, che era la slittina dove il protagonista giocava da bambino. Allo stesso modo Paci sogna sempre un elemento che gli ricorda la sua infanzia.

Che ruolo hanno Firenze e la toscanità nel suo film vista anche la presenza di un attore simbolo della toscanità come Massimo Ceccherini?
Naturalmente vivendo a Firenze penso quasi sempre a dei film ambientati qui. Riguardo alla toscanità, i protagonisti del mio film hanno un carattere tipicamente toscano goliardico ed autoironico dove alla fine si vogliono tutti bene. Il mio film è un po’ sullo stile di Amici Miei dove si scherzava con un sottofondo dolceamaro. Questa commedia è anche molto popolare e goliardica infatti all’anteprima all’Odeon di Firenze ci sono stati scrosci di risate e un applauso a scena aperta.

Allo stesso modo lei ha dichiarato che l’ispirazione le è stata data dall’invasione di cinesi a Firenze.
Il miglior amico del protagonista è cinese ed è il proprietario della ditta dove lui lavora. Chiaramente quindi l’altro elemento sociale del film è l’amicizia collegata all’integrazione multietnica. Quando infatti ho visto la comunità cinese iniziare a giungere numerosa a Firenze ho collegato l’immagine di me bambino che andavo a vedere i film di arti marziali e ho pensato: “chissà magari sono venuti qui per girare tanti film sulle arti marziali!”. Invece erano venuti per fare tutt’altro tipo di lavoro. La comunità cinese ha infatti preso attivamente parte a questo film tramite il presidente di Associna, al quale è piaciuto moltissimo il film poiché ha un messaggio di amore, solidarietà e fratellanza tra le popolazioni.

Proprio il protagonista del suo film, Alessandro Paci, nelle ultime ore ha invitato a “rottamare il cinema italiano”, prendendo in prestito l’espressione del sindaco di Firenze, Matteo Renzi. E’ un concetto che condivide?
Ho sostenuto Alessandro Paci in questa iniziativa. Faremo anche un referendum dal momento che abbiamo raccolto molte adesioni a Firenze. Porteremo così delle pellicole da rottamare e le rottameremo. “Rottamare il cinema italiano” significa infatti un basta alle solite pellicole volgari che prendono il monopolio del cinema italiano con 800 sale levando spazio anche a film che meriterebbero maggiore considerazione. Rottamerei quei film e metterei al loro posto il mio.

Nella rottamazione fa parte anche un film come La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, l’unica pellicola italiana in concorso al Festival di Cannes?
No perché Paolo Sorrentino non fa i film “strizzando l’occhio al pubblico” come diceva Nanni Moretti. Il suo è un cinema d’autore, non realizza i film per piacere ad ogni costo. Pensa a fare dei film che sente sperando che la sua sensibilità sia compresa ed affine con quella del pubblico. Ho visto degli spezzoni del film e mi piace molto. Mi piace Sorrentino. A Firenze abbiamo un comitato pro Sorrentino e tiferemo tutti per lui perché se lo merita davvero.

In quante sale verrà distribuito il suo film?
Il film verrà distribuito nelle sale UCI, la partenza è di circa 18 sale. A Firenze è in 2 sale. Chiaramente non c’è stata una grossa promozione. Se non scatta il passaparola noi passeremo di moda in un attimo come tanti altri film.

Che tipo di accoglienza crede gli verrà riservata dal pubblico italiano vista la naturale propensione dell’audience nostrano per il genere della commedia?
La pubblicità è l’anima del commercio. Se prima la gente si dava l’opportunità di scegliere dei film diversi oggi vuole andare sul sicuro. Il pubblico vuole assicurarsi che i suoi soldi siano spesi bene e crede che i film più pubblicizzati siano necessariamente i migliori. Credo che vedendo il mio film il pubblico possa avere la sensazione di vedere qualcosa di nuovo perché è una commedia particolare e non monotematica. Spero che il pubblico vedendo la locandina senta un richiamo verso la sala come quando Ulisse sentiva il richiamo delle sirene: “Entra, entra…!”. Pensi che mia madre, che è molto religiosa, ha chiamato una comunità di Medjugorje perché mi ha detto che solo un miracolo può salvare il mio film!

So che si è occupato di un progetto di 20 puntate, Benvenuti al centro, che tipo di progetto è e dove andrà in onda?
Si tratta di una sitcom girata in Puglia con il grande Manuel de Nicolò e tanti altri attori ed è andata già in onda su Canale Italia. Ha avuto un grandissimo successo di pubblico. Quando ho fatto delle proiezioni per gli addetti ai lavori si sono anche molto commossi. Anche in quel caso ho sperimentato qualcosa di diverso, realizzando una vera e propria fiction con degli elementi legati al sogno. In dei punti ricorda delle scene di Lynch perché ci sono delle atmosfere molto particolari. Manuel de Nicolò mi ha fatto sapere che ci sono delle emittenti interessate.

C’è qualche altra cosa che le piacerebbe aggiungere?
Vorrei aggiungere che pare che quando qualcuno va al cinema poi abbia fortuna per tutta la vita. Ieri degli spettatori che aveva acquistato un gratta e vinci prima di entrare in sala poi hanno scoperto di aver vinto 500.000 euro a testa. Quindi venite al cinema a vedere Una Vita da Sogno a partire dal 23 Maggio perché porterà fortuna a voi e pare a sei generazioni. C’è stata solamente una nota triste in questi giorni che è stata la morte di Carlo Monni.

Un suo ricordo di Carlo Monni.
Ho appreso la notizia della sua scomparsa in compagnia di Leonardo Pieraccioni e Carlo Conti mentre c’erano le sue immagini che scorrevano sullo schermo. Per quello che ha fatto e per il suo lavoro di attore lui resterà eterno, sempre scolpito nei nostri cuori. Era una persona autentica e l’ho sempre chiamato per tutti i miei film perché, anche se poteva sembrare eccessivo e sanguigno, era buono, si godeva la vita sotto tutti i punti di vista e sul set non si risparmiava e non si lamentava mai. Mi piace più di tutto sottolineare il fatto che non parlava mai male di nessuno. Io stesso lo punzecchiavo dicendogli: “certo che però Benigni un pochino ti ha abbandonato, avete iniziato insieme, è stato un po’ cattivello…”. Ma lui mi rispondeva sempre di no, non era nella sua natura criticare né invidiare nessuno nonostante i fiorentini siano un popolo un po’ civettuolo che si diverte a sparlare. Anche la stessa costruzione urbanistica dei vicoli della città e delle case che affacciano l’una di fronte all’altra invoglia gli abitanti a spettegolare anche in modo bonario. Monni era un buono perché non aveva il pettegolezzo nella testa ma sempre un pensiero rivolto all’arte e considerazioni alte e sublimi sulla vita.

di Rosa Maiuccaro


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