Intervista a Elena Fogliarini: il design utile e i bambini

Creato il 28 novembre 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il design, il silenzio, i giochi per l’interazione con i bambini non udenti: il lavoro di Elena

Retrò Online ha avuto l’opportunità di intervistare Elena Fogliarini, laureata in Disegno Industriale al Politecnico di Torino e poi a alla Strate di Parigi, che ha creato un progetto di gioco per l’interazione con bambini non udenti.

Qual è il tuo background universitario e come ti sei avvicinata al mondo del design?
Ho frequentato il liceo classico europeo a Torino, ma ho sempre amato il mondo dellʼarte e disegnare. Quando ero piccola dicevo a tutti che da grande avrei fatto lʼartista. Fortunatamente, in questo liceo ho incontrato la mia professoressa di storia dellʼarte, Elena Garello, che mi ha fatto amare e comprendere lʼarte ancora di più. Un giorno, parlando del mio futuro, mi consigliò di iscrivermi al corso di disegno industriale al Politecnico di Torino. Passai il test dʼingresso e così cominciò la mia carriera universitaria. A metà del secondo anno di università mi informai sul programma Erasmus, feci domanda per una borsa di studio e la vinsi. Fu così che mi ritrovai in Belgio, a Liegi, per un anno. Sinceramente, quel periodo allʼestero ha cambiato completamente la mia vita. Devo ammettere che lʼinizio è stato molto difficile ma poi tutti i tasselli sono finiti al loro posto, consentendomi di divertirmi e crescere sia come designer che come persona. Questa esperienza mi ha toccato talmente tanto che ho deciso di continuare i miei studi a Parigi, facendo due anni di specialistica sempre in disegno industriale. Venire a Parigi mi ha permesso di sviluppare il mio progetto di tesi.

Logo Strate usato solo a scopo informativo

Se ho ben capito, intendi il design come qualcosa di socialmente e umanamente utile; come sei arrivata a questa conclusione e cosa vorresti realizzare? Come pensi che potrebbe aiutare nel concreto le persone?
Eʼ una domanda interessante. Ammetto che quando mi sono iscritta al Politecnico non avevo ben chiaro il concetto “design”. Col tempo ho scoperto che era del tutto diverso da quello che avevo in testa. Non ero una fanatica del design né dellʼestetismo e non avevo la più pallida idea di cosa stavo facendo in realtà. Anzi, ero piuttosto ignorante in materia. Per me “design” voleva dire disegnare qualcosa di bello che piace alla gente o che ne attira lo sguardo. Credo che ogni scuola di design abbia una propria interpretazione del concetto “design”. Indubbiamente, il Design è vicino al mondo dellʼarte, dellʼartigianato ma anche a quello dellʼindustria e dellʼeconomia. Al Politecnico di Torino amiamo dire che il Design è polivalente. Quindi, un designer è una figura professionale che si occupa di molte cose diverse ma non è un erudito. Eʼ una persona sensibile che vede la vita da un punto di vista diverso dalle altre figure professionali come, ad esempio, la vedrebbero un avvocato o un idraulico. Per questo motivo riesce a coglierne certi aspetti che altri non notano e a individuare i problemi che causano disagio nella vita di ognuno di noi. In conclusione, il ruolo del designer è quello di proporre delle soluzioni ottimali che migliorino la vita delle persone nel loro quotidiano. Vorrei realizzare tante cose. Il processo artistico e creativo non ha mai fine, ho milioni di idee che mi traversano la mente ogni giorno e se dovessi correre dietro a tutte impazzirei. Partorire una buona idea richiede tempo e tante energie, quindi al momento mi occupo di portare avanti il mio progetto di tesi e vedere come va. Mi farebbe molto piacere concretizzarlo definitivamente e vedere le persone utilizzarlo, sarebbe già un bel traguardo. “Come pensi che potrebbe aiutare nel concreto le persone?”. Design significa “progettare” in inglese. In generale, dietro ogni progetto cʼè unʼintenzione di benessere e miglioramento della situazione attuale. Quindi, il design può certamente aiutare le persone a stare meglio. Per esempio, lʼinventore della molletta da bucato ha semplificato la vita di milioni di persone in passato e continua a semplificarla ancora oggi. Colui che ha inventato il modo di accendere un fuoco per la prima volta nella storia dellʼuomo ha addirittura influito sullʼevoluzione della nostra specie. Quindi, sì, il design può aiutare nel concreto le persone.

La tua tesi specialistica ti ha portato a ideare un gioco per l’interazione con i bambini non udenti. Come ti sei avvicinata a questo mondo?
Dunque, la tesi specialistica che ho scritto ha come tema il silenzio. In seguito ho sviluppato un progetto di gioco per bambini non udenti basandomi su questo tema. Ci tengo a precisare che il gioco è indirizzato soprattutto ai non udenti ma è in realtà progettato sia per bambini udenti che non udenti. Infatti, lʼobiettivo del progetto è lʼinterazione tra i bambini. Questo progetto dimostra che, se ci mettiamo tutti sullo stesso piano, azzerando le differenze tra le persone, ci si trova ad affrontare tutti le stesse difficoltà.
In cosa consiste esattamente il progetto di gioco e come si sviluppa?
Il progetto consiste in un gioco per bambini udenti e non udenti. E’ basato sull’idea che il silenzio è fondamentale in qualsiasi tipo di comunicazione perché permette lo sviluppo dei concetti, la formulazione dei pensieri e la concentrazione. Il mio progetto è giustificato dal bisogno di sviluppare l’attitudine all’ascolto degli altri. Perciò ho scelto come target i bambini in età scolare, in quanto sono in piena fase di formazione ma al tempo stesso sono abbastanza maturi per capire concetti astratti e complessi. Inoltre, sono gli adulti di domani. L’obiettivo del progetto è dimostrare che il movimento è una forma di comunicazione semplice e intuitiva che permette di superare tutte le barriere linguistiche. Il gioco si basa quindi sulla comunicazione non verbale. In più si è osservato che è anche un ottimo strumento di integrazione tra non udenti e udenti, in quanto usa la mimica, linguaggio non verbale naturale. Osservando i bambini giocare con il prototipo si nota che, dovendo affrontare tutti le stesse difficoltà, udenti, non udenti e anche bambini di diversa nazionalità sono posti sullo stesso piano e non c’è alcuna differenza tra loro né discriminazione.

Come sei arrivata a sviluppare questo progetto e qual era l’obiettivo della tua ricerca?
Lʼobiettivo della mia ricerca era materializzare il silenzio. Per farlo, mi sono appoggiata al tema della comunicazione silenziosa. Quindi ho indagato sui linguaggi silenziosi come lʼarte e la scrittura. In seguito, ho condotto unʼapprofondita analisi sul tema del “segno”. Da lì mi sono collegata alla lingua dei segni et voilà, ecco come è nato il progetto. Durante le mie ricerche ho incontrato molti esperti come un sound designer, degli psicologi, educatori e professori italiani e francesi specializzati nellʼinsegnamento della lingua dei segni ma anche coreografi e artisti. Queste persone mi hanno aiutato a capire il deficit della sordità e anche lʼimportanza del silenzio. Ognuno di noi, che sia udente o non udente, ha bisogno di silenzio. Per silenzio intendo la pausa, il momento di riflessione, dʼinterruzione tra una parola e lʼaltra che ci permette di fermarci, ordinare le idee e pensare al modo migliore di esprimere un concetto. David Le Breton nel libro Le silence et la parole contre les excès de communication dice che oggi viviamo nellʼeccesso di comunicazione e ciò provoca unʼenorme quantità di stress. Con lʼavvento dellʼera tecnologica si perde la percezione dellʼumano. Tutto diventa virtuale, pure le persone. A volte mi trovo al bar con i miei amici e alcuni di loro non riescono proprio a staccarsi dallo schermo del cellulare. Sentono lʼinsopprimibile necessità di rispondere a ogni singolo messaggio che ricevono. Ciò dimostra che la persona con cui messaggiano fornisce loro argomenti di conversazione più interessanti di quella che stanno fisicamente avendo al bar. A volte vorrei dire loro “Ma che fai qui con me? Se ti annoi vai a casa e telefona oppure incontra le persone con cui stai messaggiando”. Con questo voglio dire che è difficile, oggi, avere una conversazione di qualità con chiunque perché la nostra attenzione è sovra-stimolata. Non possiamo fisicamente concentrarci bene su qualcosa se siamo continuamente distratti da altro. Lʼobiettivo del gioco che ho progettato è quindi insegnare ai bambini, che sono gli adulti di domani, a imparare ad ascoltare gli altri e a capire che in una conversazione cʼè un momento di ascolto, di elaborazione del concetto ricevuto e di espressione del concetto rielaborato. Perciò ho scelto di utilizzare come canale di comunicazione il corpo ed il linguaggio non verbale, insito in ognuno di noi fin dalla nascita. In questo modo il bambino udente o non udente, deve sforzarsi a capire e a farsi capire in un arco di tempo maggiore di quello che impiegherebbe utilizzando un linguaggio più strutturato e articolato come la lingua orale o quella dei segni. Quindi, il tempo della conversazione impiegato nel mio gioco è più lungo e permette ai bambini di capire veramente lʼimportanza dellʼascolto degli altri e del silenzio. Ringrazio i bambini della scuola di forme di espressione CosìArte di Ostia e della Cooperativa per lʼintegrazione e il bilinguismo Insieme-x di Bologna per aver acconsentito di sperimentare il gioco e aver contribuito al successo del progetto con i loro feedback. I test effettuati con questi bambini udenti e non udenti hanno dimostrato che il movimento è davvero un linguaggio universale.

Il gioco e il design: quali sono gli elementi in comune e cosa ti ha affascinata di questa combinazione? Quali pensi potrebbero essere gli sviluppi di questo tipo di design e come può essere applicato nel quotidiano?
Leonardo da Vinci diceva che in ogni artista si nasconde sempre un bambino. Sono d’accordo. Aggiungerei anche che un designer è anche un poʼ artista, e cosa piace ai bambini? Giocare. A parte ciò, non cʼè differenza tra progettare un vaso o un gioco per bambini. Il processo progettuale è lo stesso. La differenza è che il cliente è il bambino, quindi se non gli piace il prodotto progettato per lui te lo fa capire subito senza mezzi termini. Ad alcuni designer piace dilettarsi a progettare giochi, ad altri no però non cʼè nessun legame particolare tra gioco e design. La scelta di creare un gioco per bambini è nata da una lunga riflessione e unʼapprofondita analisi sul tema del silenzio come ho spiegato prima. Lʼidea è nata poco alla volta, non è stata programmata. Come ho detto, la metodologia progettuale applicata è la stessa, quindi gli sviluppi futuri sono gli stessi sviluppi di qualsiasi tipo di design.

Tags:bambini,Bambini non udenti,Deisgn,Elena Fogliarini,gioco,Interazione,parigi,politecnico

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