Intervista a Emanuele Palamara

Creato il 09 marzo 2012 da Af68 @AntonioFalcone1

Emanuele Palamara (foto) nasce a Napoli il 20 agosto 1986, ma ci tiene a ricordare le sue origini calabresi (Monasterace, RC).
All’età di vent’anni si dedica al cinema e comincia a lavorare in qualità di assistente alla regia e aiuto di produzione per diversi spot e cortometraggi.

Nel 2009 partecipa al documentario di Maria Sole Tognazzi Ritratto di mio padre , prodotto dalla Ascent Film e La7 e collabora, sempre in qualità di assistente alla regia, con altri registi come Matteo Rovere, per il film Gli sfiorati , prodotto da Fandango, Matteo Garrone, per Big House prodotto da Fandango e Archimede Film, e Susanna Nicchiarelli, per La Scoperta dell’alba, prodotto da Fandango.

Nel 2011 gira Papà, cortometraggio vincitore del premio Cortolazio per la miglior sceneggiatura, firmata dallo stesso Emanuele con Pietro Albino Di Pasquale e prodotto dalla Ascent Film, selezionato in pochi mesi da più di venti festival vincendo diversi premi, tra cui “miglior sceneggiatura” al Movieclub Film Festival (presidente di giuria Ettore Scola) e “miglior cortometraggio” al Premio Internazionale Dino De Laurentiis.

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Emanuele, parlaci della tua esperienza come regista, di come è nata in te l’idea di metterti dietro la macchina da presa, in particolare se vi sia stato qualcosa di forte che ti abbia fatto avvertire propriamente un’esigenza di girare delle storie o se, invece, pur spinto dalla passione, sia stata una scelta più meditata.

“E’ cominciato tutto con un corso di recitazione che ho frequentato mentre ero iscritto ad ingegneria navale. Da lì è nata la passione per il cinema. Soprattutto mi affascinava la regia e la produzione cinematografica. Ho, così, abbandonato tutto e mi son trasferito a Roma per cominciare a studiare cinema e fare delle esperienze”.

Ho visto il tuo cortometraggio d’esordio, Papà, rimanendo favorevolmente colpito da come tu sia riuscito a far risaltare nella breve durata quello che, a mio avviso, è il tema portante dell’opera, la solitudine dell’uomo moderno, il suo bisogno d’affetto, di contatto umano e le difficoltà d’esternazione al riguardo. Ho apprezzato poi il tono dolce-amaro e la presenza di bravi attori quali Remo Remotti e Luciano Scarpa, l’ottima scrittura e i notevoli contributi tecnici, vedi la bella fotografia e il riuscito commento sonoro a far da contrappunto.Ritieni che il corto possa costituire una valida alternativa al classico lungometraggio, in particolare come efficacia espressiva, pur considerando i limiti distributivi?

Papà è nato per caso, da un incontro con un barbone. Da lì io e Pietro Albino Di Pasquale abbiamo cominciato a scrivere questa storia ed ho trovato un gruppo fortissimo che mi ha aiutato a realizzarlo. Era nostra intenzione raccontare una follia e giocare col genere melò che è molto frequente nei corti. Questo senza essere polemici o presuntuosi, è un genere che amo molto. Il cortometraggio dà la possibilità a giovani autori di emergere e soprattutto permette di sbagliare senza pressioni. Questo è quello che voglio continuare a fare con i miei prossimi cortometraggi, anche se dopo questa dichiarazione dubito che qualcuno me ne produca uno. Remo e Luciano, e la stessa Simonetta Solder, sono stati fantastici ed è stato un vero piacere lavorare con loro”.

Diamo insieme uno sguardo all’attuale cinema italiano, da qualche anno a questa parte capace di comunicare con il pubblico solo tramite il genere della commedia, spesso di facile presa, tranne poche e lodevoli eccezioni. Manca la proposizione di titoli veramente validi, capaci di dar vita ad un’ emozione, ad un interesse, che pur partendo da una situazione particolare, riescano poi concretamente ad universalizzarsi. Cosa non permette, secondo te, al nostro cinema, tra le espressioni della nostra realtà culturale, di portare avanti un linguaggio di più ampio respiro?

“Non credo che la commedia sia un problema, credo che l’inflazione della commedia sia un problema. Si dovrebbero utilizzare i guadagni di questi film per dar spazio anche ad altri generi, ad autori giovani e sostenerli adeguatamente. Ad ogni modo il cinema italiano è vivo e ci ha regalato negli ultimi anni film molto importanti, di interesse mondiale. Il cinema, e non solo quello delle commedie, dovrebbe riuscire a riportare in sala quelle generazioni che sono state bombardate per anni dai reality, che hanno diminuito o azzerato, a mio avviso, la voglia di confrontarsi con storie più interessanti ed impegnative”.

Classica domanda finale: progetti per il futuro? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?

“Sto girando una serie di videoclip per un gruppo emergente, che spero possiate apprezzare tutti a breve, e preparando il mio prossimo corto”.


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