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Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.

Creato il 02 novembre 2011 da Ilbicchierediverso

 

Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.
Incontrare Federica Toscanini è stata una fortuna e una gioia.

Una fortuna perché siamo riusciti a conoscere una realtà brillante, attenta, dinamica e tradizionale. Una gioia perché non si può non restare contagiati dal sorriso e dallo spirito entusiasta di Federica.

In una bella serata milanese ci siamo lasciati andare a quattro chiacchiere che riportiamo qui, sull’azienda, i ricordi, la qualità e molto altro …

 

Buona scelta

IBD

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Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.
Toscanini nasce perché …

Toscanini nasce nel 1920 a Isolella Sesia . La famiglia di mio papà arriva a Isolella nel 1900; il paese di origine è Bogli sull’appennino Tosco-emiliano e proprio quel paesino paesino dove è nato Arturo Toscanini.

Il mio bis-nonno Giuseppe ha portato tutta la famiglia e ha iniziato un commercio di legname. Figurati che abbiamo trovato (in cassaforte) dei suoi biglietti da visita.

Mio nonno Giovanni era già sposato con mia nonna Angela e avevano avviato una piccola lavorazione di manici per coltelli in legno e anche coltelli (di cui abbiamo ancora un esemplare addirittura marcato Toscanini).

Devi sapere che a Isolella (frazione di Borgosesia, ma  ai tempi Comune della provincia di Novara) c’è un torrente lungo il quale erano nate molte attività (fucine con i magli che giravano mossi dall’acqua) soprattutto di lavorazione del ferro (lame dei coltelli) e dell’argento.

Mi raccontava mio papà che questi coltelli venivano venduti a Trivero fuori dal lanificio Zegna o al mercato di Pettenasco sul lago d’Orta; mia nonna andava da Borgosesia a Omegna in corriera e poi da Omegna a Pettenasco a piedi, per 11 Km.

Fino a dopo la guerra la lavorazione del legno ha compreso articoli molto diversi: assi per il bucato o sedie sdraio; queste sedie sdraio venivano imballate in carta da pacco e chiuse con lo spago, caricate sulle carriole e trasportate dal fabbricato fino alla stazione (attraverso il ponte sul fiume Sesia) da dove partivano per gli stabilimenti balneari di Loano.

Il grande passo e balzo è stato compiuto da mio papà Ettore che dopo la guerra ha iniziato a fornire la ditta Mapelli di Milano che mi raccontava essere un prestigioso grossista di casalinghi e giocattoli e soprattutto quando dal febbraio del ’48 è diventato fornitore ufficiale de La Rinascente.

Note di colore: figurati che per trasportare la merce a Milano non esistevano dei veri e propri corrieri; si caricava la merce sul camion che andava a Milano a caricare la frutta al mercato; inoltre a Milano si faceva la dogana per l’ingresso delle merci; non esistevano le scatole ma solo imballi di carta da pacco o casse in legno!

Gli uffici de La Rinascente erano allora in Via Santa Redegonda!

Dopo La Rinascente a breve giro arrivano Upim e Metro (siamo i fornitori n° 22); mio papà incontrava i compratori della Metro all’hotel Gallia dove  avevano gli uffici in  attesa che fosse completata la costruzione della sede di San Donato. Quindi anche Kroff e Brico e tutta la grande distribuzione.

Ma bisogna fare un distinguo: ai tempi La Rinascente in primis e poi Metro e Upim  erano negozi dove trovare merce di qualità e non la grande distribuzione di oggi sinonimo di sottocosto!

Che bello andare con mio papà negli uffici della Rinascente in via Carducci e incontrare i clienti!

Nella seconda metà degli anni ’70 la nostra produzione ha avuto un cambiamento: iniziamo a produrre zoccoli in legno: anatomici tipo Dr Sholl, moda anche con tacco 10, per bimbi, ecc.

Li abbiamo prodotti per circa 10 anni con una vastità di modelli incredibile e dei numeri impressionanti!

Questo perché il portabito in legno subisce un declino a causa del portabito in plastica che arriva nelle case degli italiani; deriva dalla nascita della confezione (dei Marzotto!!) che viene consegnata appesa sui portabiti in plastica ai negozi e quindi ai clienti!

Ma la produzione di portabiti non smette mai, anzi si producono anche indossatori da camera (servo muto), o portabiti da muro e piantane.

A fine anni ’80 incontriamo un grande gruppo americano, William Sonoma e la relativa divisione storage Hold Everything, con la quale abbiamo fatto un lavoro enorme; i nostri prodotti erano il top di gamma della loro offerta venduta soprattutto su catalogo!

Il battesimo nel mondo della moda nei primi anni ’90 arriva con Valentino allora prodotto dal gruppo GFT per il quale produciamo un portabito che poi ha preso il nome dello stilista, il primo in due misure!

Col mio ingresso in azienda si inizia un nuovo percorso dettato forse dalla “noia” nel gestire clienti abbastanza costanti nelle loro richieste e nelle definizione di assortimenti che potevano durare anche anni; c’era tempo e spazio per curiosare a Pitti, studiare un nuovo mercato che stava per iniziare un cambiamento epocale passando dal negozio di proprietà dei titolari multibrand a negozi di proprietà dell’azienda monobrand, passando da un negozio arredato secondo i gusti del proprietario a un concept che rispecchia l’identità del brand, da un negozio con vendita assistita dove il commesso estrae i capi dal guardaroba a un negozio “self service” dove tutti i capi sono esposti a creare una gradevole tavolozza di colori. Il portabito acquista un ruolo fondamentale nella presentazione del capo, nell’espressione dello stile della marca!

Così iniziamo a sviluppare modelli disponibili in più misure, con una grande attenzione alla vestibilità ossia a come il capo appeso si presenta sul portabito, sviluppiamo un numero infinito di accessori pensati a esporre al meglio i vestiti, … tutti i vestiti! Mollette ferma spalline per gli abiti da sera ma anche per le bretelline dei reggiseno, clips look (?!) per fare i manichini da parete, soluzioni antiscivolo, ecc.

Anche le finiture aumentano a dismisura e così le personalizzazioni!

Inizia una corsa incredibile e affascinante.Niente è impossibile, la richiesta più stramba stuzzica la nostra creatività e la voglia di risolvere problemi con soluzioni semplici e funzionali!

 

Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.
Qual è il background della squadra che compone l’azienda?

La squadra è composta circa da 35 persone; in reparto abbiamo persone con noi dai tempi in cui io portavo le calze corte … ieri!! (ride ndr)

Soprattutto in fase di levigatura che è una delle operazioni più “delicate” i nostri uomini sono con noi da tantissimo, ma abbiamo anche le mamme con le figlie, o marito e moglie. Ci piace pensare che le persone stiano bene e che si fermino con noi!

Anche negli uffici le persone vantano una lunga carriera pur essendo un’azienda giovane!

E poi ci siamo noi tre fratelli.

Mio fratello Giovanni ha una sana passione, oltre che per le jeep, per l’elettronica e quindi è l’anima HI TECH dell’azienda; è sempre stato con mio papà in ufficio fin da ragazzo e da bambino l’ha sempre seguito a fiere o a visitare fornitori o aziende e ha assorbito da lui una grande competenza meccanica.

Devi sapere che mio papà ha sempre sviluppato internamente i macchinari per la lavorazione dei portabiti perché essendo un piccolo business non sono mai stati prodotti dalle grandi azienda macchinari finalizzati specificamente alla produzione di portabiti, ma genericamente alla lavorazione del legno. La ns officina meccanica è sempre stato un fattore competitivo importante perché da essa nascevano utensili e personalizzazioni di macchinari che ci permettevano la realizzazione di prodotti non fattibili dalla concorrenza.

Anche per il portabito Marcello della linea Toscanini SuMIsura sono stati sviluppati dei macchinari ad hoc per mantenere inalterato il design delle due “crestine” che ricordano il bavero della giacca.

Pensa che c’era tanta penuria di materiale (macchinari, motori, ecc) dopo la guerra che mio padre aveva recuperato un carro armato e il suo riduttore ancora funzionante abbandonato dai tedeschi; ancora oggi abbiamo in azienda questo macchinario e non solo questo. Non sono mai stati svenduti i vecchi macchinari alla concorrenza per non diffondere il know how.

Ora Giovanni si occupa della produzione, dello sviluppo informatico dell’azienda, dello sviluppo dei macchinari coordinando uno staff molto affiatato.

 

Cristina è la creativa della famiglia: terminate le superiori ha lavorato in azienda occupandosi dell’amministrazione ma il suo amore per il disegno l’ha portata a tornare a studiare. Ha frequentato lo IED a Milano e dopo una serie di esperienze in altre aziende tra cui la Pupa e dopo una carriera da designer con un suo studio  è rientrata nell’azienda di famiglia e si occupa del design da 3 anni.

Oggi si occupa dello sviluppo e del design dei nuovi modelli interpretando i desideri, spesso solo scarabocchiati, dei clienti.

 

E in ultimo vengo io, che mi sono laureata in economia e commercio alla Cattolica a Milano e dopo uno stage all’agenzia di pubblicità Mckann Erikson sempre a Milano sono subito approdata in azienda, occupandomi subito dei clienti.

Come ti raccontavo al mio ingresso in azienda avevamo dei clienti di calibro sia per i numeri che per il prestigio, ma forse annusavamo già un sentore di cambiamento o forse come ti scrivevo avevamo voglia di scoprire nuovi mercati, nuove opportunità e clienti.

Penso che soprattutto gli anni dal 95 al 2005 siano stati gli anni che potremmo raffigurare come due enormi orecchie puntate come parabole a recepire ogni bisbiglio dal mercato.

I rapporti umani hanno fatto la differenza: penso alla Sig.ra pupi Solari che mi convocò perché voleva i portabiti per il suo mitico negozio per bimbi. Avevamo 2 modelli da bambino, uno che si chiamava Marina perché negli anni ’60 veniva venduto con un decoro di una decalcomania di una marinaretta/o e uno nuovo di zecca fatto per un cliente, battezzato Teddy. Quando li vide mi disse che non dovevo lavorare sul modello Teddy ma sviluppare il Marina in tutte le misure perché aveva il fascino dei giocattoli di un tempo. Le diedi retta e sviluppammo quel modello in 2 misure, dal 22 cm al 32: fu un articolo, ancora oggi copiatissimo, di grande successo.

Anche la linea per la lingerie nasce dall’amicizia telefonica con una vetrinista del gruppo la perla che mi chiamava alla sera e mi diceva tutte le sue esigenze in fase di allestimento: ne nacquero articoli mini dedicati, la molletta ferma spallina, le clips miniaturizzate e posizionate su barre di tutte le misure. Oggi sembrano prodotti banali ma allora furono una rivoluzione. Pensa che quei prodotti supportavano il grande passaggio dalle mercerie alle boutique di lingerie, dai completini messi nelle scatole ai completi appesi! Te li ricordi i primi Benetton intimo?

Oltre che dei clienti mi occupavo anche dei cataloghi senza avere una specifica conoscenza e competenza, ma tanta creatività!

 

Un trait d’union di tutti noi tre è che in fabbrica ci siamo sempre stati a giocare ma anche a lavorare,anche da piccoli quando ci facevano appiccicare le etichette sugli zoccoli!

Questo ha fatto si che assorbissimo tutte le fasi del ciclo produttivo, anche degli zoccoli, dandoci una conoscenza e un patrimonio immenso e del tutto naturale come parte di un dna. Anche il ns bagaglio di immagini, finiture, la storia dell’azienda anche del periodo in cui  non ci lavoravamo è tutta nelle ns teste, sulla nostra pelle, nella nostra passione.

 

Penso che ci sia un elemento forte e importante che contraddistingue il nostro modo di lavorare che è il mettersi intorno a un tavolo e trovare una soluzione, e attorno al tavolo c’è il commerciale, il responsabile della produzione, il meccanico; la soluzione è molto spesso corale e trovata grazie al contributo di tutti. Questo percorso è molto affascinante e stimolante!

 

Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.
Tecnologia e artigianalità, come coniugate i due mondi?

Il nostro coté artigianale è certamente nelle nostre menti, nel nostro modo di operare sempre alla ricerca della sfida a produrre qualcosa che sembra impossibile, ad accogliere delle richieste strampalate che hanno in sé una visione, del limite da oltrepassare, dello soluzione da trovare, a tutti i costi e poi rendere la soluzione facile da produrre.

Difficilmente approcciamo un problema con una valutazione di opportunità economica, di numeri per raggiungere il break even,

Artigianalità è anche produrre qualcosa come Marcello giacca grazie a una nuova tecnologia che mi permette di mantenere inalterate le linee ma la “mano” finale del legno, il controllo della levigatura è solo quello dell’uomo perché l’uomo risponde alla materia, alla sua variabilità mentre la macchina no.

Sai che mi è capitato una volta di vedere anni dopo quanto una richiesta di un cliente fosse stata visionaria: circa 10 anni fa il responsabile di Valentino mi aveva chiesto di avere il logo di metallo incassato nel legno; lo avevo guardato un po’ di traverso perché la V con l’ovale era così sottile che non si poteva fustellare una lamierina e poi trattarla galvanicamente; bene, anni dopo la tecnologia laser lo ha reso possibile. Ho ripensato al cliente con la cenere sul capo.

Oggi non dico mai che una cosa è impossibile, poi a voce ti racconto della richiesta di Donna Karan e del vestito provato a San Francisco!

 

Se non avesse fatto questo mestiere cosa avrebbe voluto fare?

Uscita dall’università non ho avuto dubbi, entrare in azienda era quello che volevo fare con grande entusiasmo. Come ti anticipavo pensavo di non sapere niente perché non mi accorgevo allora di quanto avevo assorbito per osmosi dell’attività di famiglia, guardando, giocando, lavorando, seguendo il papà dai clienti. Mi sono accorta che mi sentivo a mio agio.

Col tempo mi sono resa conto che un’esperienza in un’altra realtà mi avrebbe fatto un gran bene perché si impara dall’esempio. Oggi questa mancata esperienza la rimpiango un po’, perché penso che soprattutto nella gestione delle persone, forse avrei avuto una marcia in più.

Lavorando ho scoperto che mi piace fare delle cose che non avrei mai pensato potessero diventare il mio lavoro principale, il mio mestiere e tra questi la comunicazione, le pr, e scrivere.

Ma se dovessi dare una risposta netta ti direi che mi sarebbe piaciuto fare “le sigle” di inizio e fine dei film, … non so come si chiama questo mestiere! Trovo che abbiamo una creatività incredibile, che sappiano incuriosire e anticipare il film e il suo stile senza svelarne la trama; in particolare adoro quelle degli anni 60 e 70.

 

La semplicità cosa rappresenta per voi?

La semplicità è un mestiere difficile, è un po’ come la sintesi e come dice Nietzsche “per essere brevi ci vuole tempo”; così anche la semplicità è frutto di un lungo lavoro, che arriva per sottrazione.

A volte guardiamo un portabiti che per gli altri sembra finito, bello, completo e noi siamo insoddisfatti e non troviamo dentro di noi le parole per dirlo. Mi ricordo quando stavamo lavorando sulla linea Marcello e gli architetti con i quali lo abbiamo sviluppato ci avevano fatto una proposta per il porta pantaloni; non sapevamo dire cosa in quel disegno non funzionava perché non ci sembrava ancora finito; non abbiamo corretto e ripulito delle linee; abbiamo detto “questo è come lo avrebbe disegnato mio papà” , da lì è partita una scintilla : doveva essere più semplice, più diretto forse più moderno.

E’ un lungo lavoro di cesellatura, un percorso vs un equilibrio.

 

Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.
E l’esclusività?

Esclusività è un concetto moderno, pensato dal marketing per creare il desiderio di un oggetto e aumentare il listino. (ride ndr)

Non abbiamo mai pensato di sviluppare un prodotto esclusivo, nel senso di riservato a pochi. A noi piacerebbe rendere belli, organizzati e personali tutti gli armadi e i guardaroba del mondo! Mi piacerebbe che chi acquista i nostri portabiti prima di dire che il suo guardaroba ora è organizzato-asettico dica che è bello, che gli piace quel momento della mattina in cui pensa a come vestirsi e quando lo ha scelto non rimane irritato da spalle flosce della giacca, o maniche deformate o pantaloni persi sul fondo dell’armadio; che quando ritrova la giacca della stagione precedente è bella e pronta da indossare perché non ha preso “il cancro dell’armadio” come lo chiama Giancarlo Maresca; che quando entra nella cabina armadio trova un bel senso di piacevole ordine e armonia e non gli viene da chiudere in fretta porte o ante! Mi piacerebbe pensare ai nostri portabiti come a un oggetto che rimane nella casa per anni, che ci accompagna nei traslochi, che regalo a mio nipote ma ci sono le mie iniziali e si crea quasi un legame affettivo. Noi diciamo che i nostri prodotti sono eterni , che non è proprio un principio fondamentale del marketing perché “ammazzi la domanda”.

 

Quali eventi e collaborazioni vi coinvolgono?
In realtà non c’é una tipologia di eventi ma di persone che ci coinvolgono, é sempre l’alchimia, la chimica tra le persone che ha fatto scaturire dei progetti coinvolgenti e entusiasmanti e anche delle belle amicizie.
Uno tra i primi eventi a cui abbiamo "partecipato" é stato "Sissi addosso" in Fondazione Pomodoro; in questo caso é nata una bellissima relazione con curatrice della mostra, Paola Boccaletti, e ancora oggi ci sentiamo regolarmente: qui Toscanini è stato sponsor tecnico per l’esposizione degli abiti – opera d’arte dell’artista che voleva riprodurre in fondazione l’idea del proprio guardaroba e che i capi potessero essere toccati.
Il tutto é nato grazie a Francesca Melli, nostra Brand Angel, e non da un’ idea di co-mkt.

L’incontro da cui è scaturita la "nostra partecipazione" alla Biennale di Venezia é stato casuale, frutto di relazioni e di amicizie. Con Anila Rubiku, l’artista, si é subito creata una relazione speciale che mi ha catapultata in un mondo a me sconosciuto dell’arte contemporanea. Ci ha reso partecipi di tutte le fasi del progetto, abbiamo condiviso con lei il dietro le quinte della preparazione dell’installazione, delle problematiche legate a questioni pratiche, anche del trasporto o dell’antifurto, delle traduzioni ! Grazie ad Anila é nata anche una bella amicizia con Elisa Fulco della Fondazione Borsalino con la quale pensiamo di poter fare insieme delle cose in futuro, visto che Toscanini e Borsalino sono aziende piemontesi.
Oppure l’ evento per il Fuori salone alla Galleria Wabi. Ci sono state con Maiter più che sinergie tra brand o strategie, delle vere e proprie energie positive! La sua piccola galleria, in zona Isola, si sposava con le piccole dimensioni del nostro prodotto, il suo amore per l’arredamento , l’abbigliamento vintage si sposava bene con il nostro prodotto femminile e delicato che avevamo ripensato su mood anni ’50.
Penso che tutto ciò si traduca poi in eventi freschi e a alto tasso di creatività.
Anche la partecipazione all’evento di Stilemaschile è nato da un’amicizia, da un comune intento e volontà di portare l’attenzione sul tema dell’eleganza, del guardaroba, visto in tutti i suoi significati.
Anche il prossimo progetto che stiamo organizzando con le fashion bloggers, punta sulla creatività e  sul coinvolgimento! Ma questo è un po’ un segreto!

 

Intervista a Federica Toscanini, il su misura con la passione.
Come si selezionano i materiali, in basi a quali criteri?

Produciamo portabiti prettamente in 3 materiali, ossia legno di faggio, legno di cedro e plexiglass.

Innanzitutto parliamo dell’essenza che usiamo che è il legno di faggio, come mi sembra di averti accennato già in una precedente mail.

Il faggio è un legno duro e considerato di pregio. All’avvio della produzione negli anni ’50 la scelta è stata anche per la disponibilità nelle prossimità a livello geografico. Si trattava prettamente di legname proveniente da Italia, e soprattutto Francia e Svizzera.

Anche oggi la provenienze è Europea o est Europa; si tratta di materiale di grande qualità dove per qualità si parla di legname bianco di spessori importanti (ca. 6/7 cm).

La qualità del legname è anche in funzione del periodo dell’anno in cui viene tagliato l’albero e dalle modalità di essicazione delle tavole.

Il periodo più corretto per il taglio è l’inverno e questo preserva il biancore del legname che altrimenti tende a diventare scuro (macchiato o grigiastro) con dei risultati meno pregevoli sulle finiture chiare o non trattate.

La corretta essicazione è un passo importante affinché le tavole non si crepino (la crepa comporta uno scarto).

E’ importante che il tavolame sia dello spessore corretto  per ottenere prodotti di qualità e per non inficiare il risultato sui modelli soprattutto quelli con i colli e le spalle più importanti.

Quindi i criteri qualitativi sono il colore e l’essicazione.

In merito al cedro, red cedar è la qualità lavorata, il criterio è la percentuale di legno rosso, rispetto al bianco, perché solo la parte rossa ha le proprietà anti tarme e il caratteristico profumo di bosco.

Per quanto riguarda il plexiglas, è importante sottolineare che noi non produciamo portabiti ottenuti per colata, ossia non c’è uno stampo nel quale sono colati i granuli di plexiglas; la nostra produzione è per fresatura e questo significa che il materiale è fresato e quindi lucidato. La ragione di questo produzione è che il risultato è un portabito di altissima qualità per due ragioni: il portabito in plexiglas ottenuto da una lastra e successivamente lucidato mantiene le caratteristiche di brillantezza e trasparenza cristallina propria del plexiglas che ha nella conduzione della luce la sua principale qualità; inoltre non essendo ottenuto da uno stampo, il portabito non ha nella parte inferiore l’antiestetico rientro del materiale colato. Inoltre produrre dei portabiti da lastra significa lavorare solo materiale di prima scelta, e non riutilizzo di altre lavorazioni (nb. I granuli sono frutto dello scarto di altre lavorazioni), da qui la qualità del portabito.

 

Cos’è il su misura per un’azienda come la vostra?

Il su misura per noi è una forma di attenzione verso il cliente, di rispetto per la sua individualità. Dopo anni di lavoro con le grandi case di moda alle quali offrivamo una gamma di misure da uomo e da donna, la scelta di proporre una gamma di prodotti per il guardaroba di casa completa di modelli in differenti misure è stata quasi obbligata. Ci sembrava una contraddizione che il cliente trovasse in boutique portabiti della giusta misura e che in casa dovesse adattarsi a una misura standard per uomo e per donna, non solo intesa come larghezza del portabito ma anche come spessore della spalla: un vero crimine verso un capo di qualità e non solo!

Il desiderio è quello di far sì che il guardaroba diventi il nostro spazio intimo e privato, molto personale; il momento in cui ci si veste alla mattina è un momento speciale: sceglieremo gli abiti che ci accompagneranno nel corso della nostra giornata lavorativa o di piacere. Questi abiti ci faranno sentire a nostro agio perché in ordine, esprimeranno il nostro umore e la nostra personalità, la nostra professionalità. Vorremmo che il nostro cliente potesse trovare i propri abiti ben sistemati, senza pieghe antiestetiche, che nell’indossare un capo della stagione precedente lo ritrovasse “in forma” come appena uscito dalle mani della guardarobiera.

Dico questo perché al contrario capita di vedere pantaloni con segni indelebili a metà ginocchio, giacche con le maniche bitorzolute a causa di un portabito eccessivamente largo o al contrario che si afflosciano come spalle a pera perché il portabito era troppo piccolo; o ancora spalle striminzite perché l’imbottitura si è afflosciata su un portabito troppo sottile. Ma ci sono anche giacche che hanno preso “il cancro dell’armadio” e che sul fronte hanno preso delle pieghe che neanche il sarto riuscirà a eliminare perché la tela interna è irreparabilmente compromessa!

 

Qual è il cliente tipo che si rivolge a voi?

Ci sono diverse tipologie di clienti che si rivolgono a noi

C’è il cultore degli abiti sartoriali che arriva a noi perché cerca un portabito in legno per avere una cabina armadio in ordine e curata; in realtà esce dall’azienda ancora più felice e soddisfatto di aver trovato un portabito che non solo è della sua giusta misura ma ha anche una vestibilità eccellente; questo cliente è un fine intenditore che capisce al volo che si trova di fronte a un prodotto speciale.

C’è anche il cliente che arriva ignaro di tutto ma curioso, magari su indicazione di amici o conoscenti, e che si innamora del prodotto e si appassiona alle spiegazioni di come viene realizzato. E’ il Cliente che poi ci confessa di non ave più visto con gli stessi occhi il proprio armadio dopo che gli avevamo presentato la gamma di prodotti

Un cliente davvero speciale sono le donne che vedono in questo articolo una vera perla, un’idea speciale per offrire al proprio marito o compagno un regalo personale e personalizzato che non rischia doppioni e non invade eccessivamente la sfera del gusto personale come potrebbe essere un capo di abbigliamento (senza parlare della difficoltà di regalare l’ultimo gadget tecnologico). Il piacere inoltre è quello di regalare valore e non un oggetto effimero e che sarà scavalcato da una nuova versione più high tech.

Diciamo in genere che si tratta di un cliente che conosce e sa riconoscere il valore di un prodotto e che cerca qualità e personalizzazione.

 

Cosa offre e cosa cerca Toscanini?

Offriamo qualità che esprime in un prodotto tutta la nostra esperienza nella produzione di portabiti e con l’e-commerce offriamo un sevizio .

Più difficile è rispondere alla domanda circa cosa cerchiamo: forse attenzione, ascolto. Siamo convinti che le persone abbiano il metro per valutare il nostro prodotto e che ne sappiano riconoscere il valore intrinseco e durevole e ci scelgano per questo.

Come dicevo precedentemente, dire che un prodotto è eterno forse non è un valore da esprimere secondo i principi del marketing ma i nostri prodotti lo sono e anche acquistare un portabito con questa caratteristica esprime un concetto di acquisto etico.

 


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