Ciao Linda, innanzitutto vorrei ringraziarti per l'ospitalità.
Sono nata a Vittoria, un paese del ragusano ma sono cresciuta a Trento. Come spesso accade, questo mi ha portata a vivere due realtà differenti, spesso agli antipodi e contrastanti. Il risultato è una mescolanza di culture e forme mentali che mi permette di osservare lo stesso elemento da diverse angolazioni. Sono una persona estremamente pragmatica, come la mia professione mi impone, ma mi lascio affascinare dalle leggende che si narrano tanto in Sicilia quanto in Trentino. Mi perdo a respirare l'odore del sottobosco vicino a casa quanto quello salmastro che pervade l'aria del mare. Di sicuro, l'elemento ricorrente nella mia vita è la fusione degli opposti.
La laurea in Economia e Commercio e la professione di Dottore commercialista. Quando si accende in te la scintilla per scrivere?
Leggo libri da sempre, da quando ho imparato a farlo. Per la scrittura, invece, è stato diverso. Ho lasciato sedimentare per molti anni il desiderio di scrivere. Al termine di ogni storia letta, mi sentivo un po' più pronta ad affrontare la sfida ma non ancora all'altezza di farlo. Poi, senza nessun preavviso, una sera ho acceso il PC e cominciato a stendere la mia prima storia. È stato emozionante. Ho scritto ogni notte per sei mesi ininterrottamente. Ho perso infinite ore di sonno e quasi cinque chili prima di concludere la prima stesura. In ottobre di quello stesso anno, ho iscritto il romanzo al Premio Letterario La Giara e ottenuto un posto in semifinale. Ero stata selezionata dalla giuria della sede Rai del Trentino. Una bella soddisfazione!
Sei una lettrice appassionata e annoveri King tra i tuoi autori preferiti. Quanto di lui c’è nei tuoi testi? Potresti definirlo tua “Musa”?
Adoro Stephen King, lo stile sottile con il quale altera la realtà, la distorce. La sua capacità così magistrale di snocciolare storie e personaggi, da far apparire alla portata di chiunque il mestiere di scrittore. Sono affascinata dai suoi personaggi femminili, spigolosi, con i calli anche sull'anima. Mi riferisco, ad esempio, a Dolores Claiborne. Trovo superlativa la creazione della folle, scostante e violenta Annie Wilkes , così come porterò sempre nel cuore l'atmosfera surreale che si respira nel racconto “Uomini bassi in soprabito giallo”. Nonostante l'abbia letto quindici anni fa, ogni volta che mi imbatto nel manifesto di un gatto disperso, sento un brivido lungo la colonna. Non so se King possa definirsi mia musa, leggo molti altri autori ma sono certa di essermi lasciata influenzare, più o meno consciamente, dalla sua scrittura e da personaggi e ambientazioni al limite del reale.
Tra tutti gli autori letti ce n'è uno, però, che è stato per me più che una musa. Un uomo poliedrico che, nonostante gli innumerevoli impegni, si è ritagliato il tempo per valutare, leggere, editare e pubblicare “L'amore liquido”. Parlo di Franco Forte. È a lui e alla sua capacità di abile di cesellatore, che devo il mio esordio.
Quale libro riposa ora sul tuo comodino?
Ho appena terminato la lettura di “Voltati e sorridi”, l'ultimo romanzo tradotto in italiano di Jonathan Tropper. Lo stile disinvolto e irriverente con il quale affronta problematiche come il lutto o la malattia mi lasciano ogni volta senza parole. Sul comodino, invece, riposa sempre “Sotto la pelle” di Michel Faber. È un romanzo che ho già letto tre volte e del quale non mi sazio mai; forse per la capacità dell'autore di ritrarre una realtà nella quale niente è come sembra e che si svela agli occhi del lettore a poco a poco.
Un libro che ti ha cambiato la vita, uno che non rileggeresti e uno che porteresti sempre con te?
Ci ho pensato a lungo. Non c'è un libro che mi abbia cambiato la vita. Forse, devo ancora leggerlo e questo un po' mi spaventa...
Un libro che mi dispiace aver comprato e poi letto è, invece, “Cinquanta sfumature di grigio”. Sfogliando un settimanale, avevo letto di come avesse (ri)avvicinato alla lettura milioni di persone, così mi ero lasciata incuriosire. Non sono riuscita a finirlo. Incredibili, davvero, le leggi del mercato editoriale.
Infine, il libro che porterei sempre con me: “Le cazzate che dice mio padre” di Halpern Justin. Non è annoverato tra i migliori best-seller mondiali ma lo ritengo un capolavoro di ironia educativa. Ce ne fossero di più, di padri come il suo. Capaci di tanta franchezza e pragmatismo.
Nel 2012 partecipi al Premio Letterario "La Giara" con il romanzo dal titolo "Tra cielo e terra" che supera la selezione. Cosa ricordi di questa esperienza?
Ricordo le lacrime, tante lacrime. Ho pianto di fronte al monitor, quando ho saputo di essere stata selezionata. Era la mia prima esperienza in fatto di scrittura e non speravo veramente di approdare in semifinale. Poi, ho pianto sul divano accanto a mio marito, per tutta la diretta televisiva che si è tenuta ad Agrigento. Ho pianto alle belle parole che Dacia Maraini ha dedicato a chi, come me, non era presente. L'anno precedente, tutti i semifinalisti erano stati invitati a partecipare nella meravigliosa cornice della Valle dei Templi. Sarebbe stata un'esperienza da perdere il fiato, rappresentare il Trentino nella mia terra natia. Così non è stato. Quando ho capito che l'invito, per quell'edizione, era stato esteso solo ai tre finalisti è stato davvero un colpo durissimo. In ogni caso, sono orgogliosa del risultato.
Nel 2014 esordisci con "L'amore liquido”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
All'interno de “L'amore liquido” i lettori troveranno la cronaca di un'ossessione d'amore. Si immergeranno in una storia che si dipana per un percorso esistenziale lungo dodici mesi. Il protagonista è Andrea, un pittore che dopo la separazione dalla moglie vive il proprio fallimento umano e artistico trascinandosi per casa all'interno di giornate cupe, sempre uguali a se stesse fino a quando non si imbatte in Lola, la peggiore delle compagne. Da quel momento, la discesa verso il fondo della propria anima è inevitabile e dolorosa.
Quali tematiche affronti nel libro?
È molto difficile spiegare senza svelare troppo. Le tematica principale è quella della separazione della coppia, alla quale si agganciano il senso di insicurezza legato alla precarietà economica e l'incombenza della clessidra biologica, soprattutto femminile. Tratto il tema della maternità e il disagio del fallimento su ogni fronte di un uomo già provato a livello esistenziale.
Quale messaggio vuoi trasmettere?
Volevo far riflettere sulla precarietà dell'equilibrio proprio e in relazione agli altri. Ho scritto una storia che mostra quanto sia facile ritrovarsi ai margini e vedersi affondare quando, per errore, si mettono i piedi nelle sabbie mobili della vita. Nonostante i toni cupi, lascio però un messaggio di speranza, un messaggio che fluisce come un corso d'acqua sotterraneo, pronto a sgorgare da un momento all'altro.
Qual è stato l’input per “L’amore liquido”?
Un sabato pomeriggio, me ne stavo sdraiata sul letto fissando il soffitto dopo aver letto un pezzetto de “L'elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam e, bam, l'idea è arrivata. Una specie di colpo di fulmine. Poiché si tratta del nocciolo della storia, che viene svelato solo alla fine, non posso dire altro...
Hai qualche altro progetto in cantiere?
Ho diverse idee e cominciato a stendere più di una storia ma, in realtà, aspetto un nuovo lampo ispiratore, una nuova Lola.
È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!
Il piacere è stato mio. Grazie di cuore per la tua ospitalità.
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