Intervista a Guia Risari, scrittrice dai mille talenti

Da Iladev @IlariaDeVita

Ta dan! Per la mia prima intervista qui a La rana a righe, il mio piccolo blogghetto senza pretese (autostima a go-go!), sono felicissima di ospitare Guia Risari. La conoscete già? È una bravissima scrittrice di libri per bambini (e non) in varie lingue ma anche sceneggiatrice teatrale, traduttrice, giornalista, poetessa e  realizzatrice di laboratori di scrittura e lettura per bambini e ragazzi. Insomma una ragazza dai talenti variegati (e gentilissima!) con il prezioso dono della parola scritta.

Tra i suoi libri per bambini pubblicati in Italia ci sono: Gli occhiali fantastici (Franco Cosimo Panini), Il cavaliere che pestò la coda al drago (Edt-Giralangolo), Pane e oro (Franco Cosimo Panini), La macchina di celestino (Lapis), La coda canterina (Topipittori), Achille il puntino (Kalandraka). I primi due ho avuto modo di leggerli ed arriverà a breve una recensione qui sul blog!

Intanto però godetevi le risposte di Guia alle mie domande.

- Quando hai iniziato a scrivere libri per bambini?

Nel 2004, dopo alcune letture che hanno smosso qualcosa. Ma fin da piccola sono stata nutrita a favole che, prima di leggere, ascoltavo e questo ha costituito un’importante memoria: la memoria del piacere delle storie. C’è da dire poi che alle scuole elementari e medie ho avuto degli insegnanti illuminati che ci facevano scrivere e inventare moltissimo. E poi le letture, gli studi e la vita hanno fornito una serie di spunti essenziali. In ogni caso, alla base c’è un’insopprimibile passione per la narrazione.

- Da cosa trai ispirazione in genere per le tue storie?

Da letture disparate – leggo moltissimi romanzi e novelle per adulti – ma anche da fantasie e sogni. A volte, vedo la storia dipanarsi davanti ai miei occhi come un piccolo cortometraggio e devo appuntarmi l’idea o la frase iniziale per non dimenticarmela. Altre volte comincio a scrivere e non so dove la cosa mi porterà. La storia prende forma direttamente dalle parole. In ogni caso, c’è un periodo di accumulo, in cui si assorbono spunti di varia natura, magari discutendo, ascoltando una storia, vedendo un film, vivendo certe esperienze, e un periodo in cui questi spunti si condensano in una storia autonoma. Non è un processo lineare che si riesca sempre a prevedere. Ma è un lavoro perché è un modo – faticoso o gioioso – di dare vita a qualcosa che prima non c’era. E che non è incoerente e improvvisato perché è seguito da un periodo di decantazione, rilettura e riscrittura.

- Puoi parlarci del tuo ultimo libro, “El regalo de la giganta”, uscito recentemente in Spagna?

Sì, è un libro molto poetico e aperto che parla di una gigantessa che vive da qualche parte e che muove il mondo non solo con la potenza del suo corpo, ma anche dei suoi sentimenti. È una sorta di anima del mondo o, meglio ancora, di divinità che tutti coinvolge, similmente alle divinità della ancestrali fecondità, le famose veneri preistoriche. La nostra gigantessa è anche capace di accettare il silenzio dei più timidi e di cercare per loro le parole preziose che stanno nascoste in fondo agli oceani. Sono molto contenta di questo libro, illustrato con uno stile pittorico che ricorda un po’ Klee, e che mi dà modo di parlare coi bambini delle divinità legate alla natura che hanno animato le credenze umane. L’editrice Arianna Squilloni di A Buen Paso è, tra l’altro, una poetessa e ha una grandissima sensibilità per la lingua e la qualità della storia. Sa insomma che un libro per bambini è tutt’altro che un banale passatempo.

- Hai sempre voluto fare la scrittrice? Se non fossi riuscita a fare questo lavoro fantastico quale sarebbe stato il piano b?

Ho sempre voluto fare la scrittrice. Lo affermo già in un tema a 8 anni. Avevo le idee molto chiare. Ero convinta che prima avrei vinto le olimpiadi e poi avrei fatto la scrittrice. Per le olimpiadi, mi dico, c’è ancora tempo. Non so se è un lavoro fantastico. Quando incontro i miei lettori, mi dico di sì. Altrimenti, quando apro la casella della posta per ricevere i famosi no editoriali, mi dico che bisogna essere molto motivati e persistere. Personalmente, riciclo queste lettere e dall’altra parte del foglio stampo i miei scritti. Comunque di piani b, certo che ne ho avuti e no ho tutt’ora. Si tratta sempre di professioni molto pratiche: la studiosa, la ballerina, la cantante blues, la rabbina, la psicomotricista, la filosofa, la cuoca, la vetturina…

- Ricordi il primo libro che hai letto? E cosa stai leggendo adesso?

Il primo libro che ho letto? Prima di saper leggere autonomamente, c’erano i libri che ascoltavo e imparavo a memoria. Per lo più, antologie di fiabe – alcune tristissime – che richiedevo a gran voce. I sentimenti che da adulti ci sembrano difficili da sopportare – dolore, paura, morte – non mi parevano da bambina così pericolosi. Come lettura autonoma ricordo i Barbapapà e poi Cipì di Lodi, letto in classe. All’epoca era un classico e tutti noi tremavamo di paura davanti alla terribile civetta e di tenerezza per il piccolo Cipì. Poi ci sono stati, quasi subito, tutti i libri di Rodari e quasi tutti i volumi della celeberrima collana Il Mangiafuoco, diretta da Rosellina Archinto.

Adesso sto leggendo Uncle di John Perceval Martin. È un libro della fine degli anni Sessanta, recentemente ripubblicato nella sua integralità. Pieno di umorismo e di fantastiche idee. Un ricchissimo ed eccentrico elefante, Uncle, vive con la sua corte in un palazzo labirintico costituito da una serie di grattacieli colorati. E ogni giorno Uncle e i suoi amici cercano di far fronte agli attacchi dei loro avversari: gli scombinati e pestiferi abitanti di Badford Crowd. Un piccolo gioiello dimenticato della letteratura per l’infanzia. Mai tradotto purtroppo in italiano. A volte, vale la pena frugare negli archivi della memoria…

- Tra i tuoi libri a quale sei più legata affettivamente?

Forse La terre respire (Memo 2008) perché è un libro che sento di aver seguito dall’inizio alla fine, contattando autonomamente l’illustratore che ritenevo più adatto – il bravissimo Alessandro Sanna – e perché è un libro che, nei toni e nei contenuti, non ha età. Parla a tutti, come, secondo me, ogni buon libro dovrebbe fare ed esprime la mia idea di universo e di natura, che è una visione molto panteistica. Tutto è vivo e a questo tutto noi apparteniamo. Quando leggo questo testo, in francese e in italiano, ai bambini, restano affascinati e non è difficile comporre poi insieme un poema collettivo dedicato alla terra con tutte le analogie che vengono in mente osservandola. In questo discorso metaforico non contano più le abilità scolastiche, ma la libertà associativa ed espressiva. È molto valorizzante e i risultati sono sorprendenti. Sarebbe bello che fosse “tradotto” – magari da me ! – in italiano.

- Ci consigli un libro per bambini che hai nel cuore?

Uno non basta. Almeno due. Il primo è Winnie the Pooh, ma il libro originale, quello del 1926, che non ha nulla a che vedere con la versione cinematografica. Il libro di Alan Alexander Milne ha tenerezza, poesia e quella sottile ironia che si crede sia prerogativa degli adulti, ma che i bambini colgono e apprezzano moltissimo. E poi ci sono tanti giochi linguistici per chi ha la fortuna di leggere l’inglese. Il secondo è un albo illustrato che ho scoperto da poco e che è in effetti recente: L’ombre de chacun (Memo 2013) di Mélanie Rutten. Anche qui c’è dolcezza, umorismo e gioco, commozione e profumi di bosco. É un universo incantato quello che questa autrice belga ha creato. E io sono molto grata agli autori che mi fanno vivere queste emozioni perché le porto con me per tanto tempo dopo la lettura, spero per sempre, e mi aiutano ad affrontare i giorni di pioggia.

Grazie mille Guia e a presto!


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