11 aprile 2014 • Interviste, Vetrina Cinema
Nel cast all star di Un matrimonio da favola, nuova fatica dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina, troviamo anche lei, Ilaria Spada. La giovane attrice, dopo gli esordi nel mondo della televisione, sta ormai trovando la sua perfetta dimensione cinematografica. Lo dimostra in modo evidente con questa sua ultima prova, nella quale si districa e si fa notare con maturità, disinvoltura e perfetti ritmi comici al fianco di nomi come Emilio Solfrizzi, Paola Minaccioni, Ricky Memphis e Max Tortora. Regalandoci così una piacevole sorpresa.
Ilaria ci racconti il tuo personaggio?
Sara è un personaggio a cui mi sono davvero affezionata. E’ una donna molto simpatica, semplice, che viene dalla borgata romana, e che forse proprio per questo, proprio per questa sua provenienza da una società incontaminata, da un sottonucleo del mondo, è ancora legata ai valori tradizionali, alla famiglia, al lavoro. Sara ha un fidanzato, e scopre che lui è sposato ed è un vigliacco. Ma alla fine accetta la delusione e accetta anche la debolezza del suo uomo. E’ un personaggio che ho amato per la sua “rotondità” e per la sua insospettabile maturità.
Com’è stato tornare a fare una commedia al cinema? E’ un genere che senti nelle tue corde?
Da spettatrice non sono una grande amante della commedia leggera, perché mi piacciono film più autoriali e intimisti. Adoro interpreti come Anna Magnani, che sono capaci di trovare la risata anche nel grande dramma. Come spettatrice preferisco le commedie che sanno far sorridere anche di alcune situazioni critiche, diciamo che prediligo la commedia amara. Invece da attrice, mi piace molto anche la commedia più surreale. E’ davvero divertente per un attore recitare in commedie così, come Un matrimonio da favola. Tra l’altro, devo dire che in questa circostanza i Vanzina hanno anche aggiunto un tappeto di sentimenti, che viene fuori con leggerezza.
Con chi ti sei trovata più a tuo agio sul set?
A me piace il lavoro di squadra e sul set sono stata davvero bene con tutti. Se devo fare un nome, dico Paola Minaccioni, con cui mi sono trovata stupendamente. Con lei ad esempio condivido un grande amore: quello per Anna Marchesini. Entrambe conosciamo a memoria i suoi sketch, le sue battute. Per me è un attrice dal talento straordinario.
Quanto è difficile fare l’attrice in Italia? Tu hai incontrato ostacoli?
Le uniche vere difficoltà sono state esclusivamente legate alle mie incertezze. Ho iniziato a fare danza classica a tre anni e all’inizio della mia carriera ho fatto la ballerina per la televisione. Questo mi ha creato un po’ di confusione, perché non sapevo bene se provare il passaggio alla recitazione. In generale credo che la maggiore difficoltà per un attore italiano sia quella di superare il limite del clichès. In Italia siamo da sempre abituati a rinchiudere un attore in uno stereotipo, ed è complicato uscirne se non trovi registi che ti diano nuove possibilità.
Com’è nata la tua passione per il cinema?
E’ nata sicuramente dopo quella per la danza, ma comunque presto. Mi ricordo ad esempio che all’età di sei-sette anni vidi Incompreso di Luigi Comencini e rimasi molto turbata. Poi al liceo ho seguito un corso di critica cinematografica nella mia scuola. E all’esame di maturità portai una tesina su verismo e neorealismo.
Il progetto artistico a cui ti senti più legata?
Io sono legata a tutti i progetti a cui ho preso parte. Però forse l’esperienza che più mi ha segnata è stata quella a teatro, con lo spettacolo Pipino il breve, a Catania. E’ stata un’importante palestra, un fondamentale momento di formazione.
Con quale regista vorresti lavorare?
Abbiamo tanti bravi registi in Italia, ma non desidero lavorare con nessuno in particolare. Vorrei più che altro che mi proponessero una sceneggiatura interessante ed originale. Si dice sempre che il cinema italiano oggi manchi di buone sceneggiature. In parte è vero, ma credo anche si stiano formando sceneggiatori molto bravi.
Chi è Ilaria Spada fuori dal set?
E’ una donna dalla personalità estremamente complessa. Per un po’ di tempo ho cercato di semplificarmi, ma poi ho capito che avere tante sfaccettature è una ricchezza se ne si è consapevoli. Ecco perché adesso accetto la mia complessità e provo a trarne beneficio
La maternità come cambia la vita di un’attrice?
La maternità ti obbliga a stare ferma, a non fuggire. A me, che sono una persona che ha bisogno di viaggiare, perché dietro un viaggio ho sempre trovato una sorta di fuga mentale, la maternità mi ha costretto all’ascolto di me stessa. E capire se stessi, di conseguenza, giova anche all’aspetto lavorativo.
Tre aggettivi per il cinema italiano di oggi?
Direi che il cinema italiano oggi è un po’ impaurito, ma allo stesso tempo anche speranzoso. E’ un cinema in ripresa, che fortunatamente ha ancora tante cose da dire.
I tuoi progetti futuri?
Ho diversi progetti, ma di molti ancora non voglio o non posso parlarne. Posso dire però che mi vedrete presto nel film di Diego Bianchi, Arance e martello.
Di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net
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