D) Come definirebbe il suo romanzo? R) Un racconto in cui tutti possono trovarsi coinvolti. Uno spaccato di vita che narra la fragilità della natura umana, capace, attraverso un intricato sistema di relazioni interpersonali, di amplificare il male che è proprio di ogni essere umano. Un thriller silenzioso e subliminale.
D) Quanto di suo vissuto c'è nel libro? R) Quasi tutte le vicende narrate appartengono alla realtà e descrivono fatti e circostanze realmente accaduti. La libertà narrativa concessa ha solo permesso di legare questi eventi, seguendo uno schema ben preciso. Taluni accadimenti sono il frutto della mia percezione diretta, altri appartengono alla letteratura sociale.
D) Da dove ha preso spunto per scrivere il suo romanzo? R) Da archivi di cronaca nera e da studi di criminologia per lo più appartenenti agli Stati Uniti d’America ove tali scienze forensi hanno avuto uno sviluppo didattico davvero notevole. Scavando in documenti dimenticati, ed analizzando casi particolari, sono emersi quegli elementi che costituiscono l’esoscheletro della storia.
D) Fondamentale nel suo libro sono le ambientazioni, vere protagoniste della storia, da dove trae ispirazione? R) Sono convinto che l’uomo debba essere più attento alla natura che lo circonda. Siamo un unicum imprescindibile e non possiamo continuare a far finta di essere creature “aliene” sul nostro stesso pianeta. Un tramonto, o un lago increspato, evocano quei miti e quelle leggende che spesso non sono altro che un modo particolare per raccontare la vera storia dell’uomo. A me basta uno scorcio di uno scenario surreale e i protagonisti delle mie storie si appropriano di tali luoghi imprimendovi le loro storie.
D) Il suo libro è un autopubblicazione. Come mai ha deciso di non rivolgersi a nessun editore e di fare tutto in proprio? R) Dopo aver letto proposte contrattuali ignobili (pochissime a dire il vero) ho scoperto l’autopubblicazione che offre vantaggi da non sottovalutare ed appaga quel senso di comunicazione propria di ogni scrittore.
D) Che consigli darebbe a chi vuole intraprendere la carriera di scrittore? R) Di non innamorarsi mai eccessivamente dei propri scritti, di accettare le critiche e di non avere la presunzione di esser l’unico a saper fare certe cose. La scrittura è una forma d’arte, antica come la pittura, ma tendenzialmente più intima e articolata. Non bisogna nemmeno vergognarsi di esporsi al pubblico perché ogni parola è figlia di un sentimento.
D) Quali sono i suoi maestri? R) Coloro che riescono a scuotere la mia anima. Coloro che mi portano lungo il cammino della loro vita offrendomi quelle sensazioni che rivedo solo nell’estremismo della sofferenza e della generosità.
D) I suoi scrittori di thriller preferiti? R) Senza dubbio Umberto Eco, Brian Freeman e Donato Carrisi
D) Il miglior libro che abbia mai letto? R) Si contendono il primato “Il nome della Rosa”, “Polvere e Sangue” e “Il Suggeritore” quest’ultimo un vero capolavoro moderno.
D)...e il peggiore? R) Il limite di battute di questa gradevole intervista non mi consente di rispondere a questa domanda.
D) Chi è Luigi Rossi? R) Un osservatore senza esperienza, che rinnova quotidianamente la voglia di conoscere ed approfondire.
D) Quali sono i suoi progetti letterari futuri? R) Continuare a raccontare del male e della malvagità. Rosa Aeternum Nematocisti è solo un capitolo di un progetto maggiore che spero possa presto vedere la luce.