Intervista a Marco Cappelli, terza parte

Creato il 01 aprile 2010 da Empedocle70


Ho notato in questi ultimi anni un progressivo avvicinamento tra due aspetti della musica d'avanguardia, da un lato l'aspetto più accademico e dall'altro quello portato avanti da musicisti ben lontani dai canoni classici e provenienti da aree come il jazz, l'elettronica e il rock estremo come Fred Frith, John Zorn, la scena downtown newyorkese e alcune etichette di musiche elettroniche come la Sub Rosa e la Mille Plateux. Che ne pensa di queste possibile interazioni e pensa che vi sia spazio anche per esse in Italia?

Il fenomeno culturale che descrivi molto bene e` in realta` frutto della curiosita` dei musicisti piu` intelligenti, ed in qualche modo e` sempre avvenuto nell'ambito delle cosiddette avanguardie: penso ad esempio alla sensibilita` di Ravel per il jazz o ai rapporti di Stravinsky con la danza e il teatro.
Se invece ti riferisci alla programmazione delle sale di concerto, la progressiva "istituzionalizzazione di ragazzi cattivi" e` in atto da diversi anni: per dare dei riferimenti, almeno da quando le grandi associazioni di musica classica hanno cominciato ad includere nelle proprie stagioni i compositori minimalisti come Glass e Reich o da quando l'ECM ha cominciato a pubblicare la musica di Arvo Part.
Mi astengo dal giudizio se cio` sia bene o sia male, cioe`intendo tenermi fuori dalla diatriba che coinvolge i difensori del purismo estetico dei vari mondi musicali, a cominciare da quello della chitarra per finire a quello ad esempio del jazz o della musica classica. Di fronte a qualcosa che "e`" non mi interessa dare un giudizio di valore ma piuttosto armarmi degli strumenti per comprendere ed interpretare la realta`di fatto.
Naturalmente l'Italia arriva sempre ultima nel comprendere dove si muove la tendenza culturale dominante, e vedo nei cartelloni concertistici piu`l'affanno di seguire la moda che la capacita` di comprendere dove sia la novita` nella musica contemporanea. Con le dovute eccezioni, naturalmente.

Sembra essersi creata una piccola scena musicale di chitarristi classici dediti a un repertorio innovativo e contemporaneo, oltre a lei mi vengono in mente i nomi di David Tanenbaum, David Starobin, Arturo Tallini, Geoffrey Morris, Magnus Anderson, Elena Càsoli, Emanuele Forni. si può parlare di una scena musicale? Siete in contatto tra di voi o operate ciascuno in modo indipendente? Ci sono altri chitarristi che lei conosce e ci può consigliare che si muovono su questi percorsi musicali?
Conosco naturalmente tutti i nomi che hai menzionato, alcuni sono miei amici mentre di altri seguo l'attivita` con grande interesse.
Del fatto che conoscersi basti a creare una scena musicale non sono sicuro, se per scena musicale intendi una realta` dove esista uno scambio attivo di collaborazioni, anche perche` i nomi che hai citato, incluso il mio, sono raramente attivi nel circuito dei festival chitarristici sensibili a Tarrega o nel migliore dei casi a Roland Dyens (e lo dico con grande rispetto della musica tanto di Tarrega che di Dyens), dunque non e` facilissimo incontrarsi.
Ma spero tuttavia che accada presto, anche perche`, come ho verificato durante il corso che ho tenuto a Venezia lo scorso mese di Ottobre, credo che ci sia una forte richiesta di "informazione" da parte degli studenti di chitarra dei Conservatori e delle Accademie private che, come tutte le istituzioni, sono in ritardo nel comprendere i cambiamenti (vedi sopra e sempre con le dovute eccezioni).
Guarda, la butto li`: io sarei felicissimo se un festival chitarristico mi offrisse la direzione aristica di una stagione! Inviterei a suonare dei "marziani"come Kazuhisa Uchiashi, Nels Cline e Dominic Frasca (giusto pe cominciare), e sopratutto creerei un progetto per farli collaborare... vedremmo poi se l'affluenza di pubblico da` ragione a me o al cartellone del festival di ...boh, fai tu un nome a caso, ce ne sono tanti che sono poco interessanti!