Intervista a Marco Scalabrino

Creato il 05 giugno 2011 da Temperamente

Questo pomeriggio è con noi Marco Scalabrino, giunto alla 4° raccolta di poesie in dialetto siciliano: “La casa viola”. Una penna elegante, raffinata e versatile. Ha collaborato con periodici culturali non solo italiani.


1) Cosa ti spinge a scrivere poesie? Perché in dialetto?

Il senso di “partecipazione, anche coi nostri atti di poesia, alla costruzione di una società libera e giusta, cosciente ormai di potere progredire solo nella pace e nella concordia fra i popoli”.

In Siciliano perché il mio sentire è siciliano, i miei pensieri nascono in siciliano, il mio animo è profondamente, convintamente siciliano.

2) Ci sono autori a cui ti senti particolarmente legato o che ti hanno influenzato in qualche modo?

Spero né influenzato né legato; affascinato sì: Omero, Dante, Edgar Lee Masters e molti altri; Paolo Messina per la poesia dialettale siciliana.

3) Che spazio ha la poesia nella nostra società oggi? E cosa significa per te?

Lo spazio di guardare, oggi come sempre, all’uomo e all’universo che è in lui e, come scrive Donatella Bisutti, il significato di salvare la vita.

4) Pensi che la tecnologia abbia influito sulla scrittura in generale e sulla tua in particolare?

La tecnologia è parte ragguardevole del nostro vivere quotidiano; non può non avere riflessi nella scrittura. Nella mia, si vedano ad esempio: Ctrl+alt+canc e Virtuali e guàrdati.

5) Cosa rappresenta “La Casa Viola”?

Il testo La Casa Viola e l’intera silloge, della quale esso intende essere l’uscio, la sintesi e la chiave di lettura, sono compiutamente rappresentati dalla immagine di copertina. La Casa è l’uomo, l’umanità colta nella consapevolezza della sua solitudine e della sua pochezza rispetto all’universo; il colore viola, che sento prossimo all’inquietudine, al ribollimento interiore, ne incarna i limiti e i tormenti. Nello specifico, più che alle mie, preferisco ricorrere alle parole di Flora Restivo dalla sua puntuale prefazione al libro: “lo studio sulla parola, il rispetto per la materia scelta come mezzo espressivo, uno spinoso lirismo, in una silloge in cui le poesie, pur creature a se stanti, compongono altresì un canovaccio, una storia con un fil rouge che è l’uomo, il bene e il male, i complessi rapporti che ne seguono, il cui percorso spazia nella storia, nella cronaca, nel passato e nel presente, nelle mille ambivalenze del reale, nelle sue contraddizioni”. E ancora: “un lavoro svolto con amore e per amore di un poiein in grado di proporre moduli espressivi inconsueti e impegnativi, schemi variegati fino alla corrosività, insoliti nell’ambito della forma, delle strutture semantiche, del metodo di esprimere i contenuti, capace di mantenere intatti senso e valore al fine di dare l’adeguato risalto alla nobiltà e alla qualità della scrittura in dialetto, innegabilmente singolare e anticonformista e, altrettanto innegabilmente, impastata di cristallina sicilianità”.

Ringraziamo Marco e… alla prossima!


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