Intervista a Pablo T

Creato il 03 gennaio 2016 da Leggere A Colori @leggereacolori

Dopo il successo de “Lo scopatore di anime” Pablo T torna con un romanzo molto particolare, dalle tematiche non semplici e con una scrittura avvolgente e spiazzante porta il lettore nel vivo della narrazione. “Verrà qualcuno a salvarti” edito da David and Matthaus Edizioni racconta la storia di due destini alla deriva che si incrociano, precipitano, per poi trovare una salvezza. Un vortice di intrecci mozzafiato, toccanti, sconvolgenti che scava nelle fragilità umane.

Con un linguaggio da poeta di strada che arriva a tutti, Pablo è un romanziere, poeta, viaggiatore, attivista nel sociale. Di origini Italiane e francesi, consegue, in Italia, il diploma in materie umanistiche e già a 17 anni inizia a frequentare i moti studenteschi. Volontario in Congo, leader pacifista in Europa, artista di boulevard tra gli artisti di strada, vivrà parallelamente una vita di lavoratore ordinario e di zingaro in giro per il mondo, scrivendo per molte riviste letterarie estere. Definito anche lo scrittore della salvezza, della soluzione, del riscatto, o lo scrittore dell’amore perduto, il suo stile rifonda la corrente del realismo o della letteratura urbana, e con questa ultima fatica apre la strada a un nuovo stile: “il romanzo d’amore sociale misto al thriller psicologico”.  La sua pagina ufficiale “Pablo T” sul noto sociale Facebook conta più di 15.000 sostenitori.

“Verrà qualcuno a salvarti”, il tuo nuovo romanzo è stato definito tormentato, crudo, a tratti aspro, ma sentimentale e toccante, quanto mai attuale. Una storia d’amore pura e evocativa, dove la seduzione cerebrale vince su istinto e passione. Protagonista Andrea Du Preux, un viaggiatore solitario dannato e infelice, deciso a farla finita. Come sei riuscito a caratterizzarlo? E come hai intrecciato le diverse vicende umane dei personaggi?

Ho pensato a un romanzo che potesse essere letto come e meglio di un buon film, a tutti quegli elementi che potessero tenere incollato il lettore alla trama, senza che questa trama fosse, per forza di cose, un thriller o un giallo, volevo portare il lettore dentro una storia fitta di vicende drammatiche e umane, una storia che fosse sentimentale, ma anche evocativa e di stampo sociale. Inserire una poesia discorsiva in una struttura romanzata. Il protagonista, forse, è ispirato ai miei tanti viaggi pregressi, egli è un uomo che ha un’ultima meta da raggiungere, un estremo porto su cui attraccare, ma è anche un tizio che è, paradossalmente, aperto alla bellezza della vita e si meraviglia ancora di ogni cosa. Da qui, si alimenta una giostra di incontri, di sentimenti seppelliti, di destini che si spargono come sale sulle strade delle vite di comparse e protagonisti.

In questa pubblicazione hai affrontato tematiche delicate come l’autolesionismo adolescenziale, la violenza sessuale e il suicidio. Ti sei ispirato a fatti di cronaca, a situazioni che conosci o è stato un puro caso creativo?

Volevo raccontare anche una storia di violenza, di incomprensione, e, poi, di salvezza, volevo immaginare come l’incontro di due destini alla deriva, quasi alla fine della loro corsa, potesse creare una certa alchimia, volevo ricostruirne i pezzi, volevo che lo facessero loro, volevo che lo facesse il lettore. Gli argomenti sono di certo spinosi, difficili da affrontare, ma ogni cosa è lenita dalla dolcezza, dalla speranza, dall’amore, il romanzo è una grande storia d’amore come mai ne avete lette prima. Ho voluto, tra l’altro, descrivere le difficoltà adolescenziali; tempo addietro, ero rimasto molto turbato da un autolesionismo giovanile che si può, purtroppo, visionare anche in rete, da questi urli soffocati che in pochi hanno saputo decifrare, così mi sono messo nei panni di una minorenne che ha paure pronte a distruggerle il futuro e un vissuto familiare che l’ha cambiata per sempre. Ho voluto mettere dinanzi al lettore alcuni dei peggiori mali del mondo, tra cui l’indifferenza e l’incomprensione, e poi unirli in un mosaico che è un meraviglioso intrecciarsi di destini, di speranze, e di salvezza.

Victor Hugo scrisse: “Morire non è nulla; non vivere è spaventoso.” Una tua riflessione. Che significato ha per te la morte?

Come dico in una frase del romanzo, la morte è una sposa che ti promette fedeltà per sempre. Mi ha camminato accanto negli anni e io non l’ho mai compresa sino in fondo. Mi chiedevo sempre cosa volesse davvero, quale fosse il suo fine. Per alcuni la morte potrebbe essere l’unica soluzione, l’unica alternativa capace di cancellare le cose irrisolvibili, per altri una conseguenza naturale, per altri ancora solo paura. Sinceramente, non so cosa sia. Spero solo che quando verrà, avrò avuto già modo di poter dire al mondo tutto quello che penso.




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