Intervista a Raffaele Mascaro

Da Pietroinvernizzi


Sposato da quattordici anni, padre di due bambine, vive a Brugherio da quasi vent’anni dopo averne passati ventisette a Brà, nel cuneese. Quarantacinque anni, in Shimano da otto e da cinque si occupa del marchio G. Loomis a livello europeo. Dal 1994 è membro della Federation of Fly Fishers, unico italiano del Casting Board of Governor, istruttore Master e Two Handed della stessa organizzazione.

Da quanto peschi?

Ho iniziato a pescare seriamente abbastanza tardi, intorno ai vent’anni. Ho esordito con lo spinning e poi durante una vacanza estiva, leggendo una rivista di pesca decisi di provare la pesca a mosca e da allora non ho più smesso.

Che tecniche pratichi, in genere dove e rivolte a che pesce?
Da come si sarà capito, pesco a mosca al 99% e da poco, grazie agli amici calabresi,  mi sono avvicinato allo spinning in mare. Esperienza che mi sta aiutando a capire come affrontare al meglio il Mare Nostrum con la mosca. Pesco ovunque, sia in Italia che all’estero. Avendo un lavoro che mi porta spesso in giro ne approfitto per pucciare la coda ovunque mi trovi, anche se il Pacific North West americano è l’area che mi piace maggiormente e la Steelhead è il mio pesce preferito. Poi c’è un lungo elenco di specie che mi fanno comunque impazzire: tarpon, salmone atlantico ed alcune specie di salmone del pacifico, GT e ovviamente trote e temoli. Poi c’è un altro elenco di quei  pesci insediati per provare ma che non mi fanno impazzire e poi c’è ancora un lungo elenco di luoghi dove mi piacerebbe pescare.

Qual è la tua tecnica preferita e perché?
La pesca a mosca in ogni sua forma, sia in acqua dolce che in mare, con canna ad una mano e a due mani. Non mi sono mai fatto “pippe” su solo i pesci tradizionali, solo a secca o solo qualcos’altro, ma ho sempre cercato di esplorare tutti i possibili orizzonti di questa tecnica. Mi viene da ridere quando sento ancora discussioni su questo è meglio di quest’altro e il più delle volte gli artefici di questi discorsi non hanno mai provato ne l’uno ne l’altro.

Quanto tempo riesci a dedicare alla pesca?
Mai a sufficienza quanto vorrei e sempre più concentrato in periodi più o meno lunghi. Fortunatamente riesco a ritagliarmi spazio per dei viaggi ad anadromi e fortunatamente la fabbrica della Loomis è in una delle migliori zone al mondo per la pesca delle Steelhead.


Cos’è per te la pesca?
Sarebbe facile dire che è svago, che è contatto all’aria aperta, che è una sfida continua con le specie che ci piacciono e con noi stessi. Ma in realtà è una malattia, di quelle pesanti, e da cui non riesco a guarire, anzi.  Un non pescatore come definirebbe uno che si sveglia nel cuore della notte, si mette in macchina e rientra di notte? Uno che è disposto a volare dall’altra parte del pianeta, pescare 10/12 ore filate per una decina di giorni, sopportare pioggia, freddo, caldo, camminare per chilometri lungo un corso d’acqua, passare le nottate a costruire mosche? Un malato!

Ti ricordi il primo pesce che hai preso?
Il primo pesce che ho preso é stato un persico reale in lago. Ricordo ancora l’attrezzatura “super sensibile e tecnologica” utilizzata nell’occasione: una bella canna in fibra per il bolentino, utilizzata a spinning con un ondulante che avrebbe ammazzato un cristiano. Sì devo dire che il primo pesce fu proprio un suicida!

Quali sono i tuoi record attuali?
Steelhead da 102cm, salmone atlantico da 95 sono i due che ricordo più volentieri per tutto il contesto in cui è avvenuta la cattura. Poi ci sono catture come il Luccio da 108 o tante trote molto belle che non ho mai misurato. Una cosa che mi preme sottolineare è che evito di parlare di peso, a meno che non ci sia una bilancia a dichiararlo. Troppe volte sento di catture di chili ed ogni volta mi chiedo come facciano i pescatori ad essere così sicuri del peso, mani speciali, occhi speciali? La cosa più bella sono le stime a chili dei pesci persi, troppo divertenti…

Cosa ne pensi della gestione delle acque in cui peschi?
In Italia, a parte poche eccezioni, purtroppo è un disastro. Avremmo acque bellissime, ma distrutte o trattate malissimo per stupidità e interessi vari. Non sono positivo sul futuro, per lo meno, fino a che avremo ai vertici una Federazione che fa gli interessi di pochi garisti e non quello dei molti pescatori ricreativi. All’estero si lamentano tanto quanto noi, ma non si rendono conto che in confronto a noi pescano nel paradiso terrestre. A parte la gestione delle acque in genere, c’è da considerare un livello di educazione all’ambiente in generale altissimo, cosa in cui noi difettiamo. Qualche segnale positivo al riguardo c’è, ma la politica “meglio l’uovo oggi che la gallina domani” ha ancora troppi sostenitori.

Catch&Release si o no? (Su quali specie e per quali motivi)
Sono favorevole si, ma mi piace vederlo come processo di crescita e presa di coscienza del pescatore. Per come sono messe le nostre acque dovrebbe essere obbligatorio, sia in acqua dolce che in mare e non mi si venga a dire che le risorse del mare sono infinite. Se uno decide di portare a casa una trota, comunque di una certa misura in un fiume sano e che abbia già dato vita al fiume non mi scandalizzo, se ne porta a casa tre o quattro mi incazzo, se poi parliamo di misure minime ridicole e numeri di pesci consentiti pari a otto o dieci, come in certe regioni, divento furioso. Peggio ancora chi trattiene il pesce per andare a venderselo. Questi sono quelli a cui, altro che il catch & release, bisognerebbe impedire di  pescare proprio.



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