Intervista a Rita Carla Francesca Monticelli

Da Luigimilani @luigimilani

L’universo del libro digitale si articola su più fronti: oltre all’editoria tradizionale, che talvolta sembra arrancare nel passaggio dal cartaceo al digitale, un ambito da non sottovalutare è quello degli autori indie, ossia indipendenti e autoprodotti. Si tratta di una tipologia che specialmente all’estero gode di una certa attenzione da parte del pubblico e, talvolta, anche degli agenti letterari che non di rado si trovano a fare scouting proprio nelle Top Ten degli ebook indie più venduti. Nel nostro paese una delle autrici più attive nel settore è Rita Carla Francesca Monticelli, autrice, traduttrice scientifica e web copywriter freelance. L’ho raggiunta via Web per rivolgerle qualche domanda.

Come mai la scelta, per molti versi coraggiosa, dell’autoproduzione?

Ciao Luigi, prima di tutto grazie per l’ospitalità nel tuo blog!

Ho iniziato a pensare seriamente di pubblicare i miei scritti solo pochi anni fa (nel 2009). A quell’epoca ero nel bel mezzo della prima stesura del mio primo romanzo di fantascienza originale (prima nell’ambito della narrativa avevo scritto delle fan-fiction). Ero ben lontana dalla fine, ma iniziavo a guardarmi intorno. E così presi a studiare un po’ la situazione (grigia) dell’editoria in Italia, per capire in che modo potessi approdarci. Allora l’unica vera possibilità di autoproduzione nel nostro Paese era il print-on-demand, visto che con gli ebook eravamo ancora agli albori. Ammetto che l’idea mi stuzzicava, in quanto per indole amo l’indipendenza, mi piace l’idea di poter gestire ogni aspetto della realizzazione del mio lavoro (non a caso sono una lavoratrice autonoma), ma allo stesso tempo ero ben consapevole dei limiti del print-on-demand, primo fra tutti i prezzi proibitivi dei libri di autori oggettivamente sconosciuti, se paragonati, per esempio, a quelli dei bestseller reperibili persino in edicola. In un Paese in cui si legge poco, mi sembrava qualcosa di abbastanza campato per aria. Poi è capitato, non ricordo come, che sono venuta a conoscenza di Kindle Direct Publishing di Amazon. Sto parlando della seconda metà del 2010, quando aveva appena iniziato ad affacciarsi in Italia (o lo stava per fare) e ovviamente di KDP non c’era neppure l’ombra. L’ho conosciuto tramite vari blogger anglofoni, che avevano intrapreso con ottimi risultati la via del self-publishing digitale. A quel punto mi si è aperto un mondo. Ho passato un intero anno a studiarlo nei minimi dettagli e a cercare di capirne le potenzialità. E più lo conoscevo più mi rendevo conto che poteva essere la scelta giusta per me. Più o meno nello stesso periodo il Kindle e KDP arrivavano in Italia. Così ho deciso che valeva la pena provarci.

Alla fine del 2011 ho completato quel “famoso” romanzo e l’ho bellamente messo da parte. Pochi giorni dopo, nel gennaio 2012, ho iniziato a lavorare a “Deserto rosso”, che ha visto la luce con il suo primo episodio il 7 giugno 2012, preceduto però a marzo da un altro ebook, pubblicato solo in forma gratuita su Smashwords, Kobo e iTunes, col quale avevo fatto un po’ le prove generali. Quindi diciamo che da una parte questa scelta è stata facilitata da un certo tempismo degli eventi. Probabilmente, se mi fossi trovata nella stessa situazione qualche anno prima, come tutti avrei provato a rivolgermi all’editoria tradizionale, proprio perché non vi era una vera alternativa. Ma, ti dico la verità, l’avrei fatto con poca convinzione. Al di là della poca fiducia nei confronti di gran parte dell’editoria tradizionale, ciò che mi avrebbe trattenuto sarebbe stato il poco controllo sul risultato finale, in particolare in relazione alle tempistiche lunghe che la caratterizzano. In questo senso la possibilità di accedere al self-publishing digitale mi ha dato la spinta necessaria per mettermi in gioco. C’è anche da dire che l’avvento di Amazon KDP ha avuto un’influenza positiva sulla mia produttività. Basti pensare che quest’anno ho scritto già lo stesso tanto dei tre precedenti messi insieme. Questo perché ho la certezza di scrivere per pubblicare, prima o poi, cosa che non esisteva prima.

Che tipo di riscontri hai avuto finora dalle tue pubblicazioni?

La parola giusta è sorprendenti, anche perché non sapevo proprio cosa aspettarmi. Ho iniziato tutto questo per fare un esperimento e non ero certa di ottenere chissà quali risultati. La diffusione degli ebook reader in Italia è ancora un fenomeno ai suoi inizi. La gente si sente legata al cosiddetto “odore della carta”. Io stesso possiedo un Kindle da poco più di anno e sono abbastanza restia a spendere molti soldi sul libro-file (che sa tanto di cosa evanescente), mentre continuo a farlo (anche se molto meno) col libro-oggetto.

Ciononostante proprio in questi giorni ho superato le 500 copie vendute in 6 mesi precisi dalla pubblicazione del primo episodio di “Deserto rosso”, per oltre il 90% relative a questo titolo (il secondo è appena uscito). Al di là dei numeri, che penso siano legati all’effetto combinato del basso prezzo e di una certa fame di fantascienza che c’è in Italia tra noi pochi (?) amanti del genere, visto lo scarso numero di titoli pubblicati rispetto ad altri generi, ciò che mi ha entusiasmato e continua a entusiasmarmi è il feedback positivo dei lettori. Quella è stata la sorpresa maggiore, che mi ha convinto sempre più di aver fatto la scelta giusta.

Pro e contro dell’autoproduzione: in altre parole, pubblicheresti mai con un editore tradizionale?

Al momento, ma neppure in prospettiva per il prossimo futuro, non credo che lo farei, a meno di molto improbabili offerte stellari da qualche grosso editore (in tal caso, magari, ci farei un pensierino.

Poi è chiaro, mai dire mai. Ma in generale mi sto talmente divertendo a essere indipendente che non trovo un buon motivo per cambiare direzione. Certo, da indipendente devi fare tutto da te. Per molti questo può essere considerato un contro, perché sono necessari tempo, impegno e competenze che non tutti hanno. Personalmente io lo considero un pro. Finora me la sono cavata abbastanza bene, combinando quello che so fare io, quello che imparo strada facendo e quello per cui mi affido ad alcuni collaboratori. Questi ultimi sono essenziali in particolare in fase di revisione/editing, altri mi hanno invece aiutato a realizzare una copertina e i booktrailer. In tutti i casi sono stata io a gestire l’intero lavoro, dettando i miei tempi e modi. Non sono riuscita a mettermi da parte neppure nella realizzazione dei booktrailer, che sono stati creati dal bravissimo Fabio Delfino, ma dietro precise miei istruzioni (ho scritto la sceneggiatura, fornito il materiale visivo e la colonna sonora, persino i font da utilizzare). Mi sto occupando in prima persona ovviamente anche della parte relativa alla promozione.

Forse l’unico vero limite è il tempo. Dovendo fare tutto da sola, a differenza di quanto accade con l’editoria tradizionale, c’è un limite a quello che posso fare proprio determinato dal mio tempo personale. Soprattutto a livello di marketing e promozione l’appoggio di un’entità esterna. dedicata a questo scopo, di certo farebbe comodo. Volendo quindi indicare un contro all’autoproduzione potrei suggerire questo, ma credo che sia semplicemente il prezzo da pagare per la propria autonomia.

In realtà poi mi diverto un mondo a gestire tutte queste cose, compresa la promozione. L’approccio dell’autore indipendente (intendo quello serio) di fatti è lo stesso dell’editore, con l’unica differenza che ha un solo autore e che questo autore è se stesso. Ci sono degli scrittori che non sanno fare gli editori e non sono interessati a imparare a ragionare da editori (e non è una cosa che si impara in 5 minuti). Per chi invece vuole abbracciare questo tipo di impegno non vedo dei grossi contro all’autoproduzione. È comunque un’esperienza costruttiva, che male non può fare. Solo dopo averla provata, si può decidere se si vuole continuare o no. In ogni caso si tratta di un percorso personale e personali sono anche i benefici e gli svantaggi. Ciò che per me è un beneficio, per altri può essere uno svantaggio e viceversa.

È ovvio che essere pubblicato da un grosso editore apre ben altre porte, per non parlare del ritorno economico, ma a livelli di piccola e soprattutto microeditoria temo che siamo più o meno tutti nella stessa barca, chi più chi meno. Ognuno di noi cerca di dare il meglio che può. Ma ripeto, bisogna rendersi conto che diventare autore indipendente significa entrare a far parte di questa microeditoria. Purtroppo molti autori auto-pubblicati scelgono questa strada come ripiego e non sono preparati o, peggio, non hanno capito a fondo il significato della loro scelta.

Come vedi la situazione dell’ebook nel nostro Paese?

Decisamente in crescita. È chiaro che siamo molto indietro rispetto al mercato anglofono e ad altri mercati europei, ma ci stiamo muovendo verso la direzione giusta. Il boom di vendite per Natale nel nuovo Kindle Paperwhite in Italia è un sintomo del fenomeno (è sold out da poco tempo dopo la sua uscita). La stessa diffusione dell’ereader Kobo, che si configura con un primo vero concorrente di Amazon nel nostro Paese, fa ben sperare.

Inesorabilmente, nonostante gli amanti del profumo della carta, l’ebook sta prendendo piede anche in Italia e io penso che contribuirà in qualche modo ad aumentare il numero dei lettori, affascinati dall’innovazione tecnologica che rende l’acquisto di un libro alla portata di un clic sul proprio dispositivo, e di conseguenza la lettura in generale. Questo in parte passerà anche attraverso la diffusione dei tablet, che stanno diventando una vera mania nel nostro Paese, sebbene credo che i lettori, quelli veri, preferiscano acquistare un ereader.

Parliamo di Deserto Rosso: come si articola l’intero progetto?

Come dicevo prima, “Deserto rosso” è nato come esperimento, come tutte le cose che faccio, ma poi si è trasformato in qualcosa di ben più serio e impegnativo. Si tratta di un unico lungo romanzo di fantascienza suddiviso in quattro parti, un po’ come gli episodi di una miniserie televisiva. Ogni parte è di lunghezza variabile. Il primo episodio “Punto di non ritorno” è una novella di poco superiore alle 20.000 parole ed è stato pubblicato il 7 giugno 2012. Il secondo episodio, uscito il 27 novembre 2012 (quindi da pochissimo), è intitolato “Abitanti di Marte” ed è già considerabile un romanzo breve. Ci saranno poi altri due episodi: il terzo uscirà probabilmente ad aprile 2013, mentre quello finale è previsto per agosto/settembre 2013.

Il genere è più specificatamente quello del thriller fantascientifico. L’argomento è quello dell’esplorazione di Marte da parte di un equipaggio umano, finalizzata però alla colonizzazione del pianeta. La storia della missione Isis, ambientata in un futuro prossimo (almeno 50 anni nel futuro), esplora da una parte il modo in cui delle persone normali (o quasi!), che vivono da sole in un pianeta deserto costrette in un ambiente ristretto, finiscono per tirare fuori il peggio di sé, in assenza delle convenzioni, dei limiti e dei controlli ai quali sarebbero invece sottoposte sulla Terra. Dall’altra parte c’è Marte, un pianeta immenso, inospitale e soprattutto molto pericoloso, che nasconde dei misteri inimmaginabili e che è esso stesso protagonista della storia. L’Uomo va su Marte per aumentare le proprie conoscenze e fare nuove scoperte, senza preoccuparsi troppo di quello che potrebbe trovare e delle sue conseguenze.

Tornando alla struttura di “Deserto rosso”, c’è da dire che, pur essendo tutti parte di un unico macroromanzo, gli episodi hanno però un loro arco narrativo, che però lascia alla fine delle questioni irrisolte. Nella scrittura degli episodi mi sono rifatta proprio a quella delle serie TV, con inizi spiazzanti e cliffhanger finali.

La particolarità è che sto scrivendo un episodio alla volta, in questo modo posso ricevere il feedback dei lettori prima o durante la scrittura del successivo. Si tratta di qualcosa di veramente stimolante, che in maniera involontaria ha influenza poi sulla stesura degli episodi stessi. Per esempio, ho modo di rendermi conto fino a che punto riesco a portare i lettori dove voglio e quindi se ci sono degli aspetti che richiedono una maggiore attenzione rispetto ad altri. Un’altra cosa molto interessante è conoscere l’opinione dei lettori sui personaggi e vedere come questa cambia lungo i vari episodi. È un po’ come se stessimo facendo lo stesso viaggio tutti insieme.

Alcuni mesi dopo aver pubblicato l’ultimo episodio, li riunirò tutti in un unico libro, che potrebbe presentare delle differenze (non nella sostanza ovviamente) rispetto alle singole puntate, e che uscirà anche in versione cartacea.

Progetti futuri?

Con “Deserto rosso” sto creando un mondo che non si esaurirà con la sua fine. Nel frattempo mi sto occupando dell’editing del romanzo che avevo scritto in precedenza e che è ambientato nella stessa timeline di “Deserto rosso”, ma altri 50 anni nel futuro rispetto alla data di lancio della missione Isis. Questo romanzo s’intitolerà “L’isola di Gaia” e sarà comunque una storia a sé stante, che potrà essere letta in maniera indipendente, sebbene esisteranno dei legami. Tra le tematiche c’è l’ingegneria genetica, il transumanismo e il libero arbitro, e anche un po’ della mia ecologia (Gaia è il nome di uno dei personaggi principali, ma è anche riferito alla Terra). Detto così può sembrare una roba molto seria, ma in realtà si tratta sempre di un thriller fantascientifico, ricco questa volta di azione, che si dipanerà per tutto il globo terrestre (grazie a dei mezzi di trasporto ultrasonici intraplanetari, dei quali vedremo un assaggio già in “Deserto rosso”), compresa una capatina in Italia, sebbene avrà come ambientazione di partenza ancora una volta un luogo desertico: l’Antartide.

Se la voglia e l’ispirazione mi assisteranno, potrebbero nascere altri due romanzi in questa timeline: uno posto a metà strada, dal punto di vista cronologico, tra “Deserto rosso” e “L’isola di Gaia”, completamente ambientato su Marte, e un sequel de “L’isola di Gaia”, che unirà il filone marziano e quello terrestre. Chiaramente queste sono solo idee, poi si vedrà.

Nel frattempo, nel corso del NaNoWriMo 2012, ho scritto la prima stesura di un thriller (questa volta niente fantascienza) intitolato “Il mentore”, che prima o poi vedrà la luce. Infine tra i progetti futuri c’è un romanzo intitolato “Sangue” che unisce fantascienza e gotico, ma non nel modo che pensi tu (qualunque modo tu stai pensando, non è quello con dei protagonisti un po’ anemici e allergici al sole, ma che non sono affatto non-morti né hanno poteri paranormali.

Ci sarebbero altre idee, ma poi va a finire che anche questa intervista diventa un romanzo!



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