Intervista a Robin Hobb - seconda parte
Robin Hobb, acclamata autrice fantasy, è stata in Italia lo scorso giugno 2010. Sul Romanzo ha pubblicato il racconto dell’evento a Roma e la prima parte dell’intervista concessa dall’autrice. A voi la parte conclusiva dell’incontro.
La sua ultima pubblicazione in Italia parla dei draghi. Nella nostra mente torna l’immagine della cerca degli Antichi da parte di FitzChevelier, il Matto, la regina e il lupo, in particolare quando tutti questi personaggi cercarono di risvegliare i draghi antenati dalla pietra. Che cosa rappresentano i draghi per lei? Da dove nascono queste idee?
Mi è difficile rispondere a questa domanda senza anticipare alle persone che non hanno ancora letto il libro parti cruciali del racconto. Detto ciò ci sono sicuramente alcune cose che mi hanno sempre affascinata. I cambiamenti che le creature viventi attraversano sono meravigliosi. Dal bruco alla farfalla, per esempio. Un’altra cosa che mi interessa molto è la memoria, specialmente quella che possiedono gli animali, l’unica che pare ereditaria. I Collie sembrano seguire le greggi istintivamente, i Labrador retrivers vogliono ricordare anche se cuccioli. Dove sono immagazzinati questi ricordi e come sono giunti? In molti antichi racconti, l’umanità doveva cercare un accordo con un’altra specie intelligente e potente. Forse erano giganti o elfi, o forse erano draghi. Mi piacciono le storie che mi meravigliano su come poter vedere la terra se ci fossero altre specie intelligenti con gli stessi nostri diritti sul mondo. Mi spiace non essere maggiormente chiara ma non posso addentrarmi di più, non vorrei fare spoiler.
Che cos’ha provato quando ha scritto l’ultima parola dell’ultimo libro incentrato sulla figura di FitzChavelier? Le manca? Possiamo sperare in una continuazione?
Fitz mi manca moltissimo. Per dieci anni è stato parte della mia vita, ogni giorno. E ora è come se lui fosse partito per una lunga vacanza e si fosse dimenticato di mandarmi le sue lettere. Alla fine de “La Trilogia dell’uomo ambrato” ho sentito che entrambi avevamo bisogno di una pausa. Scrivere Fitz è stata un’esperienza intensa. Ma ho voluto tornare sulla sua storia e ho idee definite su dove dovrebbe andare. Ora sono passati otto anni da quando ho scritto su di lui. Mi sento ancora meraviglia del tanto che ha fatto. Un giorno spero di scrivere ancora qualcosa su di lui.
Ha mai vissuto momenti difficili come scrittrice? Come li ha superati? Crede in qualche cosa?
Nei primi passi della mia professione, non ho potuto contare sugli introiti del mio lavoro. Avevo bambini, una piccola impresa, qualche volta un lavoro in un ristorante o in un negozio. Mio marito era un pescatore, al tempo. Ora è un ingegnere in una barca governativa. Ma in quegli anni i nostri guadagni erano incerti. Molte volte ho pensato che se avessi smesso di perseguire il mio mestiere da scrittrice, lavorando più duramente negli altri lavori, avremmo avuto maggiore stabilità. Ma mio marito mi incoraggiò a continuare a scrivere. Avevamo un budget stretto, e coltivavamo il nostro cibo e verdura. Dopo molti anni di questo, finalmente ho iniziato a guadagnare molto più denaro dalle mie storie e dai miei libri.Non ho mai perso di vista che sono doppiamente benedetta. Faccio qualcosa che amo per vivere, e sono capace di far vivere le cose che amo. Anche mio marito ama ciò che fa. Penso sia importante per le persone realizzare la loro carriera in ciò che amano.