Intervista a Romeo Tofani

Creato il 08 gennaio 2013 da Paolo Franchini

Nome: Romeo
Cognome: Tofani
Ultimo lavoro: Assolo di viola

Hai carta bianca: descriviti come preferisci.

Domanda difficile… Allora, Romeo è un confusionale, una di quelle persone che avrebbe un grande bisogno di una segretaria. Ha fame di novità, e di sentirsi impegnato, e facendo l’attore e lo scrittore non sempre riesce a riempirsi le giornate. Ama l’arte, tutta, in generale, ma purtroppo non sa dipingere, scolpire, suonare e soprattutto cantare, cosa che comunque gli piace, a discapito della sua doccia. Romeo si diverte, non è mai stato “popolare”, e parla di se in terza persona ogni tanto, per potersi prendere un po’ in giro.

Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?

È un po’ complicato identificare l’ultimo… L’ultimo mio scritto è un racconto dal titolo Lui dorme, mai pubblicato a dir la verità, ma vincitore del premio ISTANT CRIME. La regista esordiente Giorgia Cattorini ne ha diretto una versione cinematografica come cortometraggio.

Credo però che il vero ultimo lavoro pubblicato sia il mio romanzo, Assolo di viola. È la storia di un uomo che vuole morire e, in una notte, si re-innamora della vita. Un esordio molto serio, ma penso abbastanza ben riuscito.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto in un lavoro come questo?

Onestamente? No. Sapevo alcune cose: che l’avrei voluto pubblicare, che sarebbe stato ambientato a New York, e poco altro. Io sono il primo lettore di me stesso, non so mai quando inizio a scrivere cosa uscirà. Diciamo che sono stato molto fortunato per il momento.

Hai mai ballato sotto la pioggia?

Ebbene sì, lo ammetto, l’ho fatto. Qualche volta da solo, altre con amici. Diciamo che è quasi un istinto primordiale. Chi non ha mai nemmeno avuto la tentazione di farlo?

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?

Più di uno! Però in particolar modo due: L’UOMO CHE CREDEVA DI NON AVERE PIU’ TEMPO di Guillaume Musso, e l’incredibilmente onesto e sopra le righe FUCKING LOVE di Chad Kultgen.

La tua canzone preferita è…?

Qui mi tocca fare il pecorone. È Some nights dei Fun, una carica di adrenalina in poesia e musica!

Che rapporto hai con la televisione?

Non amo i programmi televisivi in generale, ma ho una grande passione per le serie TV, ne seguo una quindicina credo, ormai ne ho perso il conto. In realtà molte le guardo su internet… Ma è sempre TV, no?

E con il cinema?

Amo il cinema, ma ci vado poco. Ci vado solo se capisco che è un film che sento dentro di dover vedere. Se l’opera mi entusiasma, capita che la vedo in sala anche due o tre volte.

E con il teatro?

Il teatro è il mio pane, e quindi ho un’ottica un po’ diversa “sporcata” dall’occhio di un “addetto ai lavori”, diciamo, ma capita anche che io raggiunga posti come Torino solo per vedere uno spettacolo una sera.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?

A volte, ma non saprei elencarle. Una volta però sono stato al telefono per un po’ di ore. Parlavo con un’amica che si è addormentata, e ho iniziato a sentirla respirare. Il respiro di chi dorme ha il suono dei suoi sogni.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?

Non ne vado matto, no. Li uso anche poco, perché quasi sempre me li scordo.

Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?

Sì! Questo è per un amico, un miracolo. Sono qui che ti aspetto, pronto per starti accanto, quando vorrai, e anche se non leggerai queste parole spero avvertirai il mio pensiero. Diventerai un gran ragazzo e un brav’uomo, io ti osserverò da lontano.

Ti sei mai rapato i capelli a zero?

Io no, ma quando ero bambino mia madre lo faceva almeno un paio di volte l’anno.

Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? Altro?

Un capitolo, credo. Però non vi dirò quale, provate a indovinare!

Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?

Né una cosa né l’altra. Non credo onestamente a chi dice che scrive per se stesso, a meno che non scriva un diario. Però non sono in grado di immaginarmi il mio lettore di riferimento perché, come ho detto prima, sono io stesso. Quando scrivo non so mai come continuerà la storia, leggo quello che le mie dita scrivono un istante prima.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.

Una valigia vuota, Venuto al mondo che mi ha regalato una cara amica, la foto della mia famiglia in uniforme scout. “Caparbia” credo che sia l’aggettivo giusto, sia nel bene sia nel male.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.

Mi annoiano le discussioni che non portano a nulla.
Mi divertono gli imprevisti.
Non sopporto la stupidità nelle persone intelligenti.

Stai già lavorando alla tua prossima pubblicazione? Se sì, ci regali un’anticipazione?

Dialoghi alla Luna, un monologo teatrale che metterò in scena a febbraio. Notte fredda, una prostituta, la luna, la follia. Non dico nulla di più!

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.

Perché scrivi?

Perché quando scrivo anche il mondo si trasforma. Scrivo perché credo in coloro che dicono che c’è una scintilla di Dio in ognuno di noi, e la scrittura è il mio principio creatore. Scrivo per essere letto. Scrivo per ogni volta che qualcuno mi dice cosa ne pensa del mio lavoro. Scrivo perché sono profondamente convinto che la letteratura intacchi la struttura molecolare della vita stessa, migliorandola un poco ad ogni parola.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :